FREE FALL JAZZ

Archive for " giugno, 2013 "

Wycliffe Gordon è uno dei maestri contemporanei del trombone, anche se la sua produzione è colpevolmente sottostimata dal pubblico. In questo filmato lo cogliamo dal vivo assieme a Ben Williams (basso), Lawrence Leathers (batteria) e Aaron Diehl (piano) – di quest’ultimo, tra l’altro, si parla un gran bene grazie ad un disco d’esordio che contiamo di recensire più avanti. Tornando a Wycliffe, è da lodare pure come cantante e showman a tutto tondo!


Tra pochi giorni, per la precisione il 15 e il 16 Giugno, sul palco dell’Hollywood Bowl di Los Angeles sfileranno, come di consueto, gli artisti dell’edizione 2013 del Playboy Jazz Festival. Rispetto agli altri anni, però, mancherà lo storico presentatore. Bill Cosby, in carica nel ruolo dal 1979, lo scorso anno ha deciso di farsi da parte: al suo posto ci sarà George Lopez (voce di Puffo Brontolone nei film americani, tra le altre cose). “Il signor Cosby mi ha dato la sua benedizione - spiega - Mi ha chiesto di essere presente, attento e di dare il giusto riconoscimento ai musicisti che si distinguono per le migliori performance, ma anche di dar loro una mano a trascinare lo show e intrattenere la gente. Credo di potercela fare”. (Continua a leggere)

Si tratta di un piccolo classico, forse molti di voi lo avranno già visto, ma era da tempo che mi ripromettevo di inserirlo tra i nostri vari Picture This. Sto parlando di ‘Straight No Chaser’, film documentario del 1988 incentrato sulla vita e, soprattutto, la musica di Thelonious Monk. Tra i produttori della pellicola figura l’immenso Clint Eastwood (e se siete suoi fan, di certo conoscerete la sua passione per il jazz), mentre la regia è di Charlotte Zwerin, moglie del trombonista Mike Zwerin (che i più attenti ricorderanno per una fugace comparsa accanto a Miles Davis, di cui resta traccia nelle sessioni complete di ‘Birth Of The Cool’). Interviste postume ad amici, colleghi e familiari vengono utilizzate per scandire la storia, ma numerosi sono i filmati “musicali” con lo stesso Monk in azione nel meglio dei suoi anni. Se stasera per qualche motivo siete a casa e non avete ancora deciso cosa guardare in TV, direi che col nostro consiglio andate sul sicuro: se lo conoscete già sarà un piacevole ripasso; se vi manca, colmerete la lacuna con soddisfazione.
 

Un po’ della scorsa edizione ve l’avevamo raccontato qui. Oggi invece riceviamo e pubblichiamo il comunicato che annuncia ufficialmente il programma della rassegna Udine&Jazz, ormai giunta alla 23esima edizione che si svolgerà nella città friulana dal 21 Giugno al 2 Luglio.  (Continua a leggere)

Ci risiamo. Il jazz l’hanno inventato i siciliani. Lo ripete per l’ennesima volta Renzo Arbore (e chi altro?), bello tronfio non solo per aver rappresentato l’Italia a New York nel mese della cultura italiana in America, ma anche perché ha prodotto un documentario (‘Da Palermo A New Orleans, e fu subito jazz’) per sostenere la solita stronzata: siccome l’Original Dixieland Jass Band ha fatto la prima incisione considerata jazz nel 1917, allora l’ha pure inventato. E di conseguenza, il jazz è roba di Sicilia. Una riprova? Francesco Cafiso che da buon siciliano ha il jazz nel dna perché suonava bene a quattordici anni. Siamo a livello “i negri hanno il ritmo nel sangue”, faccio notare. In più, Arbore riceverà presto la laurea honoris causa dal Berklee College Of Music (o meglio, dalla sezione italiana che dirige i seminari a Perugia, non dalla sede californiana) nel prossimo Umbria Jazz. Immagino sia per il quarantennale di Umbria Jazz, della cui Fondazione Arbore è attuale presidente. E in un festival jazz che ormai è un festival di musica pop con un po’ di jazz di contorno, in effetti, tutto torna: Arbore incarna perfettamente tutta questa cialtroneria diffusa. Ora vorrei tanto che qualcuno dal mondo del jazz strigliasse pubblicamente il simpatico guitto foggiano, come fece Uto Ughi con l’orrendo Giovanni Allevi. Ma si parla di jazz, non di musica classica; e il jazz è musica da aperitivi e degustazioni, robetta in fin dei conti, e quindi possiamo dire tutte le stronzate che vogliamo in libertà.

