FREE FALL JAZZ

occhiata alla Robinson's Articles

Che ogni scusa sia buona per dedicare un po’ di spazio a Bill Cosby ormai lo avrete capito. Come spiegavamo qualche mese fa, l’ex Dottor Robinson continua a girare in tour per l’America con i suoi spettacoli di stand up comedy. Proprio questa sera ne terrà uno, un benefit, presso il SFJazz Center: si tratta della nuova sala da concerti della SFJazz Organization di, appunto, San Francisco, nella quale Bill Cosby ha presentato la serata di inaugurazione lo scorso Gennaio. In occasione di questo nuovo appuntamento, lo showman americano ha rilasciato un’interessante intervista “a tema jazz” sulle pagine di MercuryNews nella quale spazia in lungo e in largo tra passato e presente, cercando persino di argomentare il suo supporto alla controversa campagna di Nicholas Payton per sostituire il termine “jazz” con la definizione “black american music”. Di seguito ve ne proponiamo la traduzione in italiano.

Parlaci di qualcuno dei tuoi musicisti preferiti.
Miles ce l’ho nel cuore, così come Philly Joe Jones. E anche Freddie Hubbard: lo amavo. Amavo quel che pensava e ciò che stava cercando di fare. Ho sempre pensato che se non avesse bruciato le sue capacità sarebbe potuto diventare per la tromba ciò che Coltrane rappresenta per il sax tenore.  (Continua a leggere)

Tra pochi giorni, per la precisione il 15 e il 16 Giugno, sul palco dell’Hollywood Bowl di Los Angeles sfileranno, come di consueto, gli artisti dell’edizione 2013 del Playboy Jazz Festival. Rispetto agli altri anni, però, mancherà lo storico presentatore. Bill Cosby, in carica nel ruolo dal 1979, lo scorso anno ha deciso di farsi da parte: al suo posto ci sarà George Lopez (voce di Puffo Brontolone nei film americani, tra le altre cose). “Il signor Cosby mi ha dato la sua benedizione - spiega - Mi ha chiesto di essere presente, attento e di dare il giusto riconoscimento ai musicisti che si distinguono per le migliori performance, ma anche di dar loro una mano a trascinare lo show e intrattenere la gente. Credo di potercela fare”. (Continua a leggere)

No, non è una notizia musicale, ma lo sapete: Bill Cosby è un po’ il nostro padre spirituale, non possiamo far passare il tutto sotto silenzio. Voialtri affezionati avrete senz’altro ben presente i sobrissimi maglioni sfoggiati in TV dall’ex Dr. Robinson: il nuovissimo sondaggio (round 1, a eliminazione) presente sul sito ufficiale dell’attore americano chiede proprio di votare il migliore tra ben 24 nomination. Tutto bello, tutto giusto, non fosse che in mezzo a tanto ben di Dio hanno cercato di insabbiare alcuni veri capolavori (Continua a leggere)

Ancora Bill Cosby? Eh, oh, ci garba. Poi l’alternativa sarebbe guardarvi il concertone del primo Maggio in TV, se proprio ci tenete. Noi non ci teniamo, ed è per questo che vi offriamo un primo Maggio “alternativo”. Siamo andati a ripescare un po’ di puntate dei Robinson con guest star dal mondo del jazz e ve le proponiamo qui di seguito, basta cliccare sui relativi titoli. Sono tutte in lingua originale, ma da una parte meglio così, ché vedere Dizzy Gillespie doppiato in italiano in effetti fa un po’ strano. Di sicuro abbiamo dimenticato qualcuno/qualcosa, d’altronde quando c’è di mezzo il buon Cosby i riferimenti alla musica di cui leggete sulle nostre pagine sono sempre tanti e pescarli tutti sarebbe stato un vero massacro. Gli episodi sono “spezzati” in più segmenti: il link di solito vi porta al primo, gli altri sono poi facilmente raggiungibili dai video correlati. Buona visione. (Continua a leggere)

Da quando abbiamo aperto i battenti, su queste pagine si è parlato di Bill Cosby praticamente in tutte le salse. Nonostante la sovraesposizione, credetemi se dico che fino adesso non abbiamo ancora fatto luce sul motivo che già da solo potrebbe giustificare la presenza dell’entertainer americano in questa sede: ‘Badfoot Brown & The Bunions Bradford Funeral & Marching Band’. Nome improbabile, ma non è un complesso: si tratta in realtà del titolo di un disco originariamente stampato nel 1971 dalla UNI (sottoetichetta della MCA), prima prova strettamente musicale del futuro Dottor Robinson dopo una manciata di album spoken word comici e un paio di dischi in cui cantava successi rhythm’n’blues dai testi riveduti e corretti.

Bill Cosby suona il Rhodes ed è autore di tutte le musiche, ma l’uscita, a quarant’anni di distanza, resta ancora avvolta da una piccola cappa di mistero: nell’album non appare alcun elenco dei credits, dunque è non è dato sapere con precisione chi altri abbia suonato cosa. Voci più o meno attendibili confermano la presenza di Bobby Hayes al basso e del grande Big Black (no, non c’entra Steve Albini) alle percussioni, ma sul resto l’enigma è totale. (Continua a leggere)


1986. ‘I Robinson’ è lo show televisivo più seguito d’America (resterà al comando della classifica dei rating per quattro stagioni consecutive. Merito di Kenny?). Giuro che non lo faccio apposta a tirare in ballo Bill Cosby così puntualmente: mai come stavolta il suo telefilm è di fondamentale importanza per la storia che andiamo a raccontare. Il 15 Maggio, l’episodio finale della seconda stagione si apre con una scena del tutto ininfluente ai fini della trama: Cliff e sua moglie ascoltano una canzone e, divergenti,  scommettono sull’anno dell’incisione. Si tratta di ‘An Evening In Paradise’ di Little Jimmy Scott. (Continua a leggere)

No, non abbiamo sbagliato copertina. Certo, ‘A Night In Tunisia’ ha una delle front cover più note e riconoscibili della storia, eppure qui accanto ne vedete una diversa. L’arcano (che per i più attenti non sarà tale) è presto risolto: si tratta di un altro disco. Non sono molti a ricordarlo, ma oltre allo storico classico su Blue Note del 1960, la discografia di Art Blakey  (senza contare varie raccolte semi-ufficiali) ne contiene almeno un paio dal titolo uguale o molto simile: l’omonimo del 1957 su RCA, e questo ‘Night In Tunisia’ del 1979, che rispetto al ben più noto predecessore omette l’articolo.

Gli anni ’70 furono un periodo particolare per il batterista di Pittsburgh, ricordato più che altro per la partecipazione al progetto Giants Of Jazz in compagnia di altri monumenti tipo Gillespie, Monk e Stitt. La versione dei Jazz Messengers attiva nella seconda parte del decennio, pur autrice di buone prove come ‘In This Korner’ (del ’78), non è mai stata particolarmente celebrata, schiacciata da un lato dai leggendari “messaggeri” degli anni ’50 e ’60 (inutile fare nomi: se non li conoscete probabilmente siete capitati su queste pagine cercando su google “il mondo non si è fermato mai un momento”) dall’altro dalla formazione che negli anni ’80 porterà Blakey ad un quasi inaspettato ritorno di popolarità, con un giovanissimo Wynton Marsalis sugli scudi. (Continua a leggere)