FREE FALL JAZZ

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Si sa che il piano trio è la forma perfetta del jazz, l’integrazione tra i musicisti deve essere eccezionale per creare un perfetto interplay. Nel caso di Sylvie Courvoisier, pianista dotata ma non perfettamente adatta a tale formula, la ricerca dei partner ideali era necessaria. Spinta anche da John Zorn, titolare della Tzadik, e con l’incontro del bassista Drew Gress e del batterista Kenny Wollesen, ha raggiunto una formula che risulta molto soddisfacente. Dall’unione, che aveva ben impressionato a Saalfelden presentando brani tratti da quest’album, nascono nove pezzi impegnativi di matrice eterogenea, unificati dall’interazione veramente ispirata e raffinata dei tre. (Continua a leggere)

Nell’anno della celebrazione del centenario della nascita di Sun Ra, oltre le numerose presenze a vari festival dell’Arkestra, ecco anche pubblicato un doppio CD greatest hits, ‘In Orbit Of Ra’ (Strut Records). La scaletta dei pezzi, scelta da Marshall Allen, attuale leader dell’Arkestra, rende bene la grandezza della musica e le idee dell’uomo venuto da Saturno, nonostante le antologie o “il meglio di” rendano sempre scontento qualcuno. La scelta di Allen, oltre a pescare nell’immensa discografia, ha anche recuperato degli inediti, come la prima parte di ‘Reflects Motion’ (tra l’altro non proprio memorabile) del 1962 e un piano e voce di Sun Ra registrato a Roma nel 1977, ‘Trying To Put The Blame On Me’. Le altre selezioni vanno da pezzi del primo periodo (anche se qui qualcosa di più ci poteva stare), per intenderci da ‘Angels And Demons At Play’, ad orge percussive ipnotiche, pezzi cantabili, elettronica e free. (Continua a leggere)

29° INNtone JazzFestival 6-8 Giugno 2014

Austria, montagne, natura, birra e FESTIVAL. La risposta alla domanda “perché InnTone?”, festival dai più sconosciuto,  è stata la voglia di ritrovare un po’ lo spirito dei festival anni 80, meno professionali ma più “ruspanti”. E qui “ruspante” è proprio l’aggettivo esatto.

Il palco è dentro un fienile (!), infatti Jazz Am Bauernhof significa proprio fattoria. L’atmosfera è giusta, ma purtroppo, come ormai capita in tutti i festival, ci si ritrova tra amici, siano dall’Austria, dalla Germania o dalla Slovenia. Non esiste neanche qui, nonostante la massiccia proposta di festival jazz e avanguardia, un interesse giovanile. Si incomincia con un progetto che sulla carta avrebbe dovuto fare scintille, ma proprio così non è stato. La New Jungle Orchestra di Pierre Dorge con ospite James “Blood” Ulmer, non ha saputo creare il giusto feeling, molto meglio quando il chitarrista si è esibito in trio. (Continua a leggere)

Cosa mi affascina del Ganelin trio… Forse il ricordo di quando da giovane mi avvicinai a questa musica: la ricerca dei dischi, delle riviste e dei libri dei quali sentivi parlare. Eravamo un piccolo gruppo di carbonari, quei pochi, almeno dalle mie parti, che parlavano di jazz. Lo stesso si può dire di questo gruppo: il jazz arrivava dall’America, tutt’al più dall’Inghilterra, chi poteva immaginare che oltre la cortina di ferro ci fossero dei musicisti come loro? La loro qualità emergeva già nei primi dischi prodotti e registrati dall’etichetta di stato Meloydia, rimasti introvabili per anni e poi grazie anche a Ebay e alla caduta del muro diventati di più facile reperibilità, e se non fosse stato per l’imperfezioni dei vinili forse sarebbero di spessore ancora maggiore di questo disco. (Continua a leggere)

Registrato nel 2006 presso lo studio Artesuono di Stefano Amerio (e si sente!) con il sostegno di Puglia Sound Records (lodevole iniziativa…ci sarebbe bisogno anche di altre), il trio di Roberto Ottaviano (soprano) con Giovanni Mauer (basso) e Roberto Dani (batteria) si incontra con un trio di archi: Emanuele Parrini (violino), Paolo Botti (viola) e Salvatore Maiore (violoncello). Le musiche sono ispirate alle liriche del poeta, musicista e operatore culturale Vittorino Curci (presente in alcune produzioni Splasc(H) Records): “Questo essere nella terra e tuttavia potersi considerare apolide - spiega il sassofonista tra le note di copertina - lo ritrovo nei versi e nella prosa del mio amico Vittorino Curci, alle cui liriche mi sono ispirato per questo lavoro, e per farlo ho desiderato un suono molto antico, quello degli archi e delle percussioni di straordinari compagni che hanno realizzato per me una ‘mappa’ archeosonora di grande maestria e su cui ho cercato di liberare la mia identità, un soffio primitivo”. (Continua a leggere)

