FREE FALL JAZZ

Billie Holiday's Articles

Lo scorso Aprile Carlo Loffredo ha tagliato il traguardo dei 90 anni. Personalmente, lo conoscevo solo per i lunghi trascorsi musicali: pioniere del jazz in Italia, da contrabbassista ha fondato entrambe le versioni della Roman New Orleans Jazz Band e ha prestato i suoi servigi a numerose trasmissioni Rai degli anni ’50/’60 nonchè ad altri artisti (tra cui Jula De Palma). Leggere la sua autobiografia (risalente al 2008) permette di scoprire, dietro al musicista, un personaggio interessantissimo e, soprattutto, simpatico. D’altronde, come non stimare un ultraottantenne che si siede alla sua vecchia Olivetti e batte pagine su pagine di memorie anziché affidarsi al classico ghost writer? Ancor di più se quelle memorie sono autentici pezzi di storia non solo della musica che ci piace, ma di una città intera.

Sì, perché questo libro, oltre a raccontare di come il jazz ha piano piano preso piede nella capitale (in questo è un compendio superlativo a ‘Stasera Jazz‘ di Polillo, che, tra le altre cose, racconta come la musica nera americana sia arrivata in quel di Milano), è anche un ritratto della vita a Roma dal secondo dopoguerra in poi. Eventi raccontati, anche nei momenti più duri, con uno stile spigliato e scorrevole, sempre col sorriso sulle labbra e con buona dose di umorismo: dal titolo che simboleggia l’idiosincrasia del contrabbassista verso la notissima cantante alla minuziosa ricostruzione di una mappa dei bordelli capitolini prima che venissero dichiarati fuorilegge. Basteranno poche pagine a conquistarvi e farvi desiderare che Carlo Loffredo sia il vostro zio preferito che snocciola i suoi migliori aneddoti durante i pranzi di famiglia. Massimo rispetto. (Nico Toscani)

Quando anni fa, scartabellando fra le offerte di un negozio di dischi, trovai ‘For Lady’, fui colpito dalle parole ‘Webster’, ‘Young’ e dalla frase riportata in copertina: “songs Billie Holiday made famous… an instrumental tribute to her great talents”. La mia mente immaginò subito un omaggio realizzato da due pesi massimi della swing era come Lester Young (amico fraterno della Holiday, com’è noto) e Ben Webster. Al primo ascolto distratto del primo brano pensai “ma guarda, c’è pure Miles Davis”, e soprattutto “questo tenore forse è Young, ma non si sente mai Webster!” L’arcano fu presto svelato dopo aver letto meglio la copertina e le note interne: Webster Young era il nome di un trombettista di scuola strettamente davisiana che, nel suo primo album da leader, voleva omaggiare Billie Holiday. L’impronta del Davis di dischi come ‘Blue Haze’ o ‘Quintet/Sextet’ è evidente nel sound asciutto e  ritmato, con un solidissimo contrabbasso in evidenza. La tromba elegante di Webster Young è affiancata dal tenore di Paul Quinichette, capace di emulare lo stile proprio Lester Young come  di utilizzare un fraseggio più ruvido e moderno, un po’ à la Benny Golson – per ovvi motivi, in questo album sfrutta essenzialmente il suo lato “lesteriano”. (Continua a leggere)

Dopo la decade degli ’80 vissuta da Metal Queen, la popolarità della canadese Lee Aaron è colata a picco al volgere del nuovo decennio, e con lei quella di molte altre stelle del rock duro, ormai rimpiazzate da Seattle e dintorni. Sarebbe più che lecito chiedersi perché parliamo di tutto ciò in questa sede, e infatti sono ben pochi a conoscere il seguito della storia: dopo aver fondato i 2Precious, con i quali prova (senza successo) a cavalcare l’onda di popolarità del rock alternativo con un disco scialbetto (poi ristampato a suo nome), agli albori del nuovo millennio la nostra cambia di nuovo pelle, proponendosi, ebbene sì, in un contesto jazz. Facile che i maligni pensino all’ennesimo tentativo di risollevare una carriera ormai ristagnante (e in parte è senz’altro così), ma la svolta stupisce solo fino a un certo punto: i più attenti ricorderanno certamente come la Aaron, anche nei giorni a base di metallo e cotonature, non abbia mai fatto mistero di essere cresciuta ascoltando e cercando di emulare le grandi voci del jazz, una passione a quanto pare mai sopita. (Continua a leggere)