FREE FALL JAZZ

Archive for " maggio, 2013 "

Sono passati giusto due mesi e poco più dalla nostra recensione di ‘The Matador And The Bull’, ultimo cd di JD Allen col suo lodato trio, che il sassofonista torna sul mercato con un nuovo album, stavolta registrato con un quartetto tutto nuovo. Band nuova, musica nuova, o qualcosa del genere, perché se si esclude una certa predilezione per brani mai particolarmente lunghi (dai tre ai sei minuti, cinque di media), ‘Grace’ ha ben poco a che spartire con i precedenti lavori. Dezron Douglas (contrabbasso), Jonathan Barber (batteria) ed Eldar Djangirov (piano) sono i nuovi compagni di JD, che organizza l’album come una storia in due atti di cinque e sei brani. Il sound del gruppo è molto arioso, con ampio spazio per il basso che gioca di sponda, defilato e trasversale, mentre la batteria lavora molto sui piatti e si scompone, a sua volta, in un ingranaggio poliritmico; notiamo infatti come gli strumenti volino gli uni sugli altri seguendo spesso metri differenti, ma senza mai perdere di vista un groove centrale che imprima moto alla musica. Il tutto, nota bene, senza virtuosismo acrobatico né caos. (Continua a leggere)

Abbiamo parlato di recente di questo ottimo gruppo con la recensione del loro splendido esordio, ora ve li presentiamo dal vivo nel concerto di presentazione a New York. La formazione è al gran completo, incluso Christian Scott. Chissà se verranno pure in Italia, prima o poi, in un cantuccino stretto fra rilevanti espressioni jazzistiche da prima pagina quali Caro Emerald e Renzo Arbore.


Uscirà il 28 Maggio ‘Magnetic’, il nuovo disco di Terence Blanchard. Sono della partita gli ormai fedeli Brice Winston (sax) e Kendrick Scott (batteria), il pianista Fabian Almazan (entrato nel quintetto nel precedente ‘Choices’) e il nuovissimo acquisto, il bassista Joshua Crumbly. In alcuni brani ci saranno ospiti come Ron Carter, Ravi Coltrane e Lionel Loueke (frequente collaboratore di Blanchard). Leggetevi queste informazioni durante l’ascolto della title track, messa a disposizone dalla Blue Note, e aspettatevi una recensione del disco da queste parti, prima o poi!

E in questa veste  (presidente di Umbria Jazz) andremo in giugno a presentare a New York il jazz italiano che è il migliore del mondo“. (Renzo Arbore)

Il resto, se proprio dovete, qui.

Si conclude anche per quest’anno l’esperienza con il Centro Candiani da parte dell’associazione culturale Caligola. Il primo dei tre concerti finali, il 19 Aprile, ha messo a confronto la chitarra di Maurizio Brunod con un pilastro del jazz moderno, il bassista Miroslav Vitous. Brunod, molto attivo in Piemonte assieme a Massimo Barbiero (gruppo Odwalla), è un chitarrista molto “classico”: non si avvale di molti fronzoli elettronici, che finiscono sempre per non far comprendere la bravura del musicista, e riesce con il partner, in questo caso Vitous, a creare un interplay molto interessante. Il concerto, che presentava il nuovo disco di Brunod ‘Duets’, si è dipanato in maniera molto “relaxin’”, facendo ancora una volta risaltare le grandi doti di Vitous all’arco (dove rimane un capostipite incontrastato). Da sottolineare un curiosa versione di ‘St. Thomas’ suonata con l’utilizzo dell’arco in un tempo lento ma efficacissima e il bis dedicato a Charlie Chaplin. Un buon concerto, anche se il disco, con la presenza di Achille Succi, Daniele di Bonaventura e altri, risulta molto più articolato.  (Continua a leggere)

