FREE FALL JAZZ

Tra pochi giorni, per la precisione il 15 e il 16 Giugno, sul palco dell’Hollywood Bowl di Los Angeles sfileranno, come di consueto, gli artisti dell’edizione 2013 del Playboy Jazz Festival. Rispetto agli altri anni, però, mancherà lo storico presentatore. Bill Cosby, in carica nel ruolo dal 1979, lo scorso anno ha deciso di farsi da parte: al suo posto ci sarà George Lopez (voce di Puffo Brontolone nei film americani, tra le altre cose). “Il signor Cosby mi ha dato la sua benedizione - spiega - Mi ha chiesto di essere presente, attento e di dare il giusto riconoscimento ai musicisti che si distinguono per le migliori performance, ma anche di dar loro una mano a trascinare lo show e intrattenere la gente. Credo di potercela fare”.

Chi temeva che la decisione dell’ex dottor Robinson, 76 anni a Luglio, fosse il preludio a un ritiro dalle scene dovrà ricredersi: lo showman è attivo come non mai. Non solo attraverso i bizzarri video con cui risponde ad alcuni messaggi che riceve su Twitter, ma anche portando in giro per l’America i suoi spettacoli di stand up comedy, per i quali, piuttosto che affidarsi al mestiere e al riciclaggio del repertorio, continua a scrivere nuove battute, talvolta persino alle 4 del mattino pur di non perdere l’ultima idea balenata in testa.

Tutto ciò anche grazie a un “ingrediente” che solo ai meno attenti può sembrare di secondo piano: il jazz. Bill Cosby lo ritiene un’influenza a 360 gradi nella sua vita, artistica e non, in particolare per come ha contribuito a modellare la sua forma d’espressione individuale: “È come quando nel ‘jazz progressivo’ parte un assolo - spiegava in un’intervistaEd è qualcosa a cui i recensori spesso dimenticano di fare riferimento: ciò che un musicista ha suonato, ciò che ha interpretato come artista”. Un approccio sempre e comunque personale che Cosby ha cercato di mantenere sin dai suoi esordi come comico: “Penso che qualche parolaccia talvolta sia utile per far ‘funzionare’ uno sketch. Ci sono altre volte però in cui la costruzione della storia è così buona che quando arriva la battuta vera e propria non c’è bisogno di alcuna espressione colorita: usi una parola innocua per dire la stessa cosa e funziona lo stesso!”.

Tornando alla musica, non si può dire che sia stato amore a prima vista: “Il primo disco che, nella mia ignoranza, mi fece ridere, fu ‘Misterioso’ in un’incisione di Monk – ammette – Mi misi a ridere e dissi: ‘posso farlo anch’io! Che razza di modo di suonare è questo? Posso farlo con due dita’… Poi iniziò l’assolo”. Si trattava della prima di tante volte in cui il jazz avrebbe lasciato Bill Cosby di stucco: “C’è un pezzo di George Benson intitolato ‘From Now On’: ascolta le prime 8  battute dell’assolo e dimmi se la tua bocca non resta spalancata! Oppure ascolta ‘Night And Day’: era perfetta, pensavo che Cole Porter, dopo averla scritta, avrebbe potuto anche ritirarsi. Sarebbe potuto andare a sbatterla sotto il muso di Johnny Mercer dicendo: ‘Tu non ce l’hai una canzone così: è bella, è vera, è divertente!’. Poi arriva Etta James e la improvvisa: dopo che l’interpretazione ha preso quota se ne esce con ‘And on and on and on’. Fantastico”. La passione per il jazz ha portato Cosby a cimentarsi più volte nel corso degli anni sia come compositore che come musicista: lo ricordiamo alle percussioni nei Cos Of Good Music, ensemble con cui si è spesso esibito al Playboy Jazz, ma anche la collaborazione con Quincy Jones per la colonna sonora dei cartoni animati di Albert il ciccione e, soprattutto, il progetto Badfoot Brown, già ampiamente approfondito su queste pagine. Innumerevoli sono stati i riferimenti al jazz nell’ambito della sua attività artistica “non musicale”, e pure di quelli abbiamo già reso conto.

