FREE FALL JAZZ

Si dice spesso che il terzo album sia quello della conferma. Sulla base di cosa, in realtà, non è dato saperlo, tuttavia ‘Iuvenes Doom Sumus’ di Piero Bittolo Bon conferma davvero i pregi esibiti finora dal vulcanico musicista veneziano, in un logico processo di affinamento e progressione – a partire dalla nuova copertina firmata dal sempre esimio Dottor Pira. Troviamo un interessante tappeto armonico dato dall’inusuale combinazione di vibrafono e chitarra a dodici corde, un robustissimo tandem basso-batteria che spesso e volentieri macina groove rock e funk, un sousafono impegnato a rinforzare ritmicamente il reparto basso come pure in sortite “out” verso le frontiere più alte del proprio registro, il sax tagliente del leader e il trombone. Ne esce un sound di gruppo potente e metallico, in buon equilibrio fra scrittura contrappuntistica e improvvisazione, con assolo che seguono linee imprevedibili e caratterizzate da uno spiccato gusto per il beffardo e il grottesco – ogni strumento lavora nella sua area incastrandosi alla perfezione con gli altri in una serie di strati attentamente sfalsati. Steve Coleman, Steve Lehman, Henry Threadgill (in particolare quello degli Zooid elettrici di ‘Everybody’s Mouth’s A Book’) e pure lo Zappa anni ’70 convivono allegramente in dieci brani, più spesso e volentieri accesi, a tratti tranquilli ed evocativi. In tre di essi, le ‘Self Referential Venetian Tune’, lo stesso tema viene elaborato con atmosfere e combinazioni strumentali differenti, in maniera non dissimile da quella di Zappa coi ricorrenti temi di ‘King Kong’ o ‘Prunes’.

E’ davvero apprezzabile come un disco del genere riesca a suonare, in fin dei conti, accessibile. Partendo da presupposti molto simili si rischia spesso di cadere nel baratro dell’astrusità fine a sé stessa. Piero Bittolo Bon e i suoi invece non fanno questo sbaglio e ci consegnano un’altra prova di musica evoluta ed interessante, ma anche concreta e di notevole impatto.
(Negrodeath)

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