Concerti di livello superiore come quelli cui abbiamo potuto assistere domenica scorsa al Teatro Manzoni di Milano sembrano fatti apposta per confutare (ancora una volta) certa forzata e ideologizzata narrazione italica sul jazz e in particolare su ruolo che oggi avrebbe il cosiddetto “mainstream” sulla scena contemporanea della musica improvvisata. (Continua a leggere)
Warren Wolf è, con merito, uno dei vibrafonisti più acclamati dell’ultimo lustro. In questo bel concerto lo sentiamo assieme alla sua band, gli Wolfpack: oltre a Warren, Tim Greex (sax), Alex Brown (piano), Kris Funn (basso) e Billy Williams Jr (batteria).
Copertina, retro e titolo di questo album veicolano un messaggio abbastanza chiaro: questa è musica per tutti. In effetti, quando Christian McBride ha messo su gli Inside Straight aveva in mente una cosa, ovvero suonare del jazz che fosse potente, accessibile, e allo stesso tempo sofisticato. Tradizione in movimento, resa sempre attuale. Un credo che alcuni definirebbero “populista”, ma che in realtà non è alieno a gran parte del miglior jazz e che rientra nel concetto più ampio di arte in America, dove l’entertainment non è visto come qualcosa di cui vergognarsi, ma come un valore aggiunto capace di veicolare concetti complessi al pubblico più ampio possibile. Difficile a questo punto non pensare a Cannonball Adderley, che da sempre ha perseguito quest’ottica nell’arco di una carriera interrottasi troppo presto. (Continua a leggere)
Il quintetto del vibrafonista Warren Wolf è una delle unità più interessanti in circolazioni, e qui su FFJ abbiamo apprezzato moltissimo l’album pubblicato lo scorso anno. Cogliamo l’occasione per segnalare questo estratto da un’esibizione newyorkese dello scorso gennaio, per un’ottima versione di ‘Movement Revisited’ di Christian McBride.
La prima volta che ho ascoltato questo giovane vibrafonista è stato in occasione di ‘Kind Of Brown’ di Christian McBride. Nel maggio di quest’anno ho poi avuto occasione di vedere la band di McBride dal vivo, uno show molto trascinante in cui il contrabbassista ha speso più di un elogio per Warren Wolf, chiamandolo pure “il Mike Tyson del vibrafono” – immagino, oltre che per la grande energia profusa, anche per il collo taurino e le spalle-portaerei che si ritrova. Così, date le premesse, mi sono fiondato fiducioso sull’esordio di Wolf, patrocinato da McBride che produce e suona. Non aspettatevi lo stile puntilistico di un Gary Burton. Wolf, senza rinunciare mai a dinamica e sofisticazione armonica, si richiama idealmente allo stile ricco di swing, percussivo, eccitante di Lionel Hampton, con tutte le inevitabili e obbligatorie differenze generazionali del caso. (Continua a leggere)