FREE FALL JAZZ

gospel's Articles

Ci sono luoghi comuni nella critica jazz nostrana che paiono servire più a farsi accettare dal “branco” che a qualificarsi per competenze in materia. Ciò succede per diverse ragioni che qui non possiamo seriamente analizzare, ma la principale delle quali pare andare oltre il jazz ed essere legata alla diffusa abitudine nel nostro paese di conformarsi a certo sentire comune, se non ad un vero e proprio pensiero unico. Curioso atteggiamento questo da mostrare verso una musica che ha fatto storicamente dell’anticonformismo una sua ragion d’essere. La radice autentica del problema temo però che sia da ricercare in un ambiente intorno a questa musica decisamente invecchiato, divenuto troppo ristretto, autoreferenziale e fermo a schemi critici che paiono ormai abbondantemente superati e sostanzialmente fallaci, nonostante si pretenda di farli sembrare ancora “aggiornati”. (Continua a leggere)

Di un musicista importante ed interessante come Don Byron, ahinoi, non abbiamo mai scritto niente. Chiediamo venia, e nel frattempo condividiamo questo interessante concerto: registrato tre anni fa a New York, vede il clarinettista alla guida di una nuova band, chiamata New Gospel Quintet e incentrata su un repertorio (ovviamente) gospel.


Alla seconda parte

Nell’aprile 1968, in seguito all’assassinio di Martin Luther King, Jr., la Williams compone due pagine in ricordo del leader africano-americano: If You’re Around When I Meet My Day e I Have A Dream, ambedue presentate per la prima volta da un coro di voci bianche in occasione della Domenica delle Palme dello stesso anno. Nel suo fervore religioso, l’autrice spera di potere scrivere ed esibirsi per il Papa a Roma e, per avvicinarsi all’Italia, accetta un prolungato, disastroso e poco lucroso ingaggio a Copenhagen, città che la colpisce negativamente per la sua eccessiva laicità: I’m in an almost all atheist country. My two bass men do not believe in God and I could feel this coldness in their music before they told me. (Continua a leggere)

Alla prima parte | Alla terza parte

E’ soprattutto grazie alla pratica religiosa che gli schiavi riuscirono ad evadere con successo dalle vie obbligate della cultura bianca[22]. Durante le loro riunioni segrete, tenute di notte e in luoghi nascosti o inaccessibili, gli africani-americani esorcizzavano le pressanti angosce prodotte dal sistema schiavistico grazie ad un’eccitazione spirituale collettiva. La loro musica, di derivazione ancora marcatamente africana, contribuiva a rafforzare i sentimenti identitari della comunità africana-americana, mentre la danza, orientata su schemi prevalentemente circolari, consentiva loro di trasgredire l’impostazione prettamente lineare delle forme d’espressione fisica allora usuali negli Stati Uniti. (Continua a leggere)

Alla seconda parte

Abbiamo il piacere di proporvi sulle colonne di Free Fall Jazz un nuovo saggio di Gianni M. Gualberto, che affronta in questa occasione un tema poco o nulla frequentato dalla musicologia jazzistica e che crediamo vada a colmare, almeno in parte, una discreta lacuna nelle conoscenze intorno a quella complessa e intrecciata realtà culturale costituita dalle musiche africano-americane. Si tratta dell’aspetto spirituale e religioso in musica sviluppato dall’etnia afro-americana venuta in contatto con la cristianità sul territorio americano, sin dai tempi della deportazione e della schiavitù. (Continua a leggere)

Jazz. Blues. Spiritual. Gospel. Rock. Musica indiana. Post-produzione hip-hop. E altro. Combinare tutte queste diverse sorgenti sonore in un tutt’uno coerente non è un’operazione di poco conto, tantomeno strutturarle in una visione narrativa unificata e logica. Il giovane batterista Jaimeo Brown tuttavia si è cimentato nell’impresa e ha vinto. Sono con lui il chitarrista e produttore Chris Sholar e il sassofonista JD Allen, trio base del disco, accompagnati da una serie di ospiti nel corso delle dodici canzoni – non ultima Geri Allen. Ma il contributo più singolare è quello delle Gee’s Bend Quilters, cantanti spiritual dell’Alabama le cui voci sono state registrate nel 1941 e nel 2002 mentre filavano trapunte. (Continua a leggere)

L’Abyssinian Mass cerca di coprire un sacco di tipi diversi di musica e di metterli insieme per mostrare come essi provengano da una unica espressione,come è la messa di per sé,  dove tutti hanno un posto nella casa di Dio“.

Wynton Marsalis non è nuovo alle imprese gigantesche. Fra queste, la suite ‘Abyssinian – A Gospel Celebration’, commissionatagli nel 2008 dalla Abyssinian Baptitst Church di Harlem e portata in giro quest’anno in un tour trionfale di settanta date. Nella speranza di poterla trovare su disco nel prossimo futuro, ecco intanto una bellissima registrazione che vede la JLCO completata da un coro gospel, in un’opera vibrante e maestosa.