FREE FALL JAZZ

cornetta e telefono a disco's Articles

Il nostro Maurizio Zorzi ve l’aveva già raccontato con parole e immagini, alla musica invece ci pensa, una volta di più, la sempre ottima Radio 3. Martedì sera (12 Marzo) andrà infatti in onda alle 20:30 la registrazione del concerto di Pharoah & The Underground che ha chiuso il festival di Saalfelden lo scorso 26 Agosto: occasione imperdibile per chi non ha potuto esserci.

Il tutto, come sempre, ascoltabile in FM, in streaming o tramite decoder digitale terrestre. (Continua a leggere)

Il primo lutto del 2013 è di quelli inaspettati. A soli 65 anni, ma dopo – scopro adesso – lunga malattia, se ne va Butch Morris, cornettista, ma, soprattutto, l’uomo della “conducted improvisation” (battezzata infine “conduction”).

Per parlare a fondo dell’idea che lo ha reso famoso sarebbe necessario un intero articolo a parte, ma a grandi linee funzionava così: di fronte a un ensemble di musicisti, Morris, proprio come un direttore d’orchestra, ma senza alcuno spartito, ne dirigeva l’assoluta improvvisazione. Dava il là indicando un tempo, dopodiché lasciava gli strumentisti liberi di creare in quel contesto e man mano, grazie a una serie di segni convenzionali, gli indicava la strada da seguire: ripetere una parte, ricordare una melodia da riproporre più avanti, aumentare o abbassare l’intensità e via così.

Le improvvisazioni traevano linfa non solo dal jazz, ma anche dalla musica classica e da quella moderna: in più occasioni si è ritrovato a condurre orchestre classiche, ma anche collettivi con DJ dediti allo scratching o suoni elettronici in generale. Tra i musicisti passati “sotto la sua bacchetta”, si contano John Zorn e il sottovalutato Frank Lowe (altro nome su cui prima o poi toccherà tornare).

All’ecatombe di veterani del 2012 ci tocca aggiungere purtroppo Ted Curson, eclettico trombettista il cui lascito più noto è nei dischi incisi con Charles Mingus negli anni ’60 (‘Pre-Bird’, ‘Mingus At Antibes’, ‘Charles Mingus Presents Charles Mingus’). Negli anni ha mantenuto un basso profilo, incidendo una ventina scarsa di dischi a suo nome in una carriera di cinquant’anni, sempre all’insegna di un linguaggio post-bop evoluto, a volte più classico, a volte più free. (Continua a leggere)

Le date. Maledette date: una croce ben nota a qualunque appassionato di jazz che abbia mai provato a catalogare i propri dischi. Quale tenere in considerazione? Quella d’incisione o quella di pubblicazione, tante volte postuma? O magari quella di ristampa? È un dilemma che coinvolge direttamente il ripescaggio di oggi: ‘Blue Autumn’ infatti, pur pubblicato in CD dalla Evidence (con la copertina che vedete qui a lato) solo nel tardo ’92, raccoglie in realtà incisioni di quasi dieci anni prima, realizzate nel corso di una serata del 1983 al Keystone Korner di San Francisco (la quale frutterà anche un altro disco, il più noto ‘On The Move’); per di più era stato già stampato una prima volta (in vinile) dalla Theresa nel 1986, con copertina in bianco e nero. Un mezzo manicomio, vero? Però non dovrebbe distoglierci troppo dalla musica, che in fondo è ciò che conta.

La carriera di Nat Adderley (scomparso ormai quasi 13 anni  orsono), per inciso, è un po’ controversa: la sua figura spesso è stata oscurata dall’enorme ombra di suo fratello Cannonball, tuttavia alcuni tra i grandi cavalli di battaglia di quest’ultimo sono usciti proprio dalla penna di Nat (pensate a ‘Work Song’ o ‘Jive Samba’), e già questo basterebbe a ritagliargli un posto nella storia del jazz che non brilli di luce riflessa. (Continua a leggere)

Dopo il non esaltante, almeno per il sottoscritto, ‘Age Of Energy’ in duo con Chad Taylor (Chicago Underground Duo), nuova uscita per Rob Mazurek. Passate le stupende orge musicali del Sao Paulo Underground, sia su disco che dal vivo, questo è un disco fortemente jazz… E che disco! Uno dei più sorprendenti finora realizzati dal possente Rob, che farà felici quelli che lo hanno seguito e apprezzato negli ultimi decenni. Il solido quartetto messo assieme, Angelica Sanchez al piano, Matt Lux al basso e John Herdon alla batteria, oltre al leader alla cornetta,  sviluppa una musica fresca, che non cade mai nelle ovvietà di fraseggi jazz familiari. Anche nell’intro del brano iniziale, ‘Primitive Jupiter’, da una citazione pianistica stile Blue Note (rimando agli esordi di Rob?) si passa immediatamente allo sviluppo dell’estetica musicale di Mazurek, sostenuta dalla poliritmia di Herdon e dal pianismo della Sanchez. Si spazia da sonorità più free a quelle più intimistiche e sensibili nel giro di pochi attimi: non c’è tempo per rilassarsi, questa è una musica che richiede notevole impegno all’ascolto. (Continua a leggere)

