Un disco di omaggio. A Charlie Parker, per giunta, una di quelle icone su cui non sembrerebbe esserci rimasto molto da dire. Come in tutte le cose, però, la differenza la fanno il talento e la prospettiva di chi omaggia. E nel caso di Rudresh Mahanthappa, fra i maggiori talenti del jazz di oggi, possiamo aspettarci tutto tranne che un’ovvietà . ‘Bird Calls’ parte da un’idea semplice ed elegante: costruire nuovi brani a partire da frammenti della personalità musicale di Charlie Parker, che si tratti di un lick, un giro armonico, un frammento di assolo, una melodia. Ma partendo da questo concetto, Mahanthappa affronta un viaggio in sè stesso, da quando l’ascolto della musica di Bird a 12 anni gli fece capire che il jazz sarebbe stato la sua vita, alla decisione di affrontare col jazz pure l’eredità culturale indiana. In questo modo pure la natura stessa del jazz, il suo rapporto con le musiche ad esso estranee e la capacità di assimilarle senza rinunciare ai propri presupposti viene indagata con intelligenza dallo strepitoso quintetto, dove brillano la tromba del fenomeno Adam O’Farrill (figlio di Arturo e nipote di Chico) e la poderosa batteria del grandissimo Rudy Royston. Il disco è strutturato attorno ad una serie di ‘Bird Calls’, brevi bozzetti melodici affidati ad uno o due fiati, che ispirano l’atmosfera del brano successivo, sviluppato poi dalla band al completo in maniera movimentata e ritmicamente accesa. La flessibilità del blues permette il passaggio fluido e naturale verso concezioni musicali indiane (non intendendomene, non mi azzardo) e ritorno, mimando la storia personale di Rudresh Mahanthappa come americano di origine indiana in un contesto moderno, metropolitano – ritmi secchi e tendenti all’hip-hop non mancano, qua e là , per insaporire ulteriormente un piatto già ricco.
Quando Wynton Marsalis dice “jazz objectifies America”, non dice una cosa campata in aria: dischi come questo lo affermano chiaro e tondo, oltre ogni ragionevole dubbio. Fra le uscite dell’anno.
(Negrodeath)