FREE FALL JAZZ

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Di un musicista importante ed interessante come Don Byron, ahinoi, non abbiamo mai scritto niente. Chiediamo venia, e nel frattempo condividiamo questo interessante concerto: registrato tre anni fa a New York, vede il clarinettista alla guida di una nuova band, chiamata New Gospel Quintet e incentrata su un repertorio (ovviamente) gospel.


Marc Rossi oggi insegna al Berklee. I più attenti forse lo conosceranno per le sue incisioni da leader col Marc Rossi Group o per i sei anni di militanza come pianista della Living Time Orchestra di George Russell verso la fine degli ’80. Non molti sanno però che sulle spalle ha un peccato bello grosso da farsi perdonare. Nei primi anni ’80, durante i suoi studi al conservatorio del New England, fu infatti lui a passare una cassetta dei Weather Report a uno dei suoi insegnanti: Jimmy Giuffre.

Giuffre, dopo il fallimento commerciale del fenomenale trio con Steve Swallow e Paul Bley, aveva mantenuto un profilo piuttosto basso nei ’60 e nei ’70, pubblicando una manciata di dischi, ma dedicandosi soprattutto all’attività di insegnamento. Galeotta fu quella cassetta dei Weather Report: l’autore di ‘Free Fall’ si sentì stimolato al punto da mettere insieme un gruppo per elaborare la sua visione di quella musica. In particolare, ad attirare la sua attenzione era il ruolo del basso elettrico (in sostituzione del “vecchio” contrabbasso), presto affidato al giovane Bob Nieske, anch’egli studente del New England Conservatory; lo stesso Rossi si occupava inizialmente di piano e tastiere prima di essere sostituito da Pete Levin, con il percussionista Randy Kaye a completare il quadrilatero. Il sodalizio fruttò tre dischi per l’italiana Soul Note, attentissima nonostante il nome di Giuffre in quegli anni fosse tutt’altro che “di tendenza”. (Continua a leggere)

Ai più attenti il nome Noise Of Trouble farà illuminare la classica lampadina sopra la testa, riportando alla mente l’omonimo disco dei seminali Last Exit, poker di terroristi sonori ben noti in ambito free jazz (Sharrock, Brotzmann, Laswell, Ronald Shannon Jackson). Dietro l’esplicito tributo si nasconde un quartetto di musicisti capitolini già abbastanza attivi, chi più chi meno, in ambito underground (il più noto è forse il sassofonista e clarinettista Marco Colonna).

Rispetto ai numi tutelari di cui sopra, i nostri si distinguono per un’importante differenza: barattano la chitarra per un ulteriore fiatista. Proprio l’ampissima varietà di questi ultimi strumenti caratterizza l’esordio ‘The Bloody Route – From The Country Where Women Are Older Than God’: Colonna e il partner in crime Claudio Martini si cimentano infatti anche con ance inusuali come sopranino, fagotto e clarinetto soprano, che si rivelano fondamentali per le sfumature assai composite del disco. Anzi, dei dischi: l’album è infatti un doppio (12 brani per circa 90 minuti di musica), la cui divisione sembra voler in qualche modo sottolineare differenze stilistiche abbastanza nette. (Continua a leggere)

Altro disco molto interessante uscito negli ultimi mesi è ‘The Story This Time’, debutto di Jason Stein con il suo quartetto dopo un’intensa gavetta in vari progetti del sottobosco jazz di Chicago. Più volte ho sentito in giro paragoni con Rob Mazurek, suggestione dovuta forse più alla provenienza comune che altro (per quanto Stein sia in realtà originario di Long Island): alcuni punti di contatto tra gli stili dei due ci sono senza dubbio, ma l’equazione di Stein tende a un jazz meno ostinato nella ricerca della sperimentazione. Lo strumento suonato dal nostro, il clarinetto basso, rimanda ovviamente a Eric Dolphy, ed è proprio ‘Out To Lunch’ il disco a cui fare riferimento come punto di partenza, con un occhio anche all’Ornette Coleman degli esordi, nello specifico le sue cose meno radicali (ma non solo, a ben vedere). In effetti, ‘The Story This Time’ procede su due direzioni ben distinte, che però preferiscono lambirsi e intrecciarsi piuttosto che restare parallele, in un avvincente botta e risposta tra avanguardie e robusto post bop, di quello più straight ahead che fila come un treno. (Continua a leggere)