FREE FALL JAZZ

GMG's Articles

Hai voglia di ignorare il Festival di Sanremo, di inarcare le sopracciglia ben disegnate o arricciare il delizioso nasino. Non si può negare l’antropologia culturale: così come non si può negare agli indios Nambikwara di essere così come li raffigura “Tristes Tropiques”, non si può negare a Sanremo di essere lo specchio di quell’Italia che è passata dal mondo contadino all’arricchimento post-industriale senza avere avuto il tempo di superare l’insegnamento coatto-clerical-democratico di “Non è mai troppo tardi”. (Continua a leggere)

Alla seconda parte

Nell’aprile 1968, in seguito all’assassinio di Martin Luther King, Jr., la Williams compone due pagine in ricordo del leader africano-americano: If You’re Around When I Meet My Day e I Have A Dream, ambedue presentate per la prima volta da un coro di voci bianche in occasione della Domenica delle Palme dello stesso anno. Nel suo fervore religioso, l’autrice spera di potere scrivere ed esibirsi per il Papa a Roma e, per avvicinarsi all’Italia, accetta un prolungato, disastroso e poco lucroso ingaggio a Copenhagen, città che la colpisce negativamente per la sua eccessiva laicità: I’m in an almost all atheist country. My two bass men do not believe in God and I could feel this coldness in their music before they told me. (Continua a leggere)

Alla prima parte | Alla terza parte

E’ soprattutto grazie alla pratica religiosa che gli schiavi riuscirono ad evadere con successo dalle vie obbligate della cultura bianca[22]. Durante le loro riunioni segrete, tenute di notte e in luoghi nascosti o inaccessibili, gli africani-americani esorcizzavano le pressanti angosce prodotte dal sistema schiavistico grazie ad un’eccitazione spirituale collettiva. La loro musica, di derivazione ancora marcatamente africana, contribuiva a rafforzare i sentimenti identitari della comunità africana-americana, mentre la danza, orientata su schemi prevalentemente circolari, consentiva loro di trasgredire l’impostazione prettamente lineare delle forme d’espressione fisica allora usuali negli Stati Uniti. (Continua a leggere)

Alla seconda parte

Abbiamo il piacere di proporvi sulle colonne di Free Fall Jazz un nuovo saggio di Gianni M. Gualberto, che affronta in questa occasione un tema poco o nulla frequentato dalla musicologia jazzistica e che crediamo vada a colmare, almeno in parte, una discreta lacuna nelle conoscenze intorno a quella complessa e intrecciata realtà culturale costituita dalle musiche africano-americane. Si tratta dell’aspetto spirituale e religioso in musica sviluppato dall’etnia afro-americana venuta in contatto con la cristianità sul territorio americano, sin dai tempi della deportazione e della schiavitù. (Continua a leggere)

Questo breve testo nasce da una serie di incomplete annotazioni sull’accoglienza riservata ad alcune strutture linguistiche nate in seno al jazz ma annoverate e criticate come spurie. Trattasi, perciò, di nient’altro che spunti e frammenti che verranno approfonditi in altro scritto.

Mi sono di recente trovato a rileggere un lontano scritto di Franco Pecori pubblicato da Jazz From Italy nella sua pagina Facebook: Nessun’arte, e nemmeno la musica, è mai pura; questo è un equivoco idealistico. Altrimenti, non si capirebbe la nascita e la relativa fioritura della dodecafonia proprio nella Vienna degli anni tra le due guerre; e neanche si capirebbe l’esplosione del free negli anni Sessanta, in un tipo di società impostata sull’imperialismo economico, seriamente minata dall’alienazione dei consumi e lacerata da profondi contrasti razziali. Mi ha provocato non poche perplessità l’idea di “inevitabilità” (un sotto-prodotto del progresso in senso marxiano), come se, in fondo, esista un Fato (o una giustizia storica o una qualsiasi logica ferrea e stringente) che cerchi di controbilanciare con le sue azioni altre azioni ancora, prodotte da se stesso o da un altro Fato avverso, o da altra logica umana o cosmica. (Continua a leggere)


Il musicologo e direttore artistico di “Aperitivo in Concerto” Gianni Morelenbaum Gualberto ci ha spedito per la pubblicazione in rete un interessantissimo contributo scritto, che propone una attenta riflessione sulla figura artistica, spesso immotivatamente sottovalutata, di Oscar Peterson. Si tratta in realtà, precisa Gualberto, di note introduttive scritte di un fiato, in vista di un saggio in preparazione che andrebbe ad analizzare in dettaglio la sua opera e il suo contributo. Lo ringraziamo per la gradita opportunità che ha voluto riservarci. (Continua a leggere)

Quale tipo di patrimonio culturale costituisca la tradizione musicale accademica occidentale è dato noto più o meno a tutti, anche a coloro che non la frequentano abitualmente. In Italia si accusa spesso il contesto accademico di essere centripeto se non addirittura retrivo, di essere poco incline a capire, accettare o valutare tutto ciò che gli appare esotico, eccentrico, esogeno, tutto ciò che non rientra nel Canone. (Continua a leggere)