FREE FALL JAZZ

amici di Henry Rollins's Articles

Se sulle nostre pagine dovesse campeggiare un Rollins sarebbe quasi scontato pensare allo storico Sonny, decisamente più in tema rispetto all’incazzoso Henry, la cui Rollins Band non ha comunque mai nascosto il proprio amore per jazz e dintorni (ingaggiando pure l’ex Defunkt Melvin Gibbs al basso). Presto verrà anche il momento di parlare del “Saxophone Colossus”, per ora accontentatevi del suo omonimo più muscoloso e tatuato: non tanto per ribadire l’importanza dei suoi gruppi (Black Flag e, appunto, Rollins Band) per il rock degli ultimi 30 anni (discorso sacrosanto, ma che ci porterebbe fuori tema), quanto per approfondire il suo legame con la musica di cui leggete (si spera, eh) da queste parti. Un legame traducibile fondamentalmente in un nome e un cognome: Charles Gayle. Quando ho scritto il precedente articolo su quest’ultimo tra l’altro non avevo idea che ce ne sarebbe stata una seconda puntata, ma una volta deciso di voler approfondire questa joint venture la scelta è stata naturale conseguenza. (Continua a leggere)

Per i miei padiglioni, distratti da terrorismi sonori ben più assordanti, il jazz era sempre stata musica innocua, annacquata; roba per cui poteva esaltarsi Cliff Robinson, tutt’al più. A “indottrinarmi” alla materia ci provò un collega di mio padre, una specie di ex fricchettone in fissa col sud-est asiatico che collezionava bustine di zucchero da bar. Aveva una libreria musicale (vinili e cassette soprattutto) eclettica e sterminata, in cui era un piacere scavare e scoprire autentiche chicche nelle quali altrimenti chissà se e quando mi sarei mai imbattuto. D’altronde a quei tempi internet era ancora un termine semi-fantascientifico su cui si ricamavano voli pindarici dopo aver letto che in America gli Aerosmith avevano caricato un brano inedito in rete. La mia rete, o almeno parte di essa, era invece quella collezione di dischi, difatti abbastanza di frequente mi ritrovavo a scambiare materiale col succitato ex fricchettone. Una delle sue passioni era il jazz, e ben ricordo quando, appurato il mio apprezzamento per ‘Rockit’, si offrì di prestarmi un CD di Herbie Hancock (neanche ricordo più quale), che però cassai con fretta e sdegno: non c’entrava nulla con quel pezzo e il suo surreale videoclip. (Continua a leggere)