Ennesimo lutto di questo 2013, ma stavolta le circostanze sono quantomeno insolite. Il contrabassista Ben Tucker, classe 1930, ha perso la vita martedì 4 Giugno a Savannah, Georgia, travolto dalla folle corsa di un’auto mentre era in strada a bordo di un golf cart. Il pirata della strada è stato presto identificato: è un 52enne texano al momento accusato di omicidio colposo, eccesso di velocità e guida pericolosa.

Tucker viveva da ormai oltre trent’anni a Savannah, dove continuava a suonare la sua Bertha (questo il nome con cui aveva battezzato il proprio strumento) dopo una carriera da onestissimo gregario del jazz che lo ha visto spalleggiare nomi come Art Pepper, Herbie Mann, Dexter Gordon e Quincy Jones.

Per maggiori dettagli vi rimandiamo all’articolo completo pubblicato da Billboard.

In breve: un Giovane Sassofonista scatena un flame pazzesco, lo scorso febbraio, sparando a zero su Wayne Shorter dal suo account Facebook. Qui trovate le sue argomentazioni con una convincente demolizione delle stesse, così non la facciamo noi, e qui lo stesso ma in video. (Continua a leggere)

In un recente articolo si parlava di come la nuova generazione di musicisti jazz italiani veda i suoi esponenti migliori in nomi dinamici, aperti alle contaminazioni e dalle influenze molteplici. Il contrabbassista laziale Dario Germani, fresco d’esordio in proprio, rappresenta l’altra faccia della medaglia: ‘For Life’ è una dichiarazione d’amore verso il jazz degli anni ’50 e ’60, che si avvicina a quell’epoca con un rigore di rado riscontrabile in musicisti così giovani (classe 1984, per la precisione). Un approccio corroborato anche dalla felice scelta d’incidere il disco live in una sala della suggestiva Villa D’Este (Tivoli), che conferisce all’insieme un suono “caldo” e con caratterizzanti riverberi naturali, che lo rende ancora più affine a certe incisioni dell’epoca.

Non si faccia tuttavia l’errore di scambiare Germani per uno dei tanti calligrafici tributi che infestano l’ambiente jazz nostrano. Non andrà a cercare l’ispirazione oltre gli steccati del genere, ma dinamico lo è eccome: (Continua a leggere)

Prima di parlare del concerto, vorrei fare alcune piccole osservazioni, che già animano il dibattito sul futuro dell’ascolto e della fruizione della musica jazz. Partiamo dalla localizzazione. I cittadini di Mestre, che negli anni 70/80 hanno dimostrato curiosità per tutte le varie forme culturali, mano a mano hanno perso quest’interesse. I concerti della serie “Un certo discorso”, prodotti da Radio Tre con ospiti americani ed europei, con lunghe code per l’ingresso fuori dal teatro Corso, sono un esempio di quello che è stato. Forse faceva figo andare ad ascoltare jazz? Non penso, ripeto che tutti gli eventi culturali erano molto frequentati. Certo, se elimini un grande evento, come la Mostra del Cinema, poi non molti sono disposti ad andare fino al Lido a vedere un film! Ma forse questo è più legato ad una sorta di campanilismo (!) con Venezia. (Continua a leggere)

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