Ennesimo appuntamento di qualità alla Filanda Motta. La formazione dei  Wild Bread (Daniele D’Agaro, clarinetti e sax tenore; Mauro Ottolini, trombone; Giovanni Maier, basso; Cristiano Calcagnile, batteria e percussioni) presenta una scaletta che varia da Ellington a composizioni più ricercate, riuscendo anche a coinvolgere i più restii col fascino delle musiche “difficili”. Da tali musicisti si pretenderebbe anche qualche volo più azzardato, ma comunque si è trattato di un concerto di buon livello anche per il feeling che si è venuto a creare con il pubblico, dovuto forse alla sana dose di ironia di Ottolini in contrasto con la “seriosità ” di Maier.
Come detto, le composizioni variano molto, riuscendo soprattutto nei pezzi ritmati del Suriname a coinvolgere moltissimo il pubblico. Ho trovato D’Agaro molto interessante al clarino, dove riesce ad attualizzare un suono “traditional”, mentre più “olandese” al tenore; Ottolini invece si presenta come un grande strumentista sempre alla ricerca di nuove idee. Dietro ai due, una solida base ritmica con Maier che, chiamato a sostituire Stefano Senni, titolare nel quartetto, nonostante una visione più avanguardistica riesce a calarsi benissimo all’interno del gruppo, e con lui Cristiano Calcagnile, un batterista capace di una ricerca di suoni e colori notevoli. I momenti più interessanti per il sottoscritto arrivano da metà concerto in poi, dove, a partire da un brano della tradizione del Suriname, c’è stata una sorta di “chase” tra tenore e trombone con echi molto avant, e a seguire un pezzo introspettivo con intro di clarino e assolo di trombone su un tappeto di percussioni e pizzicato sul basso.
Il concerto si è concluso con il pubblico soddisfatto e la solita bicchierata tra spettatori e musicisti. Questo è quello che caratterizza la Filanda: recuperare il rapporto tra artista e spettatore. Grandi i “veci” della Filanda!
(Maurizio Zorzi)
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