FREE FALL JAZZ

Alla prima parte    Alla terza parte

Nel 1968 Wonder si diploma con lode presso la Michigan School For The Blind e ciò gli permette di spendere più tempo per sviluppare la sua musica. Ted Hull suo tutor personale per gli ultimi 5 anni, rimase con lui per un altro anno fino all’età di 19 anni. All’inizio del mese di aprile, una triste notizia scuote la nazione, notizia che interesserà Wonder negli anni a venire, relativamente al suo impegno sociale: la morte di Martin Luther King, leader dei diritti civili degli afro-americani, assassinato a Memphis, nel Tennessee, mentre si preparava a condurre una marcia di lavoratori che protestavano contro l’iniquo trattamento dai loro datori di lavoro. Motown sentiva che era giunto il momento di proporre un album sul genere “Greatest Hits”. Berry Gordy suggerì in particolare di registrare una versione strumentale della canzone di Bacharach/David, “Alfie”, che era stata un hit di grande successo per Dionne Warwick nel 1967. Il progetto, ripreso da Henry Cosby come produttore, alla fine si trasformò in un nuovo prodotto discografico, intitolato Eivets Rednow…Alfie. Per evitare confusione con il lavoro in stile Pop-Soul che si stava producendo, si decise di pubblicare l’album con un altro nome, cioè il suo scritto al contrario, e su un’etichetta discografica diversa, la Gordy Records. Questo album, si compone per lo più di brani strumentali, caratterizzati da suoi assoli di armonica, e mette in rilievo il tratto più melodico di Wonder. Sul disco è stata inserita, “The House Is Not a Home”, un’altra notissima canzone di Bacharach (11), più quattro canzoni scritte da Wonder, che suona la maggior parte degli strumenti, tra cui pianoforte, batteria, tastiere varie e tutte le percussioni, oltre all’armonica. L’album non è mai veramente decollato, molto probabilmente a causa del nome dell’artista sconosciuto e mancanza di convinzione da parte di Motown e costituisce un lavoro tutto sommato minore della sua discografia.
Più tardi quell’anno, Wonder ha modo di ascoltare il brano For Once In My Life. Non sapendo che si trattasse di una canzone di proprietà della Jobete Music Company, propose alla Motown di farne una cover.  Il singolo pubblicato presenta un notevole assolo di armonica e raggiunse la posizione n° 2 negli U.S.A. e la n° 3 in U.K. L’album documenta una generale crescita musicale ed interpretativa di Wonder, esplicata in brani come “Sunny” e “God Bless The Child” legati anche al repertorio jazz e “Ain’t No Lovin’”, ma dovuta anche ad una crescita sul piano compositivo, con brani come “You Met Your Match”, “Shoo-Be-Doo-Be-Doo-Da-Day” e “I Don’t Know Why I Love You “, di cui esistono alcune interessanti versioni (12). Con questo LP la produzione di ballads inizia ad assumere una certa rilevanza nel suo repertorio, come testimonieranno soprattutto gli anni Settanta e Ottanta. Da notare, come in diversi brani Wonder cominci ad accompagnarsi con tastiere elettriche del genere che caratterizzerà il sound delle sue opere degli anni ’70.

My Cherie Amour la title track dell’album successivo, è un brano splendido, cantato magnificamente da Wonder ed è forse il suo primo brano a diventare presto uno standard, frequentato da molti jazzisti. Esistono infatti diverse brillanti versioni jazz di Rahasan Roland Kirk, Charles Mc Pherson, Joe Henderson e la recente del SF Jazz Collective, tra gli altri (13). R. Roland Kirk, fu uno tra i primi a utilizzare sue composizioni e, proprio in occasione della versione live di questo pezzo del 1968, rendendogli omaggio, annunciò: “We’d like to play a black African prince tune for you … written by a beautiful, black, blind, crazy brother, Afro-American prince.” Kirk consapevolmente aveva messo Wonder entro una ristretta élite di musicisti neri e ciechi come lui, insieme ad Art Tatum e Ray Charles, che hanno dato un grande contributo al jazz. Wonder in realtà aveva scritto la canzone ben due anni prima e non era stata ancora pubblicata anche per il motivo che la considerava troppo personale, scritta a sedici anni quando aveva rotto il suo fidanzamento. “Mi ci sono voluti 30 minuti per scriverla”, affermò, “e fu inizialmente intitolata My Marsha, ma Sylvia Moy ne modificò il titolo”. La canzone non era giudicata conforme agli standard Motown e quindi vi erano perplessità per la pubblicazione. I discografici escogitarono allora lo stratagemma di pubblicarla come lato B di un 45 giri, una mossa che ebbe successo, portando il disco al n° 4 in entrambe le classifiche USA e del Regno Unito. Di conseguenza, un LP venne frettolosamente compilato e rilasciato nel mese di agosto 1969. L’album contiene molte canzoni note, come “Light My Fire” dei Doors, “The Shadow of Your Smile” e “Hello Young Lovers”, interpretate con perizia da Wonder, abbinandole con quattro sue nuove composizioni. La notorietà di Wonder nel frattempo cresceva, tanto che alla fine dell’anno venne invitato alla Casa Bianca dal presidente Nixon per ricevere il Distinguished Service Award. Negli ultimi anni, pur lavorando su canzoni per se stesso, aveva scritto anche per molti altri artisti Motown (14), tra cui Smokey Robinson e i Miracles (15), Marvin Gaye (16), The Contours (17) e i Four Tops (18).

