FREE FALL JAZZ

Archive for " maggio, 2013 "

Che i tempi siano sempre più grami per l’industria discografica è qualcosa di risaputo. Una crisi che molti, anche notissimi, hanno ultimamente provato ad aggirare grazie al crowdfunding, sistema che ormai avrete imparato a conoscere: i fan versano delle quote in denaro per coprire le spese di produzione del progetto, ricevendo in cambio una serie di bonus (di solito direttamente proporzionali alla donazione effettuata).

Shepp, tramite la sua etichetta Archieland, ha deciso di produrre un disco e un DVD per celebrare il quarantennale del suo famosissimo ‘Attica Blues’, seminale album con cui nel 1973 prendeva una posizione netta nell’ambito delle lotte per i diritti civili. Il piano è di registrare due concerti in Francia tra meno di un mese, il 14 e il 17 Giugno, che lo vedranno alla guida di una big band composta da musicisti americani (pochi) e transalpini (tanti). (Continua a leggere)

Il necrologio del New York Times lo definisce dynamic jazz pianist, e non avrei saputo trovare parole più giuste. Mulgrew Miller nelle ultime tre decadi ha incarnato alla perfezione il prototipo del pianista jazz più sanguigno e, appunto, dinamico, diretto discendente dei Powell e dei Tyner. Lo ricordiamo accanto ad Art Blakey durante gli ultimi fuochi della carriera di quest’ultimo, nonchè per il lungo sodalizio con Tony Williams (ironia della sorte vuole che abbia rispolveato la mia copia del loro colossale ‘Tokyo Live’ non più di una settimana fa), ma ha spalleggiato davvero mezzo mondo del jazz. Un ictus se l’è portato via oggi dopo qualche giorno d’ospedale. Ci mancherà tanto. (Continua a leggere)

JD Allen torna nuovamente sulle nostre webpagine con un’intervista, si spera, interessante, a poco più di una settimana dalla recensione dell’eccellente ‘Grace’. Il sassofonista di Detroit è uno dei migliori musicisti dalla sua generazione, e pure il coraggio non gli manca: non tutti, forse, avrebbero messo da parte un trio così lodato e di (relativo) successo come il suo per la paura di essere entrato in una routine di lusso. JD ha preferito mettere da parte, per il momento, Gregg August (basso) e Rudy Royston (batteria) per concentrarsi su un gruppo e una musica completamente nuovi. Visti i risultati, non gli diremo certo di aver sbagliato! E quindi leggiamo volentieri le parole di questo musicista serio e simpatico, a tratti brusco, che non parla e non suona mai invano. (Continua a leggere)

Amburgo, oltre ad essere la città degli hamburger, dal 1992 è anche la città degli ECHO Preis. Gli ECHO si dividono in Pop-Musik (dal 1992 appunto), Klassic (dal 1994) e, ta-daaa, Jazz (dal 2010). In Germania sono un premio molto ambito, soprattutto per la sezione Pop-Musik.

Giovedì scorso si è tenuta la serata di Gala per gli ECHO Jazz 2013, con la consegna dei premi. Ve la siete persa!? Keine problem, qui c’è il  sotto link con l’intera trasmissione (ah, è in tedesco non sottotitolato, insomma, roba da veri Nerd). Cosa?! Meglio un contrabbasso nei maroni?! Mannò, dai… Sarò bravo e vi indico i momenti delle esibizioni live: 10:46 – 35:30 – 1:09:15 – 1:32:00 – 1:42:50 – 2:02:40.

