FREE FALL JAZZ

Branford Marsalis's Articles

Portare il cognome Marsalis presso una consistente fetta di critica nostrana è quasi un’implicita colpa e, ormai da decenni, sinonimo di “conservatorismo jazzistico” e di negazione della cosiddetta “creatività.” In sostanza non è biglietto da visita che aiuti a ricercare un approccio musicalmente attento e privo di pregiudizi all’atto dell’ascolto, come invece si dovrebbe sempre fare con chiunque. Conseguentemente, un disco di solo sassofono può destare l’interesse di certe orecchie, se confezionato da qualche improvvisatore radicale di una avanguardia che fu, ormai abbondantemente attempata, ridotta sempre più spesso ad esibirsi in una stanca collezione di sofisticate e “intelligenti” pernacchiette, inframezzate da fischi e stridor di denti, il tutto regolarmente scambiato per grande ed innovativa musica esclusiva, per soli veri intenditori chìc. (Continua a leggere)

Nella sua nuova uscita, terza su Clean Feed e quinta in generale, il bravissimo contrabbassista Eric Revis assembla una formazione completamente nuova. Per trovare il trait d’union della carriera del musicista americano infatti dobbiamo prendere la volontà di non fermarsi e di esplorare ogni volta il jazz da un’angolazione diversa, con musicisti diversi, ma sempre con grande energia e un forte senso del blues sottinteso. Neppure ‘In Memory…’ da questo punto di vista fa eccezione, e vede all’opera un quartetto con due sax che potrebbe ricordare vagamente quello del ‘Conference Of The Birds’ di Dave Holland. Darius Jones (contralto) e Bill McHenry (tenore) collaborano perfettamente fra di loro, nelle libere improvvisazioni dai toni urlati ‘Hits’ e ‘FreeB’ come nel lento e avvolgente blues ‘Hold My Snow Cone’, sospeso su un grande riff di basso e terreno naturale per il lirismo struggente del contaltista. (Continua a leggere)

Eric Revis, grande bassista di Branford Marsalis, sta per tornare sul mercato con un nuovo album su Clean Feed, ‘In Memory Of Things Yet Seen’ che l’emittente radio WBGO ci permette di ascoltare in streaming proprio qui. L’ascolto si rivela molto interess… ehi, verificatelo da soli!

Un paio di giorni fa su AllAboutJazz è stata pubblicata un’intervista rilasciata da Branford Marsalis mentre veniva seguito nel corso di una partita di golf, sport del quale è notoriamente appassionato. Tra i vari argomenti affrontati, è tornata in ballo una vecchia “diatriba” per la quale fischieranno le orecchie al solito Renzo Arbore: jazz europeo vs. jazz americano. Il sassofonista racconta di una volta in cui gli venne chiesta la sua opinione sul jazz del vecchio continente, argomento verso il quale, spiega, aveva un’opinione complessa e articolata, ma è andata a finire che i giornalisti, forse in un raptus di “lesa maestà”, hanno sottolineato più che altro come questi si fosse agitato nel rispondere.

“Non è vero – spiega con la sua consueta verve – Posso agitarmi quando parlo, ma è come quando mi entusiasmo. Adesso quando me lo chiedono rispondo semplicemente ‘È roba buona!’ (‘That shit’s great, nda.). Finchè non suono come loro, è roba eccellente. È così che la penso riguardo buona parte di quelle cose lì. Se la gente pensa sia buona… Non ci sono statistiche di dischi o biglietti venduti a provare che pensino lo sia, ma se la ritengono roba buona bella per loro!”.

L’intervista integrale è leggibile qui.

 

“Ehi, sai che è uscito il disco di nuovo di Branford Marsalis?”
“Com’è?”
“Solito.”
“Ok, lo prendo al volo.”

Potremmo pure chiudere qui, vista l’assoluta eccellenza cui il maggiore dei fratelli Marsalis ci ha abituati nel corso della sua lunga carriera. Eccellenza che viene ribadita con forza nella nuovissima uscita del suo quartetto, uno dei migliori del panorama mondiale. Jeff ‘Tail’ Watts non è più della partita, notizia che potrebbe mettere sul chi vive molti appassionati visto che Watts non è solo il batterista più celebrato della sua generazione, ma pure parte integrante e attiva della formazione da molto tempo. Basteranno i primi minuti di ‘The Mighty Sword’ a spazzare via ogni dubbio: Justin Faulkner, entrato nel 2009 a soli diciotto anni, è ormai perfettamente integrato nel gruppo dopo un anno di concerti. La sua performance, muscolare e ipercinetica, eppure piena di finezze e graditissimi Blakey-ismi, lo mette in mostra come nuovo talento della batteria. (Continua a leggere)

Roba buona anche per il Picture This di questa settimana: Branford Marsalis al celebre Internationale Jazzwoche di Burghausen, in Germania. La data esatta è 8 Maggio 2003 e il sassofonista è accompagnato da Joey Calderazzo al piano e dalla sezione ritmica di Eric Revis (basso) e Jeff Watts (batteria). Abbiamo scelto una travolgente (ovvio, altrimenti perché proporla?) versione di ‘In The Crease’: post bop all’ennesima potenza.


“L’hip hop è il figlio del be bop”: a propugnare la teoria con queste parole fu un pezzo da novanta come Max Roach, non certo uno qualunque. In ambito jazz però non furono in molti a condividerne il pensiero. Certo, il senso delle sue parole non era letterale, voleva semmai evidenziare quella linea, immaginaria ma facilmente individuabile, che parte dagli spoken word su base intrisa di jazz di Gil Scott Heron , passa per l’Herbie Hancock electro-funk di ‘Rockit’ e arriva a precursori come i rapper Gang Starr, che all’esordio stupivano campionando ‘Night In Tunisia’ per la loro ‘Words I Manifest’, che spianava la strada agli exploit dei vari A Tribe Called Quest, De La Soul o Digable Planets, che pure imbottirono i loro album di campionamenti presi a prestito dal jazz con risultati freschi ed entusiasmanti, dimostrando come la sintesi tra i due generi fosse tutt’altro che inattuabile. Proprio durante il momento di massima popolarità di questi ultimi nomi il discorso compirà un’ulteriore, decisiva sterzata grazie all’intuito di uno dei suoi primi teorizzatori. (Continua a leggere)