FREE FALL JAZZ

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David Gilmore, chitarrista come il bel più famoso e quasi omonimo David Gilmour dei Pink Floyd, vanta ormai una carriera importante, fra collaborazioni che ne evidenziano innanzitutto la versatilità (Geri Allen, Wayne Shorter, Don Byron, Cassandra Wilson, Dave Douglas, Rudresh Mahantappah…) e un apprendistato di tutto rispetto alla corte di Steve Coleman durante gli anni ’90. Meno folta, ma sempre di notevole spessore, la sua produzione da titolare, di cui ricordiamo l’ottimo ‘Energies Of Change’. Con ‘Transitions’, Gilmore approda alla Criss Cross come leader un eccellente quintetto con cui affronta un repertorio teso ad omaggiare maestri ed ispirazioni (Woody Shaw, Bobby Hutcherson, Toots Thielemann), con l’aggiunta di alcuni brani originali. (Continua a leggere)

Esordio in grande stile per Victor Gould, giovane pianista con un curriculum da accompagnatore già di tutto rispetto. Alla guida di una formazione variabile che gira attorno ad una sezione ritmica deluxe, completata da Ben Williams (basso) e EJ Strickland (batteria), Gould si mette alla prova come compositore, arrangiatore e ovviamente improvvisatore. ‘Clockwork’ significa ingranaggio, ed è un termine appropriato per descrivere un gruppo in cui ogni musicista trova la perfetta collocazione nel sound d’insieme, ed un album attentamente studiato nel suo percorso narrativo e sonoro, al punto che a tratti sembra quasi di ascoltare un’unica suite.Una frontline mozzafiato (Jeremy Pelt, Myron Walden, Godwin Louis), l’aggiunta del percussionista Pedrito Martinez, di un flauto (Anne Drummond) e di un quartetto d’archi caratterizzano in modo diverso le complesse composizioni dell’album. (Continua a leggere)

Per festeggiare gli ottant’anni di Wayne Shorter, il trombettista David Weiss aveva assemblato una all star band con cui reinterpretare in maniera originali brani del sassofonista e compositore di Newark. In questo filmato vediamo ‘Endangered Species’ e ‘Prometheus Unbound’ affidati alle cure, fra gli altri, di Geri Allen, dei gemelli Strickland, di Ravi Coltrane, di Jeremy Pelt. Al contrabbasso Dwayne Burno in una delle sue ultime apparizioni.


Autore di uno dei più bei dischi del 2015, EJ Strickland è uno dei più bravi e interessanti batteristi di oggi, tanto richiesto in giro quanto inconfondibile. Assieme al gemello sassofonista Marcus, uno dei nomi su cui puntare per il presente e il futuro di questa musica. E come spesso succede, EJ è pure una persona molto gentile e accetta di buon grado qualche domanda! (Continua a leggere)

EJ Strickland è uno dei batteristi più in gamba e richiesti della sua generazione, spesso in tandem col fratello gemello Marcus. Ma oltre ad essere un musicista talentuoso dallo stile personale e riconoscibile, una versione più asciutta e funky di Jack DeJohnette, Lenny White e Al Foster, EJ è pure un leader e compositore di tutto rispetto, e l’appena uscito ‘The Undying Spirit’ ne dà una splendida conferma. Con fidati amici e collaboratori (Jaleel Shaw e il fratello Marcus ai sax, Linda Oh al contrabbasso e Luis Perdomo al piano), EJ si lancia in una serie di vigorose composizioni originali, con l’esclusione di ‘Hindsight’ di Cedar Walton, all’insegna di un jazz modernissimo ricco di influenze hip-hop e neo-soul. (Continua a leggere)

EJ Strickland è uno dei più apprezzati batterista del panorama americano. Questo mese uscirà ‘The Undying Spirit’, il suo secondo album da leader con una formazione strepitosa: oltre all’ovvio nome del fratello gemello Marcus, saranno della partita Jaleel Shaw (contralto), Linda Oh (contrabbasso) e Luis Perdomo. (Continua a leggere)

In realtà da vedere c’è poco, perché si tratta di una registrazione audio. Il materiale è comunque freschissimo: il sestetto di questo grandissimo musicista (di cui fanno parte giovani assi come EJ Strickland, Mike Moreno e Mark Shim) suona per la bellezza di due ore e mezzo. Potevamo tenercelo tutto per noi? No, infatti.


Con ‘State Of Art’ il giovane contrabbassista Ben Williams fa la sua prima mossa da leader, dopo aver collaborato con gente del calibro di Cyrus Chestnut, Wynton Marsalis, Stefon Harris e Terence Blanchard ed essere uscito vincitore dal Thelonious Monk Institute nel 2009. Ma dopo tanto curriculum, cosa ci troviamo fra le mani? Beh, forse uno dei migliori esordi degli ultimi cinque anni!

L’ambito scelto da Williams è quello del jazz contemporaneo, sulla scia degli album straight di Russell Gunn e Stefon Harris: un sound fiammeggiante figlio delle evoluzioni moderne del suono post-bop, ricco di suggestioni e contaminazioni funk, hip hop e r&b che marchiano indelebilmente ritmi, melodie e arrangiamenti. (Continua a leggere)