Tuttavia Wonder cominciava a provare disagio per la politica discografica della Motown che lo considerava una sorta di macchina da produzione di hit discografici, lasciandogli poco spazio per sviluppare il suo stile e la sua crescita artistica. Episodi come la deroga per la pubblicazione di My Cherie Amour cominciavano a lanciare segnali sul fatto che la Motown dovesse lasciar maggiore libertà ad un artista di così grande talento e ormai di successo consolidato. La produzione discografica nei due anni seguenti perciò passa in mano a lui stesso e si cominciano ad intravvedere i segni di una progettualità discografica più personale, che porterà presto Wonder a sfornare i suoi maggiori capolavori. Signed, Sealed And Delivered (19), del 1970 è frutto della collaborazione di Wonder con la cantante Syreeta Wright (20), che diventerà sua moglie poco tempo dopo. Ciò che rende questo album gratificante è che si sente che è concepito organicamente e con più lavoro di squadra di LP precedenti. Piuttosto che avere solo una canzone pop dopo l’altra, c’è molto di più, sia in termini strutturali, stilistici, che emozionali. L’album presenta una unità soddisfacente senza sacrificare la varietà.  Infine, più di ogni cosa, Wonder comincia a sperimentare strutture compositive che abbandonano gli usuali standard per il Pop. Vengono cioè inserite frasi di irregolare lunghezza, ritmi incrociati, melodie a ritmo libero e cambi di accordo e modulazioni imprevedibili, oltre all’uso innovativo di strumentazione elettronica, che costituirà presto un marchio di fabbrica, anticipando, tra gli altri, la stagione del Funk. Tutto questo derivava anche dalle influenze che Wonder aveva assorbito nel decennio precedente da autori coevi, come Lennon/ McCartney, Holland-Dozier-Holland, Bob Dylan, Brian Wilson, Paul Simon, Burt Bacharach, iniziando cioè a progettare dei veri e propri concept album, abilità nella quale eccellerà a breve. Tra le composizioni si distinguono, oltre al gioioso brano soul che dà il titolo al disco, “Heaven Help Us All” (il tema del Paradiso ricorre spesso nella sua discografia) e “Something to Say”. Nello stesso periodo, Wonder firma altri due brani di successo: “It’s A Shame”, per gli Spinners (21) e “Tears Of Clown”, per i Miracles (22).