Guarda gli ECHO Jazz 2013

 

Sei uno che non ha tempo da perdere?! Pochi fronzoli mh!? Bene, eccoti la lista dei vincitori di quest’anno: (Continua a leggere)

Mary Halvorson si è fatta notare parecchio, e con merito, in questi ultimi anni. In duo, trio e quintetto, la chitarrista ha sempre mostrato idee chiare, stile strumentale davvero originale e, soprattutto, un approccio alla musica davvero personale e intrigante. E’ stata allieva di Anthony Braxton, e questo un po’ si intuisce dallo stile spigoloso e intellettuale, come dai numeri che contraddistinguono i vari pezzi (affiancati però da titoli, in ogni caso balordi). Questo disco, uscito lo scorso anno, fa il punto della situazione e ci permette di apprezzare l’arte della Halvorson al meglio della forma, in quintetto (la maggior parte dei brani) come in trio. La sua chitarra è capace di attraversare con fluidità diversi tipi di tecniche e suoni, fino a sfiorare un’aggressività e una distorsione ai confini del metal. (Continua a leggere)

Dave Douglas è uno dei musicisti più versatili e interessanti dell’ultimo ventennio, ma questo lo sa anche il maiale (come si dice dalle mie parti). Nell’attesa di recensire il suo ultimo, ottimo album in quintetto, vi presentiamo un bel concerto del suo singolare gruppo Brass Ecstasy, fatto solo di strumenti  a fiato (tromba, trombone, corno francese, tuba) con batteria – un omaggio alla grandiosa scuola di New Orleans, ma non solo. In questo concerto, il gruppo omaggia il grande Lester Bowie.


Lo scorso 26 Aprile, in quello che ho personalmente rinominato Funky Friday, esce ‘Teamwork’, l’ultimo progetto della Funk Unit di Nils Landgren. Dopo ‘Funk For Life’ (2010), ‘Licence To Funk’ (2007), ‘Funky ABBA’ (2004), ‘Fonk Da World’ (2001) e il mitico ‘Paint It Blue’ (1996), il trombettista svedese  richiama a sé una unit d’altissimo livello, per far “pompare nelle casse” un po’ di quel funk jazz esplosivo che ha tanto segnato il cammino del Red Horn svedese (concedendosi anche dei progetti molto diversi tra loro), tanto da produrre per ACT i giovani Mo’ Blow, eredi legittimi della Funk Unit.

Nils Landgren (trombone & vocals), Magnum Coltrane Price (bass & vocals), Magnus Lindgren (woodwinds & vocals), Jonas Wall (woodwinds & vocals) Sebastian Studnitzky (keyboards & trumpet), Andy Pfeiler (guitar & vocals), Robert Ikiz (drums) sono la Funk Unit che la stessa ACT (invero non particolarmente avvezza alle sonorità funky, accezzion fatta per la Funk Unit e i Mo’Blow, appunto) definisce così: “this might well be the best Funk Unit that Nils Landgren has had gathered around him since 2010: technically outstanding, this is a group of team players who combine well with a great groove connection”. (Continua a leggere)

Ennesimo appuntamento di qualità alla Filanda Motta. La formazione dei  Wild Bread (Daniele D’Agaro, clarinetti e sax tenore; Mauro Ottolini, trombone; Giovanni Maier, basso; Cristiano Calcagnile, batteria e percussioni) presenta una scaletta che varia da Ellington a composizioni più ricercate, riuscendo anche a coinvolgere i più restii col fascino delle musiche “difficili”. Da tali musicisti si pretenderebbe anche qualche volo più azzardato, ma comunque si è trattato di un concerto di buon livello anche per il feeling che si è venuto a creare con il pubblico, dovuto forse alla sana dose di ironia di Ottolini in contrasto con la “seriosità” di Maier. (Continua a leggere)

Pecchè nun ce ne jammo in America?

Lo cantava anni fa un nostro caro amico e bisogna ammettere che si tratta di una delle cose più sensate che abbia mai detto, almeno nel nostro caso specifico.

Di motivi “musicali” per andarci potremmo elencarne a centinaia, foss’anche limitandoci unicamente a festival ed eventi concertistici, ma c’è anche tanto altro. Se per esempio qualcuno di voi ha in programma, per qualunque ragione, di passare sulla east coast in Giugno, sappia che in una sala del colosso che vedete qui sopra, ossia l’Hilton Woodbridge hotel di Islin, nel New Jersey,  si terrà la 39esima edizione dell’annuale Jazz Record Collectors Bash, una cosa che fa brillare gli occhi già solo leggendone il nome. (Continua a leggere)

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