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Logan Richardson's Articles

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La molteplicità dei concerti previsti nelle diverse sedi sparse per la città, mi ha reso impossibile quest’anno l’ascolto esaustivo delle varie esibizioni, rendendo difficile poter fare un realistico consuntivo di questa 40a edizione del Bergamo Jazz Festival, chiuso domenica sera al Teatro Creberg (posto in periferia della città, di rimpiazzo all’usuale Teatro Donizetti in centro città, attualmente in restauro) con il concerto dei quattro direttori alternatisi dal 2006 alla guida artistica della manifestazione. In questo senso, ho dovuto operare un’inevitabile selezione, con una scelta a priori alla fine caduta su complessivi otto concerti. (Continua a leggere)

logo-bergamo-jazz-56d6b21f485d9Molto sinteticamente: Il programma di quest’anno celebra il 40° anniversario dalla fondazione (1969-2018) con un programma esteso e sufficientemente vario che punta ad ottenere un adeguato riscontro di pubblico, specie per quel che riguarda i concerti al Teatro Creberg (sede principale temporanea del Festival a causa dei lavori di ristrutturazione previsti per l’usuale Teatro Donizetti) dalla capienza superiore di circa 1500 posti. Meno spazio sono state date perciò quest’anno alle sperimentazioni e a rappresentanti delle avanguardie storiche.

La mia personale impressione (da verificare alla fine) è che i concerti musicalmente più interessanti siano quelli dislocati negli altri punti della città, precisando che nomi importanti della scena jazz contemporanea come Logan Richardson, Jeremy Pelt e Zach Brock avrebbero sicuramente meritato (almeno sul piano qualitativo) un posto nelle serate clou previste nella sede centrale, ma è evidente che il criterio seguito di selezione è stato differente. (Continua a leggere)

Non si scappa: anche quest’anno il 31 Dicembre su FFJ dobbiamo celebrare al ritmo di tastierone anni ’80 suonate da platinati capelloni svedesi. Anche perchè personalmente, per una serie di interminabili impegni collaterali, quest’anno ho imbrattato pochissimo queste pagine virtuali, dunque a scrivere almeno queste righe consuete ci tenevo particolarmente. Le “non regole” su cui ci basiamo per la compilazione delle classifiche dei nostri dischi preferiti sono le solite e probabilmente le avrete imparate, ma è bene ribadire: numero di preferenze variabile, categorie un po’ a discrezione di ciascuno. Ovviamente chi per un motivo o per l’altro non ha partecipato, è sempre parte della nostra insolita famiglia. (Continua a leggere)

Se la tua nuova casa discografica ti mette a disposizione, come sideman, Jason Moran e Pat Metheny, vuol dire che le aspettative sono alte. Logan Richardson, con già due album interessanti in carniere e una lunga esperienza a fianco di Greg Osby, Stefon Harris, Gerald Clayton e altri ancora, si dimostra meritevole di tanta fiducia e dà alle stampe un disco che ben esemplifica l’attualità del jazz. Dotato di un suono limpido e cristallino di spiccata inflessione blues, il suo sax ricorda un Greg Osby più romantico e immediato – con una dolcezza che, a tratti, fa pensare pure ad Art Pepper. La struttura-base dei brani di ‘Shift’ è il chorus, in cui la band entra ed esce in maniera fluida, con entusiasmanti crescendo di intensità ed energia, ma pure improvvise, necessarie rarefazioni per riprendere il fiato; ed è il sax, con le sue linee rapsodiche, a guidare con sicurezza. (Continua a leggere)

Ne abbiamo parlato e riparlato, ma la notizia adesso è ufficiale: ‘Shift’, terzo album di Logan Richardson da leader e primo su Blue Note, uscirà il prossimo 26 febbraio. Come già scritto, la formazione vede stelle come Pat Metheny e Jason Moran, oltre a talenti meno famosi ma non per questo meno rilevanti come Harish Raghavan e Nasheet Waits. (Continua a leggere)

Avevamo già parlato di ‘Shift’, terzo album del sassofonista Logan Richardson in uscita questo mese in Giappone e il prossimo febbraio nel resto del mondo. Ricordiamo che della partita saranno Jason Moran (piano), Pat Metheny (chitarra, per la prima volta da sideman dopo secoli), Harish Raghavan (basso) e Nasheet Waits (batteria). (Continua a leggere)

Negli ultimi anni e dopo decenni di ascolto, ho avuto modo di approfondire le conoscenze jazzistiche (e non solo) anche verso opere di una molteplicità di grandi musicisti (compositori e/o improvvisatori che dir si voglia) generalmente considerati “minori” rispetto ai riconosciuti giganti del jazz, rendendomi conto di quale abbondanza di arte musicale si è sciaguratamente trascurata, sia dal punto di vista del materiale compositivo, che da quello improvvisativo, in nome di un non meglio specificato processo di innovazione, così rapidamente evolutosi nel tempo. (Continua a leggere)

Fra le prossime uscite da appuntarsi sull’agenda dello smartphone non possiamo non segnalare ‘Shift’, terza uscita da leader del bravissimo sassofonista Logan Richardson, allievo di Greg Osby e già autore degli ottimi ‘Cerebral Flow’ ed ‘Ethos’ (colpevolmente mai recensiti qui sopra). (Continua a leggere)

Penultimo appuntamento con la manifestazione milanese al Parenti dedicata al “mainstream”, iniziato con l’annuncio della direzione artistica di un prosieguo dell’esperienza per la prossima stagione concertistica, e continuato confermando l’alto livello delle proposte, con la fruizione di un concerto messo in scena da un quartetto acustico di giovanissimi brillanti musicisti, che hanno presentato una progetto musicale moderno e fresco, non convenzionale, costruito su un ampio bacino di riferimenti. (Continua a leggere)

Per il NEXT Collective si può rispolverare l’antica definizione di supergruppo. E’ una cattiva abitudine del rock, tipica di musicisti senza più idee nè stimoli che provano ad attirare la sommatoria dei rispettivi fan per restare sulla cresta dell’onda: ne escono spesso ciofeche come Black Country Communion o Superheavy (giusto per citare cose recenti). Non è questo il caso del NEXT, fortunatamente, anche se è necessario spendere qualche altra riga di introduzione. Questo gruppo è stato fortemente voluto dal produttore Chris Dunn, che ha fatto una proposta ad un manipolo di giovani stelle del jazz odierno (tutti già su Concord o sul punto di diventarlo): l’aggiornamento del Real Book con l’introduzione di nuovi standard nel tentativo di vincere la madre di tutte le guerre, ovvero riportare i giovani al jazz (o viceversa). Se l’idea in sè non è nuovissima, vedi Bad Blus o Brad Meldhau, dobbiamo dire che il risultato conseguito dal NEXT è davvero fresco e interessante. (Continua a leggere)