Fa troppo caldo per uscire e non vi passa neanche per la testa di scollare il fondoschiena dalla sedia strategicamente piazzata davanti al ventilatore? Nessun problema, Free Fall Jazz pensa anche a voi. Anzichè perdere tempo con zapping senza meta o clic ossessivi per scoprire le ultime di Alfonso Luigi Marra su un certo film, godetevi questo post. Settanta minuti di quello che è con ogni probabilità il miglior sestetto mai guidato dal grande Cannonball Adderley: suo fratello Nat alla cornetta, Yusuf Lateef al tenore, Joe Zawinul al piano, Sam Jones al basso e Louis Hayes alla batteria. Oltre, ovviamente, all’inconfondibile contralto del leader. La formazione ha regalato una manciata di validissimi live album nei primi anni ’60 (‘Jazz Workshop Revisited’ e ‘The Cannonball Adderley Sextet In New York’ i più noti, sebbene meritevoli anche quelli “minori” tratti dai concerti del tour giapponese), ma in questo caso è possibile “completare l’esperienza” e vederla anche all’opera oltre che ascoltarla.

Il video parla di concerto in Germania nel Marzo del ’63, le immagini però dovrebbero essere state in realtà registrate durante una data di Lugano nel medesimo periodo.

La scaletta parla da sé: Jessica’s Birthday / Angel Eyes / Jive Samba / Bohemia After Dark / Dizzy’s Business / Trouble In Mind / Work Song / Unit 7

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Un certo tipo di revival “copione” è più in voga nel rock che nel jazz. Per le etichette è un modo di “mungere la vacca” piuttosto collaudato: ciclicamente, per un motivo o per l’altro, torna in auge qualche sottogenere nato e sviluppatosi anni prima e all’improvviso iniziano a spuntare come funghi gruppetti di imberbi ragazzini che offrono un surrogato preconfezionato (che riproduce non solo la musica ma anche il look) di chi quelle cose le ha suonate prima ancora che loro nascessero. Nel jazz invece la storia è diversa: le sonorità “datate” in un modo o nell’altro restano la linfa della musica nuova e in proporzione i casi di “copia in malafede” sono certamente minori. Senza addentrarci ulteriormente, il punto di questo pistolotto è arrivare a parlare di Michael Arenella, un jazzista che ha scelto un tipo “riciclaggio” ben più radicale. Semplificando brutalmente: è come se Jason Moran decidesse di farsi anestetizzare dal dentista col gas esilarante solo perché ai tempi di Thelonious Monk si usava così. Per dirne una, Arenella afferma di trascrivere le partiture usando pennino e boccetta d’inchiostro. Espediente per farsi notare? Può essere. Però si tratta di una storia così surreale da meritare un attimo di attenzione. Sfruttiamo un articolo apparso oggi sul New York Times (sorta di marchettone non troppo occulto per una serie di punti vendita) per aiutarvi a inquadrare il personaggio in questione. La versione originale è disponibile qui.

Michael Arenella è a un mercatino delle pulci di Lambertville, New Jersey; la sua testa, coperta da una fedora, punta un grammofono. Lo mette in moto, solleva il braccio meccanico e posa la puntina su un 78 giri. Dalla vecchia scatola di legno si diffonde una voce che sa di passato: Arthur Fields che canta ‘In My Tippy Canoe’ nel 1921. Il signor Arenella resta silenzioso, mani in tasca, assorbendo ognuna delle gracchianti note. (Continua a leggere)


L’appuntamento con i concerti della sempre ottima Radio 3 per questa settimana è spostato a mercoledì 11 Gennaio: alle 20:30 sarà possibile ascoltare il concerto della Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek  registrato lo scorso 4 Settembre al festival di Sant’Anna Arresi in Sardegna.

Non ci sarà Greg Ward, che pure bazzicava quel giro, ma la formazione è sempre composita e meritevole: Nicole Mitchell (flauto), Matt Bauder (ance), Jeb Bishop (trombone), Carrie Biolo (vibrafono), Jeff Kowalkowski (piano), Matthew Lux (basso), John Herndon (batteria), Damon Locks (voce), Angelica Sanchez-Malaby (Piano). Oltre, ovviamente, alla cornetta del capoccia Mazurek, per un po’ di jazz dal sapore cosmico e fricchettone (nell’accezione migliore del termine).

Come sempre, il tutto sarà ascoltabile in AM/FM, tramite decoder digitale terrestre o in streaming sul sito di Radio 3.

Concludiamo con un tubo, tanto per gradire.
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Venerdì 21 ottobre (domani sera, in effetti) la sempre ottima Radio 3 trasmetterà in diretta dal Jazz And Wine Of Peace Festival di Cormòns (Gorizia) l’esibizione di Rob Mazurek, eccellente “sperimentatore” di Chicago con l’hard bop nel cuore. Oltre alla cornetta di Mazurek, per l’occasione il quartetto vedrà impegnati Jason Adasiewicz al vibrafono, John Herndon alla batteria e l’ospite Nicole Mitchell al flauto. (Continua a leggere)