FREE FALL JAZZ

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Della calata italiana di Tom Harrell ha già raccontato con dovizia di particolari l’amico Negrodeath, che ha presenziato alla data di La Spezia. Mi sarebbe piaciuto completare il discorso riferendovi anche della sua partecipazione venerdì scorso a Pomigliano Jazz (che da quest’anno torna in Luglio come ai vecchi tempi), ma purtroppo, per motivi che un po’ ci imbarazza raccontare, non eravamo presenti. Sorvoliamo. C’eravamo però il giorno dopo, quando la serata è stata aperta dalla sorpresa Tricatiempo, quintetto campano che in un’ora fittissima di concerto incuriosisce e convince. (Continua a leggere)

I loro nomi forse vi suoneranno nuovi, ma Paolo Tognola e Andrea Ponzoni hanno sana gavetta alle spalle e buone esperienze in curriculum (il primo ha studiato improvvisazione presso il Monk Institute di New York, il secondo ha precedenti in ambito di musica elettronica e un background da ingegnere del suono). L’idea alla base di ‘FreejazzLIVElectronics’, loro prima uscita in coppia (non disponibile ‘fisicamente’ ma scaricabile gratis da Jamendo), è quanto di più semplice: due persone che fanno musica “on the spot”.

Due i brani (intitolati semplicemente ‘Part 1’ e ‘Part 2’) per un totale di circa 25 minuti, in cui le improvvisazioni pianistiche di Tognola, dallo stile memore di Cecil Taylor, vanno a braccetto con i riverberi, le distorsioni e le atmosfere ambient create in tempo reale da Ponzoni. Nel primo episodio i due non interagiscono molto, preferendo cedersi vicendevolmente la scena (intro ambient, improvvisazioni pianistiche, parentesi elettronica e via così); nel secondo, dai ritmi più serrati, cambiano invece le carte in tavola, e i due elementi danno vita a intrecci suggestivi.

In attesa di scoprire se si tratta di un progetto estemporaneo o delle fondamenta per qualcosa di magari più articolato, un ascolto è consigliato a tutti gli amanti delle sonorità meno convenzionali. (Nico Toscani)

The Caretaker è il moniker dietro cui si cela l’inglese James Leyland Kirby, classe 1974 e autore di una sterminata mole di esperimenti musicali e release varie sotto vari pseudonimi (dei quali il principale resta probabilmente V/Vm).
A firma The Caretaker, Kirby approfondisce quella che resta la sua maggiore ossessione, ovvero la relazione tra musica da una parte, e memoria, perdita e archiviazione della stessa dall’altra. A partire dal 1999, con il primo album ‘Selected Memories from the Haunted Ballroom’, il suo modus operandi è stato quello di recuparare vecchia musica da ballroom dei 1920s e 1930s, isolarne campioni e motivi, e seppellirli sotto una patina atta a rappresentare la “polvere del tempo”, espressa tramite droni cupi e ruvidi derivanti dallo stile dark-ambient. Progressivamente, il sound cercato per coprire e manomettere tali sample si è fatto più ricercato, fino a toccare probabilmente il picco qualitativo nei droni inquietanti del disco ‘Persistent Repetition of Phrases’ (2008). Sembrava che la formula di The Caretaker fosse giunta al suo compimento definitivo, e per certi versi così è successo; appunto per questo, Kirby ha deciso di cambiare esplicitamente fonte musicale per ‘An Empty Bliss Beyond This World’, pubblicato nel 2011 sempre per la sua stessa label indipendente History Always Favours the Winners, e stavolta rivolto al passato remoto della tradizione jazz. (Continua a leggere)

Kilimanjaro Darkjazz Ensemble

Guardandomi intorno, mi sono accorto che il nuovo Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, ormai fuori da un po’, è stato generalmente accolto in due modi distinti e ben riconoscibili. Da un lato gli snob con la puzza sotto il naso che però non è Here The Dragons, l’omonimo era un’altra cosa, i primi sono meglio, dall’altra quelli che per darsi un tono partono con voli pindarici da Giacomo Leopardi all’amatriciana, come ogni qualvolta gli si para davanti musica che sconfini anche solo leggermente dai canoni della forma canzone.  Ora, non per attaccare pure io con le frasi fatte (o anche sì), ma per l’ennesima volta la verità sta circa nel mezzo.

Intanto proviamo un attimo a spiegare Kilimanjaro Darkjazz Ensemble a chi è a digiuno: la proposta del collettivo olandese è talmente ricca di riferimenti e richiami da poter essere recensita (purtroppo?) su un numero indefinibile di siti e pubblicazioni. La parte più jazz è di certo nel nome, anche se nei dischi poi incontriamo passaggi di sassofono, pianoforte o ritmici che suonano più o meno imparentati col suddetto genere. (Continua a leggere)