FREE FALL JAZZ

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Les liaisons dangereuses” è il titolo di un film franco-italiano (filone prurignoso-ma-sofisticato) del 1959, diretto da Roger Vadim e basato sul romanzo omonimo che, negli anni ’80, ispirò pure il film di Stephen Frears. (Continua a leggere)

E’ scomparso pure Giorgio Gaslini, un vero nome storico del jazz italiano. E non solo, visti i suoi lavori nel campo della colonna sonora, della canzone e della musica accademica. Fu, tra l’altre cose, uno dei primissimi musicisti a utilizzare principi di musica seriale nel jazz, vedi l’ottetto di ‘Tempo e Relazione’ (1957).  Un peccato che molti lo conoscano solo ed esclusivamente per ‘Profondo Rosso’.

Kilimanjaro Darkjazz Ensemble

Guardandomi intorno, mi sono accorto che il nuovo Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, ormai fuori da un po’, è stato generalmente accolto in due modi distinti e ben riconoscibili. Da un lato gli snob con la puzza sotto il naso che però non è Here The Dragons, l’omonimo era un’altra cosa, i primi sono meglio, dall’altra quelli che per darsi un tono partono con voli pindarici da Giacomo Leopardi all’amatriciana, come ogni qualvolta gli si para davanti musica che sconfini anche solo leggermente dai canoni della forma canzone.  Ora, non per attaccare pure io con le frasi fatte (o anche sì), ma per l’ennesima volta la verità sta circa nel mezzo.

Intanto proviamo un attimo a spiegare Kilimanjaro Darkjazz Ensemble a chi è a digiuno: la proposta del collettivo olandese è talmente ricca di riferimenti e richiami da poter essere recensita (purtroppo?) su un numero indefinibile di siti e pubblicazioni. La parte più jazz è di certo nel nome, anche se nei dischi poi incontriamo passaggi di sassofono, pianoforte o ritmici che suonano più o meno imparentati col suddetto genere. (Continua a leggere)

Fuori da ormai un anno abbondante, ma vale ugualmente la pena spendere qualche parola su ‘Clint’, quinto lavoro degli svedesi Oddjob. I quattro predecessori si rifacevano grossomodo al Miles periodo elettrico, ma è in questo disco che si svela definitivamente il loro animo audace, “umoristico” e, concedetecelo, “cazzone” (tutti aggettivi da intendere nell’accezione migliore possibile). Come già intuibile dalla copertina, il Clint del titolo altri non è che l’immarcescibile Eastwood: il quintetto si è divertito a reinterpretare dodici tra i più famosi temi che hanno accompagnato sullo schermo personaggi come Joe “Il Biondo”,  Harry Callaghan (lo scriviamo all’italiana, spero ci perdonerete) o il Cavaliere Pallido. Una scelta forse non originalissima (già Zorn, per dirne uno, si è ampiamente soffermato sulle riletture di Morriconi*), ma che si lascia apprezzare innanzitutto per la voglia di dare risalto a un interprete piuttosto che ai soli compositori (idea, questa, già più originale) oltre che per i risultati dal punto di vista strettamente musicale. (Continua a leggere)