FREE FALL JAZZ

Bow down to the king's Articles

Alla prima parte    Alla terza parte

Nel 1968 Wonder si diploma con lode presso la Michigan School For The Blind e ciò gli permette di spendere più tempo per sviluppare la sua musica. Ted Hull suo tutor personale per gli ultimi 5 anni, rimase con lui per un altro anno fino all’età di 19 anni. All’inizio del mese di aprile, una triste notizia scuote la nazione, notizia che interesserà Wonder negli anni a venire, relativamente al suo impegno sociale: la morte di Martin Luther King, leader dei diritti civili degli afro-americani, assassinato a Memphis, nel Tennessee, mentre si preparava a condurre una marcia di lavoratori che protestavano contro l’iniquo trattamento dai loro datori di lavoro. (Continua a leggere)

Ho deciso di pubblicare per gli amici di Free Fall Jazz una nuova versione ampliata di questo articolo multimediale che era comparso alcuni mesi fa sul portale Tracce di Jazz per cui collaboravo, dopo che mi sono reso conto, approfondendo la materia, della complessità dell’argomento Stevie Wonder in rapporto all’affascinante e articolato mondo della Black Music, di cui il jazz ne fa pienamente parte. Un mondo ancora poco esplorato in ambito di musicologia e critica jazzistica, forse perché ritenuto erroneamente subordinato al percorso evolutivo del jazz. (Continua a leggere)

Questo filmato non è semplicemente un concerto di Duke Ellington (come se già la cosa in sè non fosse da bava alla bocca). Si tratta della prima assoluta del suo primo Concerto Sacro, all’interno della celebre Grace Cathedral di San Francisco. Come si suol dire, “history in the making”!


Jimmy Scott è morto ieri. Avrebbe compiuto 89 anni tra poco più di un mese e, scusate se suona retorico, ci mancherà tanto.

Anziché lanciarmi nei soliti coccodrilli di rito, vi invito a rileggere quanto abbiamo scritto su di lui su queste pagine:

-We all bow at the altar of Jimmy Scott

-What year did Little Jimmy Scott record ‘Evening In Paradise’?

E, soprattutto, a rivederlo mentre canta ‘Sycamore Trees’. Adesso sarà nella loggia bianca o in quella nera?

Su Little Jimmy Scott avevo scritto un altro articolo. L’ho letto e riletto, ma non mi piaceva. Non lasciava trasparire bene il punto centrale della questione: la musica, quella di una delle voci più singolari del jazz. Magari limerò quello scritto e lo trasformerò in un 2.0, una sorta di compendio a queste righe. Non vi tedierò qui coi perché e i percome: per chi non è familiare col personaggio sia sufficiente sapere che la voce acuta e i tratti androgini sono imputabili a una malattia genetica, la Sindrome di Kalmann, che impedisce il completamento della pubertà. Né mi perderò in lunghe escursioni per spiegare i motivi per cui resta quasi due decadi lontano dai riflettori, sotto i quali viene riportato da David Lynch. È il 10 Giugno del 1991, il giorno dell’ultimo episodio di Twin Peaks. In quelli che probabilmente sono i 45 minuti più genuinamente “sbroccati” mai trasmessi dalla TV prime time, all’improvviso sbuca fuori Little Jimmy Scott in un’impressionante interpretazione di ‘Sycamore Trees’, testo del regista americano su musica del fido Angelo Badalamenti. Ricomincia tutto. (Continua a leggere)