FREE FALL JAZZ

piano's Articles

Se n’è andato pure Muhal Richard Abrams, musicista dalla carriera singolare ma dall’incredibile coerenza di fondo. Nato nel jazz come pianista per nomi come Clark Terry, Dexter Gordon, Woody Shaw e la cantante r&b Ruth Brown, ha sviluppato interesse per la composizione studiando la musica di Duke Ellington e Fletcher Henderson. (Continua a leggere)

Chris ThileTempi duri per i puristi (se ancora esistono) del jazz. Le proposte intorno alla musica improvvisata considerano sempre più il jazz uno dei possibili linguaggi utilizzabili rispetto ad altri provenienti dai più svariati contesti culturali, per lo più mantenendo ancora una posizione centrale, altre volte paritaria, in altri casi subordinata, o persino del tutto assente. Sono i probabili effetti di un processo di generale globalizzazione culturale che perdura ormai da tempo e che in fondo ha visto il jazz essere, forse sin dalla sua nascita,  tra i precursori di ciò che più distintamente osserviamo oggi. Ciò non significa che tutte le commistioni musicali che si realizzano siano valide e di buona fattura e, men che meno, tutto possa essere considerato con l’etichetta “jazz”, come si tende un po’ troppo superficialmente a fare. (Continua a leggere)

Ieri un comunicato della Motema, sua attuale casa discografica, annunciava che Geri Allen era gravemente malata – cosa del tutto inaspettata, visto che era passata pure di recente in Italia assieme ad Enrico Rava. Oggi arriva la peggiore delle notizie: la grande pianista, una delle migliori della sua generazione, è morta oggi di cancro. Non aggiungiamo altro, se non questo articolo su NPR.

u0075597946499Che cosa avrà mai da dire di nuovo un disco che nel 2016 si occupa di interpretare per l’ennesima volta delle ballads e dei blues? Proprio nulla, direi, il che per una critica come la nostra, da sempre appassionata al “o famo strano” jazzistico ad ogni costo, è una pecca pressoché imperdonabile, sufficiente a classificare a priori il musicista che intende proporlo nel bieco conservatorismo musicale (detto per inciso, una delle più grossolane idiozie critiche reiteratamente applicate in questo paese ad una cultura musicale per lo più estranea a certe forzature di stampo ideologico), confinandolo entro i limiti dell’ininfluenza e dell’oblio, oltre a considerare quel genere di repertorio ormai esausto e privo di possibili spunti d’interesse. (Continua a leggere)

Si è spento il 30 giugno scorso Don Friedman, eccellente pianista americano con una lunga carriera di accompagnatore, educatore, e naturalmente leader. (Continua a leggere)

1988-Bley

Occorre tornare ai grandi problemi del passato, ma per dire ogni volta qualcosa di più senza ripetersi mai, guardando sempre avanti”.

In questo virgolettato pronunciato da Paul Bley in una vecchia intervista condotta a fine anni ’80 da Franco Fayenz per Musica Jazz, è racchiuso tutto il senso stesso di cosa egli intendesse con la parola “avanguardia” nel jazz e nella musica improvvisata, certo qualcosa di molto diverso dal significato un po’ stereotipato con il quale il jazzofilo medio intende oggi tale termine. (Continua a leggere)

Matt Mitchell, nonostante abbia esordito solo nel 2013 con Fiction, pubblicato dalla Pi Recordings in duo con Ches Smith, è già da anni uno dei pianisti più celebrati e richiesti nella scena avant-jazz americana. Grazie a una notevole preparazione tecnica e accademica (tra i vari impegni, è anche insegnante in diverse scuole di New York come la School for Improvisational Music e la New School), sono diversi i musicisti che si sono avvalsi del suo talento: il suo curriculum vanta collaborazioni con personaggi come Tim Berne. Dave Douglas, Kenny Wheeler e David Torn, la partecipazione ad alcuni dei dischi più notevoli del jazz contemporaneo (come ‘Fourteen’ di Dan Weiss l’anno scorso e ‘Bird Calls‘ di Rudresh Mahanthappa, candidato fin dalla sua uscita a inizio anno ad essere una delle release jazz migliori del 2015), e perfino un fugace flirt con la band avant-prog Thinking Plague (con cui ha suonato su A History of Madness del 2003). Proprio per questo, stupisce relativamente che la sua seconda prova da leader con il doppio album ‘Vista Accumulation’ (pubblicato nel 2015 dalla Pi Recordings, che si conferma nuovamente come una delle label più importanti degli anni Dieci nell’ambito jazz) mostri una visione di insieme così ampia e profonda. (Continua a leggere)

Domenica 29 novembre 2015, alle ore 11.00, presso il Teatro Manzoni di Milano (via Manzoni, 42), “Aperitivo in Concerto” presenta il primo concerto in Italia di un leggendario protagonista della storia del jazz: il pianista Roger Kellaway. (Continua a leggere)


Il musicologo e direttore artistico di “Aperitivo in Concerto” Gianni Morelenbaum Gualberto ci ha spedito per la pubblicazione in rete un interessantissimo contributo scritto, che propone una attenta riflessione sulla figura artistica, spesso immotivatamente sottovalutata, di Oscar Peterson. Si tratta in realtà, precisa Gualberto, di note introduttive scritte di un fiato, in vista di un saggio in preparazione che andrebbe ad analizzare in dettaglio la sua opera e il suo contributo. Lo ringraziamo per la gradita opportunità che ha voluto riservarci. (Continua a leggere)

Negli ultimi anni si è parlato in lungo e in largo di Robert Glasper sulla scia dei due ‘Black Radio’, invero piuttosto deboli. In realtà il texano aveva dimostrato il suo talento altrove, nei due album in trio e nelle molte collaborazioni come sideman. Oggi ‘Covered’, registrato dal vivo ai Capitol Studios di Los Angeles di fronte ad un piccolo pubblico, tira le fila del discorso: ricostruisce il trio con i fidati Vincente Archer (contrabbasso) e Damion Reid (batteria), rilegge in chiave acustica alcuni estratti dai ‘Black Radio’ e aggiunge al mix pure qualche canzone contemporanea ed un evergreen come ‘Stella By Starlight’. Il pianista privilegia la percussività e l’aspetto ritmico del pianoforte, ma con un tocco spesso e volentieri leggero, scomponendo i temi melodici in brevi frammenti che poi vengono iterati, variati con sicurezza e fantasia; basso e batteria, mai coperti dal piano, elaborano pattern vicini all’hip-hop e alla musica elettronica, con ostinati, secchi colpi di rullante e la flessibilità del jazz in filigrana. (Continua a leggere)