FREE FALL JAZZ

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Abbiamo scritto tante volte, fra il serio e il faceto, contro le stronzate sparse ai quattro venti da Renzo Arbore sull’italianità del jazz. Basta scorrere l’archivio. Siamo felici che gente più in gamba di noi abbia deciso di scrivere un corposo saggio etnosociomusicologico sull’argomento e pubblicarlo gratuitamente online due volte a settimana, lunedì e giovedì. Parliamo del critico Gianni Morelenbaum Gualberto, la cui opera uscirà a cadenza quindicinale presso gli amici di Tracce di Jazz. Qui tutti i dettagli. Quando le falsità e le idiozie superano il livello di guarda e restano impunite, è bene alzare la testa.

Assieme all’ultimo di Vijay Iyer, il terzo album di Ambrose Akinmusire è forse il più atteso disco dell’anno. Ed è comprensibile, visti i riscontri positivi quasi unanimi ottenuti dal precedente, bellissimo ‘When The Heart Emerges Glistening’. Ambrose non si è certo risparmiato, numeri alla mano: ‘The Imagined Savior…’, vanta un titolo chilometrico ed evocativo, vari ospiti (fra cui un quartetto d’archi, un flauto e tre diversi cantanti) e quasi ottanta minuti di durata. La paura di trovarsi di fronte ad un’opera pesante, magari pure pretenziosa, c’è ed è inutile nasconderla. E il primo ascolto non è stato neppure troppo incoraggiante, anzi. La nuova opera del californiano parte in punta di piedi, un duetto di tromba e pianoforte (‘Marie Christie’) dai toni quasi dimessi, con un tema che sembra sempre sul punto di arrivare, ma in realtà non lo fa mai, mentre gli strumenti intessono una serie di melodie intrecciate. (Continua a leggere)

A me garbano i negozi di dischi. Dico sul serio. Quando vado in una città, li cerco e mi piace proprio infilarmici, cercare/comprare le robe, etc etc. Soprattutto se sono negozi dedicati alla roba che mi garba, oppure in cui a tale roba sono dedicati ampi reparti. Non sono schizzinoso, va bene anche il repartone da Mondadori o Ricordi o FNAC che sia. (Continua a leggere)

L’Abyssinian Mass cerca di coprire un sacco di tipi diversi di musica e di metterli insieme per mostrare come essi provengano da una unica espressione,come è la messa di per sé,  dove tutti hanno un posto nella casa di Dio“.

Wynton Marsalis non è nuovo alle imprese gigantesche. Fra queste, la suite ‘Abyssinian – A Gospel Celebration’, commissionatagli nel 2008 dalla Abyssinian Baptitst Church di Harlem e portata in giro quest’anno in un tour trionfale di settanta date. Nella speranza di poterla trovare su disco nel prossimo futuro, ecco intanto una bellissima registrazione che vede la JLCO completata da un coro gospel, in un’opera vibrante e maestosa.


Se sulle nostre pagine dovesse campeggiare un Rollins sarebbe quasi scontato pensare allo storico Sonny, decisamente più in tema rispetto all’incazzoso Henry, la cui Rollins Band non ha comunque mai nascosto il proprio amore per jazz e dintorni (ingaggiando pure l’ex Defunkt Melvin Gibbs al basso). Presto verrà anche il momento di parlare del “Saxophone Colossus”, per ora accontentatevi del suo omonimo più muscoloso e tatuato: non tanto per ribadire l’importanza dei suoi gruppi (Black Flag e, appunto, Rollins Band) per il rock degli ultimi 30 anni (discorso sacrosanto, ma che ci porterebbe fuori tema), quanto per approfondire il suo legame con la musica di cui leggete (si spera, eh) da queste parti. Un legame traducibile fondamentalmente in un nome e un cognome: Charles Gayle. Quando ho scritto il precedente articolo su quest’ultimo tra l’altro non avevo idea che ce ne sarebbe stata una seconda puntata, ma una volta deciso di voler approfondire questa joint venture la scelta è stata naturale conseguenza. (Continua a leggere)