FREE FALL JAZZ

Archive for " ottobre, 2014 "

Si dice spesso che il terzo album sia quello della conferma. Sulla base di cosa, in realtà, non è dato saperlo, tuttavia ‘Iuvenes Doom Sumus’ di Piero Bittolo Bon conferma davvero i pregi esibiti finora dal vulcanico musicista veneziano, in un logico processo di affinamento e progressione – a partire dalla nuova copertina firmata dal sempre esimio Dottor Pira. Troviamo un interessante tappeto armonico dato dall’inusuale combinazione di vibrafono e chitarra a dodici corde, un robustissimo tandem basso-batteria che spesso e volentieri macina groove rock e funk, un sousafono impegnato a rinforzare ritmicamente il reparto basso come pure in sortite “out” verso le frontiere più alte del proprio registro, il sax tagliente del leader e il trombone. (Continua a leggere)

A pochi giorni di distanza dall’ultimo disco di Redman, ‘Trios Live’, torniamo sul luogo del delitto con questa puntata di Beyond Category dedicata proprio a Joshua e al suo trio con Reuben Rogers e Greg Hutchinson.


Per risalire all’ultima uscita su Blue Note di Bobby Hutcherson dobbiamo tornare indietro addirittura al 1977, anno dell’ottimo, dimenticato ‘Knucklebean’, in cui il vibrafonista californiano chiamava a sé il mai troppo lodato Freddie Hubbard (il quale navigava in un momento artistico tutt’altro che felice), riportandolo ai livelli che gli competono. L’inaspettato ritorno alla casa madre è stato accolto con un certo clamore; in particolare, molti si aspettavano un ritorno alle sonorità piuttosto elaborate che fecero la fortuna dei suoi capolavori per l’etichetta oggi diretta da Don Was. ‘Enjoy The View’ però non suona come una fotocopia sbiadita di ‘Dialogues’ o ‘Components’, e per fortuna aggiungerei. Agli anni ’60 semmai guarda in altri modi (soul jazz soprattutto, ma anche hard bop e jazz modale), riuscendo a brillare di luce propria con le sue atmosfere “notturne” e rilassate eppure coinvolgenti. (Continua a leggere)

Quello dei cantanti jazz (o pseudo tali) è un filone che le case discografiche in questi tempi di magra cercano di sfruttare al meglio con prodotti musicali che hanno il pregio, dal loro punto di vista, di poter abbracciare un pubblico molto più ampio, non forzatamente specifico del jazz, sfruttando una trasversalità di genere che oggi va molto di moda presso un pubblico musicalmente e vocalmente non troppo colto e che ama avere in sottofondo per le proprie serate con gli amici della buona musica che possa essere apprezzata da tutti e dia un tono quell’attimo meno “rustico” e scontato del mettere l’ultimo successo da hit parade. Capisco, inoltre, che siamo in tempi di crisi e che le case discografiche sopravvissute alla falcidia dei download di rete abbiano l’obbligo di pubblicizzare i prodotti musicali messi in circolazione e di spingere adeguatamente i loro musicisti, ma trovo il riscontro quasi unanime di cui gode questo corpulento e giovane vocalist afro-americano davvero eccessivo e poco giustificato. (Continua a leggere)

Questo filmato non è semplicemente un concerto di Duke Ellington (come se già la cosa in sè non fosse da bava alla bocca). Si tratta della prima assoluta del suo primo Concerto Sacro, all’interno della celebre Grace Cathedral di San Francisco. Come si suol dire, “history in the making”!


La musica di Stan Getz, gigante del jazz di tutti i tempi, nella splendida versione del trio guidato dal giovane sassofonista di Fondi, Paolo Recchia, esponente della nuova leva jazzistica nazionale, sarà protagonista della serata del Papilio in jazz di giovedì 16 ottobre al Papilio Disco Dinner di La Spezia (via del Canaletto 136).

Il Paolo Recchia Trio, con Enrico Bracco alla chitarra e Nicola Borrelli al contrabbasso, propone brani tratti dal vastissimo repertorio di Getz (quasi 50 anni di carriera tra Stati Uniti, Europa e Brasile) reinterpretati con originalità e colore ed inclusi nel loro ultimo album “Three for Getz” prodotto dalla etichetta giapponese Albóre Jazz. (Continua a leggere)

Non aspettatevi fuochi d’artificio da questa National Orchestra e non aspettatevi le invenzioni dei Lounge Lizard. Questo trio (!) con John Lurie al sax alto e tenore accompagnato da Grant Calvin Weston alla batteria e Billy Martin alle percussioni manca clamorosamente l’obiettivo. La musica, forse per la mancanza di un sostegno armonico e di una linea di basso, tende inevitabilmente a comporre uno stile molto tribale basato sulle percussioni. I pezzi, che potrebbero essere considerati come una parte di una suite, indubbiamente creano, con il notevole tappeto sonoro dei due percussionisti, una atmosfera arcaica da foresta vergine. Quello che purtroppo contrasta è la pochezza del sax del leader: suoni ruvidi, squittii, frasi reiterate e già ascoltate troppe volte nei corso degli anni. (Continua a leggere)

Una comunicazione di servizio: da oggi, Free Fall Jazz sbarca pure su Google+ e Tumblr. Giusto per non farvi perdere niente, o per perseguitarvi meglio, a seconda della vostra personale malevolenza. Abbiamo fatto lo sforzo di interrompere la visione delle repliche di Jersey Shore solo per questo, non vanificate lo sforzo, mi raccomando! Entrambe le piattaforme, come già Twitter, faranno da megafono ai post del blog, mentre per le comunicazioni ci serviamo sempre di email e Facebook.

La formula del trio, con la sezione ritmica priva del sostegno del pianoforte, rappresenta per un sassofonista del jazz che si rispetti una prova ardua di maturità tecnico-musicale e una sorta di traguardo da raggiungere, che certo non possono essere alla portata di chiunque e ciò per svariate ragioni. Innanzitutto, per gli illustri precedenti che la discografia jazz presenta in opere capitali realizzate da giganti del sassofono del passato, come le storiche registrazioni live al Village Vanguard di New York del 1957, di Sonny Rollins e quelle registrate da Joe Henderson negli anni ’80, per Blue Note e Red Records, che per certi versi possono essere considerate pressoché definitive in tale ambito formale e una pietra di paragone tale da intimorire l’improvvisatore che non avesse sviluppato una solida personalità musicale. (Continua a leggere)

‘Beyond Category’ è una serie di servizi musicali realizzati dall’emittente Voice Of America. Ogni puntata dura mezz’ora e presenta un musicista, alternando esibizione dal vivo e intervista. Immaginiamo di tornarci spesso, e inauguriamo con Tia Fuller, che si rivela estremamente simpatica, oltre che brava.


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