FREE FALL JAZZ

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Se la tua nuova casa discografica ti mette a disposizione, come sideman, Jason Moran e Pat Metheny, vuol dire che le aspettative sono alte. Logan Richardson, con già due album interessanti in carniere e una lunga esperienza a fianco di Greg Osby, Stefon Harris, Gerald Clayton e altri ancora, si dimostra meritevole di tanta fiducia e dà alle stampe un disco che ben esemplifica l’attualità del jazz. Dotato di un suono limpido e cristallino di spiccata inflessione blues, il suo sax ricorda un Greg Osby più romantico e immediato – con una dolcezza che, a tratti, fa pensare pure ad Art Pepper. La struttura-base dei brani di ‘Shift’ è il chorus, in cui la band entra ed esce in maniera fluida, con entusiasmanti crescendo di intensità ed energia, ma pure improvvise, necessarie rarefazioni per riprendere il fiato; ed è il sax, con le sue linee rapsodiche, a guidare con sicurezza. (Continua a leggere)

Galeotto fu il progetto ‘Supreme Sonacy Vol.1′, di cui vi abbiamo parlato ma che ancora non abbiamo mai recensito: molti musicisti che hanno partecipato a quella interessante operazione hanno poi fatto il balzo verso la Blue Note, che stringe in questo modo un legame ancora più saldo con la Revive Music e l’intelligente impresario Meghan Stabile. (Continua a leggere)

Fra le prossime uscite da appuntarsi sull’agenda dello smartphone non possiamo non segnalare ‘Shift’, terza uscita da leader del bravissimo sassofonista Logan Richardson, allievo di Greg Osby e già autore degli ottimi ‘Cerebral Flow’ ed ‘Ethos’ (colpevolmente mai recensiti qui sopra). (Continua a leggere)

Se la Blue Note non ha certo bisogno di presentazioni, è invece il caso di spendere qualche parola per Revive Music. Si tratta di un’agenzia di management, promozione e organizzazione di concerti fondata a New York dalla brava, testarda Meghan Stabile, laureata al Berklee College Of Music di Boston e con la ferma intenzione di rendere il jazz di nuovo rilevante per le generazioni cresciute con l’hip-hop. (Continua a leggere)

Kendrick Scott è uno dei migliori batteristi del jazz moderno, con il suo stile ricco di dinamica e musicalità. Lo testimoniano una marea di incisioni al fianco di artisti di grande valore come Terence Blanchard, Jason Palmer, Kurt Elling, Danny Grisset, Myron Walden, Sean Jones, Herbie Hancock e altri ancora, sia in studio che dal vivo. (Continua a leggere)

Abbiamo già parlato del supergruppo Our Point Of View, una band di giovani jazzisti di talento messo assieme dalla Blue Note per celebrare il ragguardevole traguardo dei 75 anni di attività. Della partita Marcus Strickland (sax), Ambrose Akinmusire (tromba), Lionel Loueke (chitarra), Robert Glasper (piano), Derrick Hodge (basso) e Kendrick Scott (batteria), tutti parte della scuderia – il debutto su Blue Note di Strickland è atteso più avanti nel 2015. Se questa band inciderà pure un disco, magari un live, non è dato saperlo. Però possiamo ascoltare di cosa sono capaci grazie a questo freschissimo concerto newyorkese, trasmesso dalla benemerita radio NPR nel corso del suo programma Jazz Night In America.


L’epopea della Blue Note è stata ampiamente sviscerata da un ottimo libro di Richard Cook di cui abbiamo già parlato su queste pagine. Storia di questi giorni è invece l’uscita di ‘Blue Note: Uncompromising Expression’, mastodontico tomo di 400 pagine che si prefigge di analizzare uno degli aspetti più importanti tra quelli che hanno contribuito a trasformare in leggenda l’etichetta fondata da Alfred Lion: le grafiche delle sue copertine. L’autore è lo scozzese Richard Havers, che in passato ha già raccontato le gesta di un’altra etichetta storica del jazz americano, la Verve, nel volume ‘Verve: The Sound Of America’. Il libro esce, al momento solo in inglese, per Thames and Hudson e dalle nostre parti è disponibile (seppur costosetto) attraverso il circuito Amazon. In potenza sembra un ottimo complemento al libro di Cook, ma sarà nostra premura dirvi di più se/quando ce l’avremo tra le mani. Intanto, ci sembra buona idea proporvi la traduzione in italiano di un articolo in tema apparso qualche giorno fa in Inghilterra sul Telegraph (autore Martin Gayford).  (Continua a leggere)

Per risalire all’ultima uscita su Blue Note di Bobby Hutcherson dobbiamo tornare indietro addirittura al 1977, anno dell’ottimo, dimenticato ‘Knucklebean’, in cui il vibrafonista californiano chiamava a sé il mai troppo lodato Freddie Hubbard (il quale navigava in un momento artistico tutt’altro che felice), riportandolo ai livelli che gli competono. L’inaspettato ritorno alla casa madre è stato accolto con un certo clamore; in particolare, molti si aspettavano un ritorno alle sonorità piuttosto elaborate che fecero la fortuna dei suoi capolavori per l’etichetta oggi diretta da Don Was. ‘Enjoy The View’ però non suona come una fotocopia sbiadita di ‘Dialogues’ o ‘Components’, e per fortuna aggiungerei. Agli anni ’60 semmai guarda in altri modi (soul jazz soprattutto, ma anche hard bop e jazz modale), riuscendo a brillare di luce propria con le sue atmosfere “notturne” e rilassate eppure coinvolgenti. (Continua a leggere)

Quello dei cantanti jazz (o pseudo tali) è un filone che le case discografiche in questi tempi di magra cercano di sfruttare al meglio con prodotti musicali che hanno il pregio, dal loro punto di vista, di poter abbracciare un pubblico molto più ampio, non forzatamente specifico del jazz, sfruttando una trasversalità di genere che oggi va molto di moda presso un pubblico musicalmente e vocalmente non troppo colto e che ama avere in sottofondo per le proprie serate con gli amici della buona musica che possa essere apprezzata da tutti e dia un tono quell’attimo meno “rustico” e scontato del mettere l’ultimo successo da hit parade. Capisco, inoltre, che siamo in tempi di crisi e che le case discografiche sopravvissute alla falcidia dei download di rete abbiano l’obbligo di pubblicizzare i prodotti musicali messi in circolazione e di spingere adeguatamente i loro musicisti, ma trovo il riscontro quasi unanime di cui gode questo corpulento e giovane vocalist afro-americano davvero eccessivo e poco giustificato. (Continua a leggere)

Abbiamo già parlato dei 75 anni della Blue Note e delle sacrosante celebrazioni per quella che è, nel cuore di molti, LA casa discografica jazz per antonomasia, per tutta una serie di motivi che sarebbe superfluo elencare. (Continua a leggere)