Nel 1971, pronto a celebrare il suo 21° compleanno, l’ormai ex Little Stevie poteva guardarsi alle spalle per una carriera che già poteva far invidia a molti altri importanti artisti. Invece di sedersi e adagiarsi sugli allori, Wonder stava guardando avanti, pronto a stordire il mondo con quello che doveva ancora venire. Proprio nel giorno del suo compleanno, giunse a scadenza il contratto con la Motown e le royalties depositate nel suo fondo fiduciario divenivano automaticamente di sua esclusiva proprietà. Motown organizzò una festa in suo onore per la raggiunta maggiore età. Tuttavia la mattina successiva Berry Gordy fu sorpreso di ricevere la lettera dall’ avvocato di Wonder che, non perdendo tempo, richiedeva alla Motown la completa riscossione del dovuto per il suo assistito. Un mese dopo esce Where I’m Coming From, ultimo album sotto contratto Motown e primo album interamente composto e supervisionato da Wonder, attorniato da session man di rango e co-scritto assieme alla moglie Syreeta, autrice dei testi. Un modo indiretto per comunicare ai dirigenti Motown ciò che non volevano sentire. Il successo commerciale non è straordinario, ma il disco, non a caso, focalizza già chiaramente uno stile compositivo ed esecutivo che si rivelerà negli anni successivi ispirato e prolifico come pochi altri, in un modo paragonabile forse solo al periodo di Duke Ellington di inizio anni ’40. L’album contiene delle autentiche perle, che rivelano uno stile compositivo assai più sofisticato rispetto ai lavori precedenti anche sul piano strutturale, oltre che tematico. Insomma, per parafrasare un noto refrain del cantautorato nazionale: “non sono solo canzonette”, come in molti si è pregiudizialmente e superficialmente pensato per troppo tempo in ambito jazzofilo. Ne è un chiaro esempio “If You Really Love Me”, che ha una struttura piuttosto complessa per una canzone pop, del seguente tipo:

[intro strumentale di ottoni da 8 bars/(AB)C/(AB)C/AB(per sole due bars)/A ad lib, a sfumare]

Dove il tema principale, (AB), è composto dalla sezione A di 8 bars in 4/4 a tempo medium fast, B di 4 bars, seguito dalla sorprendente sezione C a tempo dimezzato di 8 bars, sempre in 4/4, che di fatto è un nuovo tema e fa da ponte verso il successivo (AB). Struttura assai brillante e che certo rivela uno stile compositivo niente affatto banale, al di là della bellezza melodica e ritmica complessiva del brano. Ci sono jazzisti puri che nella loro carriera non hanno composto nulla del genere, tanto per intenderci.
Ma il brano non è il solo ad eccellere nell’album. “Take Of Me As Your Soldier” una notevole love-ballad di struttura più standard per una canzone, la struggente “Never Dreamed Your Leave in Summer” e “Look Around”, dall’andamento melodico molto originale.

Ora che Wonder aveva la capacità di creare senza le limitazioni di Motown e sostenuto da una considerevole sicurezza finanziaria, poteva dedicarsi alla attività musicale e discografica pienamente e in prima persona. Questo periodo della sua vita si rivela conseguentemente di grande creatività, esplorando nuove direzioni musicali, apparentemente illimitate. Ciò implicava la necessità di trasferirsi a New York City, vero centro di progresso e innovazione in tutti i settori produttivi, compresi quelle culturali e musicali. Un luogo ormai brulicante di studi di registrazione all’avanguardia, con le più recenti novità tecnologiche. Vivendo temporaneamente in albergo, Wonder trascorre la maggior parte del tempo in studio in attività febbrile. E’ in quel periodo che incontra Robert Margoulef e Malcolm Cecil, entrambi ingegneri del suono e compositori. Avevano da poco pubblicato un album in cui usavano i sintetizzatori ARP e Moog per creare una notevole varietà di suoni. Il sintetizzatore gli permise di fare un sacco di cose nuove, aggiungendo una nuova dimensione timbrica alla sua musica (emblematico in questo senso il brano di apertura “Love Having You Around” ), senza in alcun modo sacrificarne il contenuto emotivo. L’ARP e il Moog gli offrivano le possibilità che ricercava, permettendogli così di produrre il suo rivoluzionario album: Music Of My Mind. Wonder utilizzò grandi risorse finanziarie in tre studi di sua esclusiva proprietà a New York e Los Angeles (Electric Lady e Media Sound di New York, e Crystal Industries di Los Angeles). Nel nuovo progetto, suona pianoforte, batteria, organo, armonica, clavicordo, Clavinet e, naturalmente, i sintetizzatori. L’album risultò davvero innovativo rispetto a qualsiasi altra cosa avesse fatto sino ad allora e forse proprio per questo non ottenne il riconoscimento immediato che meritava, ma che lascerà il segno nella musica degli anni successivi, specie in ambito Funk. Più di tutti gli altri lavori, Music Of My Mind emana la vera personalità di Stevie Wonder, la sua energia grezza e l’emozione traboccante. Senza alcuna eccezione, i brani del disco sono degni di nota (tra cui “I Love Every Little Thing About You”, “Happier Than the Morning Sun”, e “Evil”) ma “Superwoman” (23) spicca davvero come un autentico capolavoro compositivo e interpretativo che merita un approfondimento per la sua particolare struttura formale. Si tratta di una sostanziale composizione bitematica o, per meglio dire, “bicanzone”, con i temi collegati tra loro da un interludio, il tutto completato da una introduzione e una parte finale ad libitum, comprensiva di assolo di chitarra. Il primo tema, o canzone, è complessivamente di 80 bars con due sezioni, A e B, da 8 bars, del tipo AABBAABBBB. Segue un interludio di collegamento di 16 bars e quindi una seconda canzone completa, melodicamente davvero strepitosa e cantata in modo superbo, di classica struttura AABA 32 bars (che indico sotto come CCDC, per non confondersi con il primo tema), quindi un finale libero del tipo C*DC con C* comprendente un assolo di chitarra e poi una ripetizione ad libitum di C. In sintesi la struttura potrebbe essere così riassunta:

[intro/(AABBAABBBB)/interludio con rallentamento di tempo/(CCDC)/C*DC ad lib]

con  AABBAABBBB = 1° canzone, CCDC = 2° canzone

Una forma a più temi dunque, di una certa lunghezza e complessità, che ricorda uno stile compositivo e uno sviluppo multitematico che potrebbe ad esempio riferirsi a livello concettuale a certi lavori a largo respiro di Duke Ellington. Non a caso il brano gode di diverse versioni jazz (come questa cantata da Carmen Mc Rae), utilizzando per lo più solo il secondo tema, di struttura classica per gli standards usualmente eseguiti in ambito jazzistico.
L’album è una pietra miliare nell’evoluzione di un grande talento. Un uomo che mantiene la sua promessa e che nella maturità brilla di quella stessa luce amorevole e lucente che aveva attirato le persone presso di sé per un decennio. Nata una stella, non ha mai lasciato oscurare la sua abilità tecnica e artistica grazie alla sua profonda umiltà.
Con questo straordinario nuovo materiale, Wonder torna a parlare di affari con la Motown. Lui e il suo avvocato, Johannan Vigoda, tornano a negoziare con la casa discografica un nuovo contratto. Il risultato finale è lungo 120 pagine e assolutamente senza precedenti, in quanto Wonder ottiene il diritto di produrre e registrare la sua musica praticamente in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento e in qualsiasi modo voglia, avendo il controllo artistico completo. Inoltre entra in possesso anche dei propri diritti di pubblicazione, qualcosa che nessun altro artista Motown aveva mai potuto fare e un aumento delle percentuali sulle royalties. (continua…)
(Riccardo Facchi)

Note:

(11) La figura musicale di Burt Bacharach, uno dei più importanti e geniali songwriters americani del secolo scorso, con il suo splendido book di composizioni, ha rappresentato per la comunità musicale africano-americana, specie negli anni di Wonder e non solo per Wonder, una delle fonti ispiratrici più importanti a disposizione dei grandi interpreti del periodo, che ne hanno nobilitato e immortalato il geniale lavoro. Ciò non solo per il noto connubio con la cantante Dionne Warwick e per alcune memorabili versioni di Aretha Franklin, che portarono al successo molte delle sue canzoni, ma anche per il fatto che il suo book, costituito da diverse innovative ballate ritmate, ha permesso ai massimi interpreti maschili della musica popolare afro-americana di quegli anni, come Isaac Hayes, Luther Vandross e, appunto, Stevie Wonder, tra gli altri, di sviluppare un nuovo approccio interpretativo vocale molto virile e a tratti persino “erotico”. Tratto che peraltro è stato condiviso anche da diversi tenorsassofonisti jazz del periodo che si caratterizzavano per una sonorità corposa e densa di umori blues e soul come, solo ad esempio, Stanley Turrentine, uno dei suoi migliori interpreti. Peraltro, una pletora di jazzisti, cantanti e strumentisti di vario genere, ha attinto alle migliori pagine del suo book: What The World Needs Now Is Love, Alfie, I Say A Little Prayer, A House Is Not A Home, The Look Of Love, Wives And Lovers, Walk On By, Close to You, tra i brani più frequentati. Le canzoni di Bacharach infatti si caratterizzano, oltre che per le splendide melodie, per la presenza di progressioni di accordi insolite, influenzato come era dal suo background jazzistico, con sorprendenti ritmi sincopati, fraseggi irregolari, frequenti modulazioni, cambi di metro, etc., tutte peculiarità che si adattano particolarmente alla concezione musicale della tradizione musicale africano-americana. Note biografiche in http://en.wikipedia.org/wiki/Burt_Bacharach;