Ancor più ammirevole il fatto che dopo oltre mezzo secolo di ascolti, Bill Cosby abbia ancora voglia di mettersi in discussione e aprirsi alle novità: “Ascolto tanti di quei cantanti sulle stazioni radio dedicate al jazz, ma quasi sempre mi chiedo a che punto della loro parabola professionale saranno in grado di sviluppare quell’individualità propria dei grandi maestri. Prima era più facile: ascoltavi le canzoni che venivano trasmesse e riconoscevi Anita Day, Carmen McRae o Sarah Vaughan. Per non parlare di Ella Fitzgerald e Nancy Wilson. Oggi invece i cantanti jazz quando attaccano con lo scat sembra stiano interpretando un personaggio”.

Non fraintendete: non si tratta del solito vecchio brontolone che si lamenta perchè una volta era tutta campagna. Il buon Cosby per la nuova generazione ha anche parole di stima: “Un giorno, a casa mia, nel Massacchusetts, mi trovai ad ascoltare questa sassofonista. Era un sax tenore che colpiva: l’attacco e l’approccio erano fantastici. Un suono che non aveva paura e non era banale. Era Anat Cohen. Ascoltate l’assolo di Wayne Shorter su ‘The Egyptian’ (incisa da Shorter durante la militanza nei Jazz Messengers di Art Blakey) e poi ascoltate quel che riesce a fare lei con lo stesso brano: capirete quanto è cazzuta”. L’apprezzamento si spingerà fino all’inserimento della Cohen nel già citato collettivo Cos Of Good Music, dove pare abbia fatto faville.

Anche quando si tratta di tirare globalmente le somme della sua carriera artistica, Bill Cosby non riesce a fare a meno di chiamare in causa quella musica che tanto ama: “Quattro anni fa ho incontrato nel backstage di un mio show un bambino di 9 anni accompagnato dai genitori: recitò a memoria un mio vecchio monologo intitolato ‘Monkey Bars’, tratto da uno dei miei primi album spoken word. Dopo averlo sentito, senza neanche chiedere, dissi ai genitori: ‘Lo mandiamo sul palco!’. ‘Davvero?’, mi chiesero loro. ‘Sì, sì’, risposi io. Così uscii fuori, parlai al pubblico e presentai il ragazzino. Poi andai a sedermi e mi guardai la sua interpretazione. Il pubblico rise, poi feci il mio show come sempre. Alla fine chiamai il mio amico Jimmy Heath (storico sassofonista e compositore che ha partecipato anche a un episodio dei Robinson) e gli chiesi: ‘Jim, hai qualche registrazione dei tuoi esordi, quando suonavi coi tuoi primi gruppi e ti arrivavano le richieste per i tuoi primi ingaggi?’. ‘Sì, ho qualche nastro’, mi rispose lui. Così gli dissi: ‘Voglio che riascolti i tuoi assoli in quelle vecchie registrazioni e li giudichi con orecchio da professore. Non nel senso di cosa il te stesso di adesso consiglierebbe di fare al te stesso ragazzino, quanto se oggi riesci a intravedere del talento in quel che cercavi di fare all’epoca’. Lui poi mi richiamò: ‘Ho ascoltato – mi disse – Ho sentito questo bravo ragazzo (sé stesso da giovane) a cui non mi dispiacerebbe dare qualche consiglio, se mi chiamasse. Ma penso che se la caverà benissimo anche da solo!’. Ed è così che quando ho sentito quel bambino recitare ‘Monkey Bars’ mi sono detto che sembrava una cosa davvero ben scritta. Ed era solo uno dei miei primi album”.

L’apparizione al David Letterman Show di qualche mese fa ci regala quell’inconfondibile mimica facciale per l’ennesima volta. Imitando sua moglie, si domanda: “Lui è sempre divertente?”. La risposta, casomai ve lo steste chiedendo, è sì. Sempre. (Nico Toscani)

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