FREE FALL JAZZ

Un titolo intrigante, una copertina in tono, un esordio (‘Prelude… To Core’) di buonissimo livello e un’impegnativa e gratificante carriera da sideman iniziata nientemeno che alla corte di Steve Coleman: le aspettative per l’esordio su Blue Note di Ambrose Akinmusire, trombettista di soli ventinove anni, sono piuttosto alte. Affiancato da altri giovani amici/musicisti (Walter Smith III al tenore, Gerald Clayton al piano, Harish Raghavan al contrabbasso e Justin Brown alla batteria) di comprovata intesa, Ambrose si lancia in un’opera originale e ambiziosa, una delle uscite più interessanti dell’anno in corso.

Difficile trovare termini di paragoni immediati per questa musica proteiforme, vellutata e misteriosa in modo vagamente ellingtoniano, in costante bilico fra melodie solari e cupe ruminazioni, fatta di continue contrazioni e dilatazioni dello spazio sonoro. E’ fortissima la coesione fra i cinque, in particolare i due fiati: Ambrose e Walter lasciano spesso la frase a metà, lasciando che sia l’amico a completarla, e quando occorre si contrappuntano con altrettanta efficacia, senza mai coprirsi a vicenda.

Aperta dal solo Ambrose, ‘Confessions To My Unborn Daughter’ cresce gradualmente coi contributi di tutta la band, con un magnifico dialogo a tre fra tromba, piano e sax che esplode poi nel tema luminoso e bellissimo. La tromba di Akinmusire sembra gettare un ponte fra l’arditezza di Booker Little, il virtuosismo di Terence Blanchard e il lirismo solenne e contenuto di Kenny Dorham: una voce originale a suo agio su tutta l’estensione dello strumento, con una particolare predilezione per un’espressività malinconica e oscura.  La successiva ‘Jaya’ prosegue sulla stessa falsariga, un brano in costante mutazione con eccellenti passaggi d’insieme, scatti di improvvisazione collettiva, un Clayton superbo e una frontline rodata alla perfezione nell’alternanza di assolo incisivi e lirici. ‘Henya’, preceduta da una breve intro di basso, è una ballata rarefatta e caliginosa, tutta colore strumentale e atmosfera. Ci sono altri pezzi che val la pena di citare, come la vagamente bluesy e latina ‘With Love’, dove fiati e piano la fanno da padrone, e ‘What’s New’, un atmosferico dialogo tra tromba e piano, ma su tutte ‘Regret (No More)’, dove il leader, accompagnato di nuovo dal solo piano, parte da una melodia bisbigliata per arrivare a strazianti vocalizzazioni di grande effetto drammatico. E che dire di un solo di batteria, ‘My Name Is Oscar’, giocato su campionamenti di voce e pattern in crescendo stile drum’n'bass? Beh, che è breve, intenso e sempre interessante.

In breve, il secondo cd di Ambrose Akinmusire supera nettamente il già ottimo predecessore e catapulta il giovane californiano dritto sulla scena del jazz che conta. Da provare, scoprire, e visto che ci vantiamo di essere appassionati di musica e affezionati al supporto fisico e tutte queste menate, pure da comprare. (Negrodeath)

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