FREE FALL JAZZ

Thelonious Monk's Articles

Les liaisons dangereuses” è il titolo di un film franco-italiano (filone prurignoso-ma-sofisticato) del 1959, diretto da Roger Vadim e basato sul romanzo omonimo che, negli anni ’80, ispirò pure il film di Stephen Frears. (Continua a leggere)

Uno dei cliché ancora oggi circolanti intorno al jazz è che la tecnica strumentale possa diventare un ostacolo all’espressività, che cioè possa in qualche modo vincolarla, impedendo di liberarla nella sua interezza. (Continua a leggere)

Si dice sempre, a ragione, di come non sia semplice suonare la musica di Thelonious Monk risultando convincenti e attuali. Da un lato ci sono tutte le peculiarità melodiche e ritmiche che costituiscono il carattere stesso del grande pianista e compositore, dall’altro la necessità di sviluppare un discorso personale a partire da lì, senza che però questo carattere si perda. Negli anni i tentativi sono stati moltissimi, fin dai tempi in cui Monk era ancora in vita – non si contano le versioni dei suoi brani, nè gli album dedicati, vedasi gli esempi di Johnny Griffin e Lockjaw Davis passando per Steve Lacy, Wynton Marsalis, Eric Reed e innumerevoli altri. Adesso arriva il momento di Tim Warfield, grande sassofonista mai troppo lodato dalle nostre parti. (Continua a leggere)

Si tratta di un piccolo classico, forse molti di voi lo avranno già visto, ma era da tempo che mi ripromettevo di inserirlo tra i nostri vari Picture This. Sto parlando di ‘Straight No Chaser’, film documentario del 1988 incentrato sulla vita e, soprattutto, la musica di Thelonious Monk. Tra i produttori della pellicola figura l’immenso Clint Eastwood (e se siete suoi fan, di certo conoscerete la sua passione per il jazz), mentre la regia è di Charlotte Zwerin, moglie del trombonista Mike Zwerin (che i più attenti ricorderanno per una fugace comparsa accanto a Miles Davis, di cui resta traccia nelle sessioni complete di ‘Birth Of The Cool’). Interviste postume ad amici, colleghi e familiari vengono utilizzate per scandire la storia, ma numerosi sono i filmati “musicali” con lo stesso Monk in azione nel meglio dei suoi anni. Se stasera per qualche motivo siete a casa e non avete ancora deciso cosa guardare in TV, direi che col nostro consiglio andate sul sicuro: se lo conoscete già sarà un piacevole ripasso; se vi manca, colmerete la lacuna con soddisfazione.
 

Con ‘The Baddest Monk’ Eric Reed pubblica il suo secondo album dedicato al grande Thelonius Monk, dopo il già ottimo ‘The Dancing Monk’ dello scorso anno. Stavolta Reed assembla un quintetto scegliendo musicisti con cui non ha mai suonato prima (ad esclusione del sassofonista Seamus Blake) e sceglie sette classici del pianista di Rocky Mount, cui sono affiancati due brani originali in qualche modo affini allo spirito del disco. Proprio la riuscita di questi ultimi ci può dare una misura di quanto profondamente Reed si sia calato nella musica di Monk per riesaminarla e riproporla, senza mai suonare come un allievo intimorito o un secchione. Ascoltando la title track, un pezzo per solo piano molto blues, e ‘Monk Beurre Rouge’, che sovrappone con humor beffardo blues e melodie più pop, le concezioni armoniche e ritmiche di Monk, le sue asperità, si avvertono in filigrana dietro alla scrittura e all’esecuzione di Reed. Ed è questa, infatti, la chiave di lettura dell’album: penetrare l’essenza stessa degli originali per rimontarli in veste nuova, fresca, eccitante. (Continua a leggere)