FREE FALL JAZZ

Si dice sempre, a ragione, di come non sia semplice suonare la musica di Thelonious Monk risultando convincenti e attuali. Da un lato ci sono tutte le peculiarità melodiche e ritmiche che costituiscono il carattere stesso del grande pianista e compositore, dall’altro la necessità di sviluppare un discorso personale a partire da lì, senza che però questo carattere si perda. Negli anni i tentativi sono stati moltissimi, fin dai tempi in cui Monk era ancora in vita – non si contano le versioni dei suoi brani, nè gli album dedicati, vedasi gli esempi di Johnny Griffin e Lockjaw Davis passando per Steve Lacy, Wynton Marsalis, Eric Reed e innumerevoli altri. Adesso arriva il momento di Tim Warfield, grande sassofonista mai troppo lodato dalle nostre parti. Warfield sceglie una serie di brani non troppo battuti a cui affiancare un pezzo originale (‘Blue Hawk’, blues metropolitano e ricco di increspature che omaggia anche Coleman Hawkins, uno dei primi a credere in Thelonious) e un brano tradizionale (‘That Old Man’, che Monk aveva inciso come ‘Children Song’ nel 1964). Ovviamente la scelta della band giusta è importantissima, a partire dal pianista. In questo caso con Orrin Evans si va sul sicuro, visto che Monk ha sempre fatto parte delle sue corde. Il modo in cui Evans tratta le melodie, prendendole da lontano per frammentarle nell’intelaiatura delle sue escursioni, è già un valore aggiunto. Ben Wolf e Clarence Penn completano la sezione ritmica con un contrabbasso solido e ricco di groove e una batteria agilissima che elabora quasi dei brani indipendenti. Un esperto veterano come Eddie Henderson alla tromba è il perfetto contraltare al possente sax del leader. Spiccano due versioni particolarmente avventurose di ‘Off Minor’, in particolare la seconda, in cui Henderson esplora il colore strumentale senza perdere di vista la costruzione melodica, una bellissima e quieta ‘Ugly Beauty’ al soprano, dai riverberi soul, e una grintosa, martellante ‘Oska T’. ‘Round Midnight’, posta in chiusura, accelera verso la metà nel ritmo mentre i fiati si fanno più distesi, soul e vellutati, con un effetto chill-out davvero suggestivo.

‘Spherical’ è uno di quei bei dischi che, secondo alcuni ben informati, non dovrebbe nemmeno esistere, nel 2015. Chi glielo dice, a Tim Warfield?
(Negrodeath)

Comments are closed.