FREE FALL JAZZ

Foto: Enrico Romero

Accompagnato da Luke Stewart (basso) e Warren G. Crudup III (batteria), la stessa formazione presente sull’ultimissimo ‘No Filter’, James Brandon Lewis non si è affatto risparmiato con il suo jazz intriso di funk e hip-hop. La parola chiave per questa musica è il groove, modellato su quello della musica hip-hop amatissima dai tre, in un percorso generale di unificazione della black music su cui tanti giovani jazzisti contemporanei si stanno muovendo con successo. Il fraseggio del sax, spesso e volentieri, si avvicina al flow di un rapper, per struttura (brevi cellule variate progressivamente e legate in frasi più lunghe, periodicamente sempre più complesse) e ritmo, in una logica ed avvicente evoluzione del linguaggio sassofonistico. La straordinaria batteria funk di Crudup tiene botta con una ragnatela di originali suddivisioni ed un volume pazzesco, a tratti eccessivo e ben al di sopra di basso e sax (amplificati!) – l’acustica dell’ExWide, con un soffitto molto basso, certamente non aiuta. I momenti tirati ma non troppo, come la bellissima ‘Say Wat’, sono risultati migliori proprio per la possibilità di ascoltare meglio le sfumature e la dinamica, mentre altri, come ‘Bamako Love’ di Don Cherry, già presente in una splendida versione su ‘Days Of Freeman’, conquistano grazie alla forza della melodia e ad un groove ipnotico. Grande concerto e pubblico partecipe e contento: il jazz ha una sua dimensione contemporanea e fresca proprio grazie ad artisti del genere, su cui in Italia si investe sempre troppo poco.
(Negrodeath)

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