Con il concerto di Enrico Pieranunzi e la Brussels Jazz Orchestra si è conclusa domenica scorsa l’edizione 2017 del Bergamo Jazz Festival, caratterizzata da un riscontro di pubblico ormai divenuto abituale, con un volano comunicativo sulla città reso intelligentemente più esteso e coinvolgente rispetto alle precedenti edizioni, ma che ha anche evidenziato, in estrema sintesi, esiti artistici e musicali vistosamente diseguali, specie nei concerti svoltisi nella sede tradizionale del Teatro Donizetti. (Continua a leggere)
Accompagnato da Luke Stewart (basso) e Warren G. Crudup III (batteria), la stessa formazione presente sull’ultimissimo ‘No Filter’, James Brandon Lewis non si è affatto risparmiato con il suo jazz intriso di funk e hip-hop. (Continua a leggere)
Cosa oggi può essere definito nello scenario contemporaneo della musica improvvisata “avanguardia” o “musicalmente avanzato” e secondo quali schemi critici e culturali di riferimento lo si afferma? (Continua a leggere)
Il linguaggio musicale possiede caratteristiche tali da renderlo particolarmente adatto ed efficace ad affrontare una molteplicità di temi e sentimenti umani, utilizzando modalità espressive estremamente variegate. Il jazz ha sin dalle sua fondamenta potuto godere di un così vasto intreccio di contributi, tale da permettere al musicista di turno di affrontare certi temi con una flessibilità e trasversalità di culture e di discipline artistiche difficilmente riscontrabili in altri ambiti. (Continua a leggere)
E sia…la 19sima edizione del Jazz&wine si è conclusa. Il programma, quest’anno, dilatato per una settimana, anche se non consecutiva, presentava, come al solito, artisti e proposte interessantissime. Tralasciato l’appuntamento di domenica, con il Tinissima quartet di F. Bearzatti, si parte martedì al castello di Rubbia. (Continua a leggere)
La scena della musica improvvisata israeliana da diverso tempo può essere considerata seconda solo a quella americana, ma per ragioni quantitative, non certo per quelle qualitative. (Continua a leggere)
Roy Hargrove sembra restare fedele a quel concetto di ‘earfood’ così ben incarnato dal suo album omonimo del 2009: il jazz come musica energica, sofisticata, melodica, complessa, ma pure carica di entusiasmo, vibrazioni positive e capacità di comunicazione. Il rodato quintetto del trombettista texano si è lanciato così in un lungo set di quasi due ore, bis incluso, un vero e proprio saggio di estetica black. (Continua a leggere)
Concerti di livello superiore come quelli cui abbiamo potuto assistere domenica scorsa al Teatro Manzoni di Milano sembrano fatti apposta per confutare (ancora una volta) certa forzata e ideologizzata narrazione italica sul jazz e in particolare su ruolo che oggi avrebbe il cosiddetto “mainstream” sulla scena contemporanea della musica improvvisata. (Continua a leggere)
Finita anche questa edizione, la 37esima. Il programma presentato quest’anno poteva non essere all’altezza di quello dell’anno scorso, ma invece molte sono state le sorprese come, logicamente, le delusioni. La programmazione al Nexus, alternativa al main stage e denominata Short Cuts, ad esempio ha presentato tutti set di alto interesse. E da qui partiamo… (Continua a leggere)