(12) The Jackson 5The Brand New Heavies;

(13) Dizzy Gillespie; Ray Bryant; Woody Herman; Ramsey Lewis; George Benson; Cedar Walton; Cal Tjader with Charlie Byrd; Billy Eckstine; Earl Van Dyke; Quincy Jones; Gary McFarland; Marian McPartland e Stanley Turrentine; Dave McKenna;

(14) Baby Doll e Honey Babe per The Supremes,  Prayed For A Boy (Like You) e I Don’t Want Nobody’s Gonna Make Me Cry per Brenda Holloway, Anything You Wanna Do per Marvelettes, Nobody’ll Care e I’m In Love (And I Know It) per Martha Reeves & The Vandellas, All I Do Is Think About You per Tammi Terrell, Let’s Talk It Over per Marv Johnson, Everybody Needs Somebody (I Need You) per JJ Barnes, Angel Doll e What Am I Gonna Do Without You per The Temptations, This Town per Rotary Connection;

(15) Brani come Can You Love A Poor Boy, After You Put Back The Pieces (I’ll Still Have A Broken Heart), e My Love Is Your Love. Note biografiche su Smokey Robinson al link http://it.wikipedia.org/wiki/Smokey_Robinson;

(16) Brani come You Are The One For Me, Without Your Sweet Lovin’, Try My True Love. Gaye è figura centrale nell’ambito della musica popolare afro-americana e che ha aperto la strada a molti musicisti neri nel rapporto con le case discografiche. Oltre ad essere stato uno dei più rappresentativi artisti della musica popolare afro-americana, è infatti noto anche per i suoi attriti con la Motown, che tendeva a racchiudere in categorie ben distinte cantanti, autori e produttori, imbrigliando così la creatività degli artisti che potevano solo cantare e non scrivere testi per sé stessi o autoprodursi. Gaye si impose però con forza nel 1971 con l’album “What’s Going On”. Tale album provò che si potevano rompere gli schemi: Gaye, che all’inizio degli anni sessanta era stato autore di alcuni testi per giovani artisti della Motown, dimostrò di poter scrivere e produrre i propri testi e la propria musica senza la necessità di passare attraverso il sistema discografico. Questi risultati avrebbero poi spianato la strada ad artisti della musica afro-americana come lo stesso Stevie Wonder. – note biografiche su Marvin Gaye al link http://it.wikipedia.org/wiki/Marvin_Gaye;

(17) Just A Little Misunderstanding, http://it.wikipedia.org/wiki/The_Contours;

(18) Loving You Is Sweeter Than Ever, e What Else Is There To Do, http://it.wikipedia.org/wiki/Four_Tops;

(19) Ci sono versioni di King Curtis; Aretha Franklin; Kevin Mahogany a cappella e Jamiroquai;

(20) Per Syreeta, Wonder compose diverse canzoni tra cui Black Maybe, Keep Him Like He Is, How Many Days, Baby Don’t You Let Me Lose This, To Know You Is To Love You, nel suo primo album omonimo nel 1972 e I’m Goin Left, Spinnin’ And Spinnin’, Your Kiss Is Sweet, Come And Get This Stuff, Heavy Day, Cause We’ve Ended As Lovers, Just A Little Piece Of You, Waitin’ For The Postman, When Your Daddy’s Not Around, I Wanna Be By Your Side, Universal Sound Of The World, tutte contenute nell’album “Stevie Wonder presents Syreeta” del 1974. Syreeta è rimasta a lungo in buoni rapporti professionali anche dopo il divorzio dal marito, partecipando a diversi suoi progetti discografici sia in qualità di scrittrice di testi che di cantante- http://en.wikipedia.org/wiki/Syreeta_Wright;

(21) Oltre a We’ll Have It Made l’anno successivo;

(22) Oltre a It’s Christmas Time e I Can Tell When Christmas Is Near e We Had A Love So Strong e It Will Be Alright composte insieme alla moglie Syreeta Wright nel 1972;

(23) Versioni di Donny Hathaway; Lionel Hampton; Quincy Jones; Ramsey Lewis; Phil Woods; George Duke; Eliane Elias;

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