Già nel 1974, Michael Braun aveva avvicinato Wonder per scrivere il tema per un film che stava facendo, chiamato “The Secret Life of Plants”. Il film si doveva basare sul best seller omonimo scritto da Christopher Tompkins e Peter Bird. Dopo che Stevie ha presentato la canzone, i produttori cinematografici gli chiedono di fare l’intera colonna sonora. Non avendo mai tentato un tale compito, Wonder sentiva che il progetto sarebbe stato una sfida per una persona cieca. (Continua a leggere)
Alla terza parte Alla quinta parte
Per comprendere meglio lo stile e il lavoro che Stevie Wonder stava producendo nel periodo, è il caso di aprire un inciso (ma l’argomento meriterebbe certamente un più serio approfondimento) sulla mescolanza che in quei primi anni ’70 stava avvenendo tra il Jazz e il Funk (41), da un lato, documentata non a caso per Wonder dalla relationship con Herbie Hancock, e la ballata in forma soul-R&B, più o meno ritmata, dall’altro, in quanto sono da considerare gli ingredienti fondanti dell’opera di Wonder, che gli hanno permesso di sfornare certi capolavori, come il successivo, assai variegato, “Songs in the Key of Life”, contenente un po’ tutte queste fonti di ispirazione caratteristiche proprio della “Black Music” del periodo. (Continua a leggere)
Alla seconda parte Alla quarta parte
Sei mesi dopo, nel 1972, Talking Book era già un nuovo progetto discografico pronto per la pubblicazione. La foto di copertina è di un Wonder riflessivo, seduto su una collina arida. Una foto toccante scattata da Robert Margoulef. Talking Book è infatti un album più rifinito e riflessivo rispetto a Music of My Mind. (Continua a leggere)
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Nel 1968 Wonder si diploma con lode presso la Michigan School For The Blind e ciò gli permette di spendere più tempo per sviluppare la sua musica. Ted Hull suo tutor personale per gli ultimi 5 anni, rimase con lui per un altro anno fino all’età di 19 anni. All’inizio del mese di aprile, una triste notizia scuote la nazione, notizia che interesserà Wonder negli anni a venire, relativamente al suo impegno sociale: la morte di Martin Luther King, leader dei diritti civili degli afro-americani, assassinato a Memphis, nel Tennessee, mentre si preparava a condurre una marcia di lavoratori che protestavano contro l’iniquo trattamento dai loro datori di lavoro. (Continua a leggere)
Ho deciso di pubblicare per gli amici di Free Fall Jazz una nuova versione ampliata di questo articolo multimediale che era comparso alcuni mesi fa sul portale Tracce di Jazz per cui collaboravo, dopo che mi sono reso conto, approfondendo la materia, della complessità dell’argomento Stevie Wonder in rapporto all’affascinante e articolato mondo della Black Music, di cui il jazz ne fa pienamente parte. Un mondo ancora poco esplorato in ambito di musicologia e critica jazzistica, forse perché ritenuto erroneamente subordinato al percorso evolutivo del jazz. (Continua a leggere)
L’opera del DJ Amir Abdullah è encomiabile: da vero appassionato si è assicurato i diritti sul catalogo della Strata Records, label di culto fondata negli anni ’70 a Detroit da Kenny Cox e durata solo una manciata dischi, riesumando il marchio e ristampandone il materiale. Materiale su cui peraltro si è fantasticato per anni: molti dischi pubblicizzati come “in uscita” sul retro di quelle copertine in realtà poi non hanno fatto in tempo ad arrivare nei negozi, e il bello è che Abdullah, grazie alla disponibilissima vedova di Cox, è in possesso anche dei master inediti, che pure saranno oggetto di riesumazione.
Primo tra di essi è ‘Mirror Mirror’ dell’altosassofonista Sam Sanders, uno che a livello locale era una piccola istituzione, con migliaia di concerti macinati sui palchi della “motor city”, esperienze al fianco di leggende come Sonny Stitt, Rashaan Roland Kirk e Milt Jackson, ma anche session man con Stevie Wonder. (Continua a leggere)