Questo album è un po’ la summa di uno dei tanti “what if…” della storia del jazz, in particolare del “cosa avrebbe potuto fare X non fosse morto così presto”. Sonny Clark, pianista dallo stile bluesy e percussivo, figlio diretto di Bud Powell e Horace Silver, vantava pure notevoli qualità di arrangiatore e una solida esperienza di accompagnatore quando, nel 1957, potè finalmente esordire con il suo primo disco. Su Blue Note, per di più, casa discografica che avrebbe pure fatto di Sonny il suo house pianist, non fosse stato per i gravi problemi di tossicodipendenza. ‘Dial “S” For Sonny’ si inserisce autorevolmente nello scenario dell’hard bop, in quegli anni appena cominciato, in perfetto bilico fra il grintoso Miles Davis di ‘Walkin” e i contemporanei quintetti di Silver e Golson. La title track e ‘Bootin’ It’ ricalcano apertamente il modello del capolavoro di Davis del ’54: tre fiati nella frontline (Art Farmer, Curtis Fuller, Hank Mobley), un pezzo dal ritmo swingante a tempo medio seguito da un altro ad alta velocità, riff eccitanti e tanta immediatezza espressiva all’insegna del blues. (Continua a leggere)

Tutti conoscono la foto qui sopra, il celebre scatto del 1958 per Esquire Magazine coordinato dal fotografo Art Kane. Vi presero parte musicisti di diverse generazioni, come Art Blakey, Coleman Hawkins, Jo Jones, Maxine Sullivan, Roy Eldridge, Art Farmer etc etc (qui l’elenco completo). Nel 1994 uscì un documentario su questo celbre scatto, fatto di interviste ai musicisti e riprese effettuate in quello storico momento. Oggi lo possiamo trovare su YouTube, e quindi se non sapete cosa fare questa domenica di maggio… (Continua a leggere)

Autrice di due irresistibili album negli anni ’90 (il primo in compagnia del grande trombonista Fred Wesley, di scuola James Brown/George Clinton), la Greyboy Allstars nacque su input di (appunto) DJ Greyboy, un bravo ragazzo innamorato del funk e del soul che quando metteva i dischi nei locali della bay area faceva tremare le pareti a botte di bassi pulsanti. Una volta assemblata la formazione, egli produsse il primo album e si limitò a sporadiche collaborazioni negli episodi successivi (tra cui l’ottimo ritorno ‘What Happened To Television?’, arrivato nel 2007 dopo ben dieci anni di pausa), lasciando il gruppo libero di camminare sulle proprie gambe con un sound dal tiro micidiale, che si abbeverava  soprattutto a jazz funk e soul jazz. E da soli ancora oggi camminano benissimo, d’altronde si tratta di musicisti dalla comprovata esperienza: il sax di Karl Denson (che presta anche la voce, negli sporadici momenti cantati) tira la carretta, coadiuvato da altri ottimi figuri quali il chitarrista/cantante Michael Andrews (proprio quello dell’odiosa cover dei Tears For Fears nella colonna sonora di Donnie Darko. Qui però si “copre” con lo pseudonimo Elgin Park) e il tastierista Robert Walter (con una lista di referenze che va da Gary Bartz a Skerik dei Critters Buggin); completano la formazione il bassista Chris Stillwell e il nuovo batterista Aaron Redfield, che in realtà, a sentire certi ritmi quando pestano duro, sembrano suonare insieme da sempre. (Continua a leggere)

GEORGE GARZONE JAZZ WORKSHOP
per tutti gli strumenti
dal 27 giugno al 1° luglio 2013
dalle 16:00 alle 18:00
C.s.o.a. eXSnia, via Prenestina 173 Roma

“I’m not the Master of the sax, George Garzone is” – Michael Brecker (Continua a leggere)

Questo concerto documenta un’occasione davvero speciale: un concerto di Louis Armstrong di ritorno in patria dopo due trionfali tour di Africa ed Europa. Per festeggiare il successo di Satchmo, eccolo assieme alla New York Philarmonic diretta da Leonard Bernstein (uno dei direttori e musicisti più progressisti e addentro al jazz) in un imponente arrangiamento di ‘Saint Louis Blues’. Un commosso W.C. Handy, compositore del celebre brano, viene inquadrato in mezzo al pubblico.


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