FREE FALL JAZZ

un asso del contrabbasso's Articles

Dopo una lunga lotta con un tumore se n’è andato pure Bob Cranshaw. Lo ricordiamo spesso e volentieri come il bassista di fiducia di Sonny Rollins, visto che suonava col Saxophone Colossus quasi ininterrottamente dai tempi del capolavoro ‘The Bridge’, ma in realtà il buon Bob ha registrato una marea di album nei contesti più disparati, contribuendo non poco al Blue Note Sound dei tempi d’oro. (Continua a leggere)

La presenza di Eric Revis in alcuni tra i più significativi gruppi del jazz contemporaneo, in molti casi agli antipodi stilistici fra loro, indica nel contrabbassista californiano una figura tra le più duttili e capaci della scena odierna. (Continua a leggere)

Ci sono dischi che probabilmente per ciascuno di noi hanno segnato per sempre il proprio rapporto con il jazz, creando un legame di passione e di amore indissolubile verso questa meravigliosa musica. Per il sottoscritto, il concerto registrato dalla band di Charles Mingus nel settembre del 1964 al Festival di Monterey è uno di quelli, perciò potrei risultare in questo scritto sbilanciato nelle valutazioni, ma, considerato il valore oggettivo del contenuto musicale, poi non in modo così eccessivo. Dico subito che il disco ha un unico reale difetto, è registrato maluccio, cosa importante forse per chi ha un rapporto con la musica più da audiofilo che da melomane, ma non così condizionante per chi invece è abituato ad apprezzare senza alcun problema il contenuto musicale delle vecchie registrazioni dei decenni antecedenti l’ultima guerra mondiale. (Continua a leggere)

Esce questa settimana ‘Infanticide’, nuovo disco della brava contrabbassista e compositrice  romana. Di sicuro ne parleremo diffusamente pure qui, fra recensioni e (speriamo) interviste. Oggi vi proponiamo un estratto dal brano ‘Hitori’. Si nota un bel taglio molto hard – al punto che sembra quasi di sentire i Tool con un robusto sax al posto della voce. La curiosità verso il resto del disco, naturalmente, è molta.


Lo scorso Aprile Carlo Loffredo ha tagliato il traguardo dei 90 anni. Personalmente, lo conoscevo solo per i lunghi trascorsi musicali: pioniere del jazz in Italia, da contrabbassista ha fondato entrambe le versioni della Roman New Orleans Jazz Band e ha prestato i suoi servigi a numerose trasmissioni Rai degli anni ’50/’60 nonchè ad altri artisti (tra cui Jula De Palma). Leggere la sua autobiografia (risalente al 2008) permette di scoprire, dietro al musicista, un personaggio interessantissimo e, soprattutto, simpatico. D’altronde, come non stimare un ultraottantenne che si siede alla sua vecchia Olivetti e batte pagine su pagine di memorie anziché affidarsi al classico ghost writer? Ancor di più se quelle memorie sono autentici pezzi di storia non solo della musica che ci piace, ma di una città intera.

Sì, perché questo libro, oltre a raccontare di come il jazz ha piano piano preso piede nella capitale (in questo è un compendio superlativo a ‘Stasera Jazz‘ di Polillo, che, tra le altre cose, racconta come la musica nera americana sia arrivata in quel di Milano), è anche un ritratto della vita a Roma dal secondo dopoguerra in poi. Eventi raccontati, anche nei momenti più duri, con uno stile spigliato e scorrevole, sempre col sorriso sulle labbra e con buona dose di umorismo: dal titolo che simboleggia l’idiosincrasia del contrabbassista verso la notissima cantante alla minuziosa ricostruzione di una mappa dei bordelli capitolini prima che venissero dichiarati fuorilegge. Basteranno poche pagine a conquistarvi e farvi desiderare che Carlo Loffredo sia il vostro zio preferito che snocciola i suoi migliori aneddoti durante i pranzi di famiglia. Massimo rispetto. (Nico Toscani)

Eric Revis, grande bassista di Branford Marsalis, sta per tornare sul mercato con un nuovo album su Clean Feed, ‘In Memory Of Things Yet Seen’ che l’emittente radio WBGO ci permette di ascoltare in streaming proprio qui. L’ascolto si rivela molto interess… ehi, verificatelo da soli!

William Parker pubblica dischi a getto continuo, al punto che a volte si finisce per perderne qualcuno per la strada. Vista la qualità mediamente alta della sua opera è certamente un peccato, ma lo è ancora di più quando il contrabbassista newyorkese devia dai suoi binari abituali e apre un nuovo capitolo, facendo per di più centro completo. L’intento di ‘Uncle Joe’s Spirit House’ è quello di celebrare la vita di zio Joe e zia Carrie, che con il duro lavoro e la generosità furono di grande ispirazione al piccolo William; per farlo, ecco un gran bel disco di puro soul jazz, quello che fioriva negli anni della gioventù degli amati zii. Sono della partita tre fidi comprimari come il tenore Darryl Foster, l’organista (in questo caso) Cooper-Moore e il batterista Gerald Cleaver, alle prese con nove brani originali scritti dal leader. (Continua a leggere)