FREE FALL JAZZ

Esordio in grande stile per Victor Gould, giovane pianista con un curriculum da accompagnatore già di tutto rispetto. Alla guida di una formazione variabile che gira attorno ad una sezione ritmica deluxe, completata da Ben Williams (basso) e EJ Strickland (batteria), Gould si mette alla prova come compositore, arrangiatore e ovviamente improvvisatore. ‘Clockwork’ significa ingranaggio, ed è un termine appropriato per descrivere un gruppo in cui ogni musicista trova la perfetta collocazione nel sound d’insieme, ed un album attentamente studiato nel suo percorso narrativo e sonoro, al punto che a tratti sembra quasi di ascoltare un’unica suite.Una frontline mozzafiato (Jeremy Pelt, Myron Walden, Godwin Louis), l’aggiunta del percussionista Pedrito Martinez, di un flauto (Anne Drummond) e di un quartetto d’archi caratterizzano in modo diverso le complesse composizioni dell’album. Che è molto coinvolgente, con un grande lavoro sulla tessitura sonora ed un’attenta disposizione delle voci – sia per non farle collidere, sia per inusuali accostamenti di timbro. Alla sola sezione ritmica è affidata una minimale ‘Nefertiti’, dove il leader si incarica di ripetere il tema in maniera ipnotica, con sottili variazioni, mentre ‘Apostole John (Prelude)’ e ‘Apostole John’ compongono una piccola suite in cui l’intera band è schierata, per un risultato estremamente vario e coinvolgente. A tratti sembra quasi di sentire una piccola orchestra che ha fatto tesoro delle opere per formazione estesa di Freddie Hubbard, Bobby Hutcherson e McCoy Tyner, attualizzate opportunamente all’oggi nella sensibilità ritmica. Ed è incredibile la naturalezza con cui il gruppo suona, senza risultare mai sovrabbondante. Avanti così!
(Negrodeath)

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