FREE FALL JAZZ

Archie Shepp's Articles

Questo articolo è stato pubblicato su Musica Jazz di Luglio dello scorso anno e qui lo ripresentiamo nella sua forma originale (peraltro bozza pressoché integralmente pubblicata dopo piccole necessarie correzioni di cui ho tenuto conto). Come per le altre occasioni  ho aggiunto i link dei brani citati a supporto della lettura, cosa che ovviamente su cartaceo non è possibile fare.

Ringrazio il direttore della rivista Luca Conti per la gentile concessione.

Riccardo Facchi

Ci sono vocaboli nella narrazione del jazz che sono a dir poco abusati, veri e propri stereotipi utilizzati in modo eccessivo e talvolta improprio. Uno dei più battuti è certamente il termine “rivoluzione” e sarebbe difficile rintracciare chi non abbia visto un qualsiasi scritto che parli del tema Free Jazz senza vedere dopo poche righe quel termine, peraltro stimolato e in parte giustificato dalla forte connotazione socio-politica di cui si è tinto negli anni ’60, legata alla cosiddetta “protesta nera”. Qualcosa di analogo successe peraltro già nel dopoguerra col be-bop (per certi versi fase musicalmente ancor più “rivoluzionaria”), quasi che si trattasse di eventi in musica improvvisi e traumatici capitati tra capo e collo, disegnando scenari di rottura netta col passato e relativa tradizione, invecchiando così istantaneamente qualsiasi cosa prodotta in precedenza. (Continua a leggere)

Foto di DMV Comunicazione/Titti Fabozzi

Archie Shepp sull’afrocentrismo del jazz (o, per dirla con parole sue, di “quella parola inventata dai bianchi per descrivere l’esperienza afroamericana”) ha sempre avuto idee forti e non troppo inclini a compromessi. Fa strano vederlo dividere il palco con musicisti dall’epidermide tutt’altro che scura (bianchi che, citando la stessa intervista, “hanno imitato tutto dei neri”), per di più a suonare canzoni che con “l’esperienza afroamericana” non hanno proprio nulla a che spartire.

Grande apertura mentale o, più maliziosamente, professionista ben retribuito, ma quale che sia non ci interessa: non è un processo alle intenzioni il nostro, quanto un’analisi dei risultati. Il quartetto di Archie Shepp, come annunciato, si è infatti esibito all’ormai storico appuntamento di Pomigliano accompagnato dall’Orchestra Napoletana di Jazz cercando di imbastire un ponte tra due tradizioni antipodiche come la musica nera americana e la canzone classica partenopea (e, come vedremo, non solo). (Continua a leggere)

Appuntamento ormai storico, il festival Pomigliano Jazz in quasi 20 anni di vita ha portato in provincia di Napoli (gratis, per giunta) alcuni dei più grandi interpreti della nostra musica.

Qualche giorno fa, all’annuncio della prima parte del programma di quest’anno (quella delle serate a pagamento), più di qualcuno ha storto il naso: “soliti” nomi di casa nostra (Rava e il duo Petrella/Guidi) e nomi che col jazz c’entrano ben poco (Ludovico Einaudi).

La realtà però è che anche questo tipo di varietà permette di mantenere in vita un festival che va incontro a tutte le inevitabili difficoltà che possono intaccare una manifestazione musicale nel 2013, e dunque ben vengano gli Einaudi di turno se rappresentano il prezzo da pagare per accontentare anche il pubblico più “intransigente”.

Sì, perchè le due serate ad ingresso gratuito, venerdì 20 e sabato 21 Settembre, nella nuova location del Parco Delle Acque di Pomigliano D’Arco, porteranno sul palco due monumenti davanti ai quali togliersi il cappello: Archie Shepp e Benny Golson.

Il quartetto del primo sarà accompagnato per l’occasione dall’Orchestra Napoletana di Jazz di Mario Raja, esibendosi in classici del repertorio di Shepp, ma anche in standard e in rivisitazioni di brani classici della tradizione partenopea. Un abbinamento inaspettato e sulla carta improbabile, ma che di sicuro suscita interesse e curiosità.

Golson invece snocciolerà il suo repertorio accompagnato da un inedito terzetto di musicisti nostrani: Antonio Faraò al pianoforte, Aldo Vigorito al contrabbasso e Claudio Romano alla batteria.

Noi, come sempre, ci saremo. Per il programma completo vi invitiamo a visitare il sito ufficiale e la pagina Facebook.

Che i tempi siano sempre più grami per l’industria discografica è qualcosa di risaputo. Una crisi che molti, anche notissimi, hanno ultimamente provato ad aggirare grazie al crowdfunding, sistema che ormai avrete imparato a conoscere: i fan versano delle quote in denaro per coprire le spese di produzione del progetto, ricevendo in cambio una serie di bonus (di solito direttamente proporzionali alla donazione effettuata).

Shepp, tramite la sua etichetta Archieland, ha deciso di produrre un disco e un DVD per celebrare il quarantennale del suo famosissimo ‘Attica Blues’, seminale album con cui nel 1973 prendeva una posizione netta nell’ambito delle lotte per i diritti civili. Il piano è di registrare due concerti in Francia tra meno di un mese, il 14 e il 17 Giugno, che lo vedranno alla guida di una big band composta da musicisti americani (pochi) e transalpini (tanti). (Continua a leggere)