Almond Tree, nuovo progetto e nuovo disco per Silvia Bolognesi (basso), assieme a Pasquale Mirra (vibrafono), Tony Cattano (trombone) e Daniele Paoletti (batteria). La sua etichetta Fonterossa, dopo l’esordio con l’Open Large Ensemble che aveva ottenuto buoni risultati di critica, dà oggi alle stampe anche questa seconda produzione. Silvia, oltre l’insegnamento e la partecipazione in diversi gruppi, tra gli altri il trio Hear And Now e il gruppo Nexus, è molto attiva in ulteriori progetti, tra cui uno spettacolo teatrale-musicale, confermandosi come la più originale delle bassiste italiane (le altre due a mia conoscenza sono Caterina Palazzi e Rosa Brunello). Il quartetto propone una musica fresca e innovativa che strizza l’occhio ad una sorta di post bop, ma con aperture ad aspetti anche più radicali. Questo anche grazie al trombone di Tony Cattano, che conferma almeno per il sottoscritto, di essere un grandissimo talento che merita maggiore attenzione. (Continua a leggere)

Grazie agli amici di Controtempo e alle riprese di Paolo Burato e Fausto Pizzocchero non posso che condividere il concerto completo di BOBBY PREVITE BUMP meets PAN-ATLANTIC (USA-Austria-Italy) registrato al Teatro Comunale di Cormòns (GO) il 20 Ottobre 2011.

Questa la formazione:

Bobby Previte: drums
Wolfgang Puschnig: alto sax
Gianluca Petrella: trombone
Wayne Horvitz: piano, keyboards
Steve Swallow: electric bass

Prima di parlare del concerto, vorrei fare alcune piccole osservazioni, che già animano il dibattito sul futuro dell’ascolto e della fruizione della musica jazz. Partiamo dalla localizzazione. I cittadini di Mestre, che negli anni 70/80 hanno dimostrato curiosità per tutte le varie forme culturali, mano a mano hanno perso quest’interesse. I concerti della serie “Un certo discorso”, prodotti da Radio Tre con ospiti americani ed europei, con lunghe code per l’ingresso fuori dal teatro Corso, sono un esempio di quello che è stato. Forse faceva figo andare ad ascoltare jazz? Non penso, ripeto che tutti gli eventi culturali erano molto frequentati. Certo, se elimini un grande evento, come la Mostra del Cinema, poi non molti sono disposti ad andare fino al Lido a vedere un film! Ma forse questo è più legato ad una sorta di campanilismo (!) con Venezia. (Continua a leggere)

Ennesimo appuntamento di qualità alla Filanda Motta. La formazione dei  Wild Bread (Daniele D’Agaro, clarinetti e sax tenore; Mauro Ottolini, trombone; Giovanni Maier, basso; Cristiano Calcagnile, batteria e percussioni) presenta una scaletta che varia da Ellington a composizioni più ricercate, riuscendo anche a coinvolgere i più restii col fascino delle musiche “difficili”. Da tali musicisti si pretenderebbe anche qualche volo più azzardato, ma comunque si è trattato di un concerto di buon livello anche per il feeling che si è venuto a creare con il pubblico, dovuto forse alla sana dose di ironia di Ottolini in contrasto con la “seriosità” di Maier. (Continua a leggere)

Si conclude anche per quest’anno l’esperienza con il Centro Candiani da parte dell’associazione culturale Caligola. Il primo dei tre concerti finali, il 19 Aprile, ha messo a confronto la chitarra di Maurizio Brunod con un pilastro del jazz moderno, il bassista Miroslav Vitous. Brunod, molto attivo in Piemonte assieme a Massimo Barbiero (gruppo Odwalla), è un chitarrista molto “classico”: non si avvale di molti fronzoli elettronici, che finiscono sempre per non far comprendere la bravura del musicista, e riesce con il partner, in questo caso Vitous, a creare un interplay molto interessante. Il concerto, che presentava il nuovo disco di Brunod ‘Duets’, si è dipanato in maniera molto “relaxin’”, facendo ancora una volta risaltare le grandi doti di Vitous all’arco (dove rimane un capostipite incontrastato). Da sottolineare un curiosa versione di ‘St. Thomas’ suonata con l’utilizzo dell’arco in un tempo lento ma efficacissima e il bis dedicato a Charlie Chaplin. Un buon concerto, anche se il disco, con la presenza di Achille Succi, Daniele di Bonaventura e altri, risulta molto più articolato.  (Continua a leggere)

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