FREE FALL JAZZ

Nels Cline's Articles

Stando a quanto affermato da Nels Cline nell’intervista comparsa su Musica Jazz del settembre dello scorso anno, il progetto che stiamo per commentare era allo studio del chitarrista californiano di Los Angeles già da molto tempo, nientemeno che da un quarto di secolo. Il che già di per sé dà l’idea di quanto lavoro di approfondimento deve esserci stato dietro la sua stesura definitiva, sebbene ciò non basti a definirne l’implicita riuscita, senza cioè tener conto della sua realizzazione finale. Sta di fatto che Cline ha per davvero realizzato un’opera pregevole sotto vari punti di vista. Si tratta di un lavoro importante, tra i migliori che mi sia capitato di ascoltare di recente, considerata anche la produzione media odierna tracciata su CD intorno al jazz e alla musica improvvisata, spesso non così curata. (Continua a leggere)

L’iniziativa viene da Nels Cline e Thurston Moore. I due chitarristi produrranno infatti ‘Fire Music’, un documentario sull’epopea del free jazz, come lascia intuire il titolo (lo stesso di uno dei capolavori di Archie Shepp). (Continua a leggere)

Tornare a Saalfelden dopo quasi 30 anni, dove al posto del tendone poggiato su un prato, memore di antiche edizioni di Umbria Jazz “free”, trovi una sala congressi con annessa sala VIP e un locale adatto ad ascoltare musica, beh, non poteva che far piacere. Certo, nonostante l’ottima organizzazione di uno staff giovane e sempre interessato alle nuove proposte della scena, soprattutto nuovaiorchese, qualche problema resta sempre da risolvere, come la disponibilità delle sedie nella CongressHalle, ma alla fine risultano intoppi marginali.

La musica dunque. Si parte giovedì 23: lasciando perdere le proposte del Citystage, un tendone (ah, eccolo!) nella piazza principale, sia per la mancanza di interesse verso le stesse sia per mancanza di tempo, si parte dal Nexus, dove si presentano gli Shortcuts. Il Nexus è un piccolo teatro con balconata, annesso ad un delizioso e funzionale bar-ristorante molto accogliente, da qui parte il vero Jazz Festival giunto ormai alla sua 33° edizione. La proposta di apertura, coraggiosa, è il quartetto di Christian Muthspiel con guest Steve Swallow. L’idea di coniugare la musica del rinascimento con il jazz non è proprio nuova, anche se sviluppata per portare una improvvisazione dai colori free. Un progetto che, nonostante la presenza di Swallow e soprattutto di Tortillier al vibrafono, resta piuttosto freddo e distaccato dalla comunicazione con il pubblico. La seconda proposta, gli Steamboat Switzerland, è stata devastante dal punto di vista della potenza di suono: un organo, un basso elettrico e una batteria; per quelli che come me erano in prima fila, un impatto devastante. Qui il jazz e l’improvvisazione non c’entrano niente: un trio che si rifà a tanto rock progressivo anni ’70 senza sviluppare assolutamente niente, tutta la musica era scritta, il che fa pensare… Notevoli i pantaloni a zampa d’elefante del tastierista, che mi hanno fatto ricordare il gruppo glam rock degli Slade! (Continua a leggere)

Nel caso alla lettura ci fosse qualcuno non familiare col curriculum musicale di Nels Cline, uno dei più grandi chitarristi attualmente in circolazione (nonché già citato in queste lande con il suo progetto BB&C), ne riassumerò i punti salienti: con il Nels Cline Trio ha pubblicato nel lontano 1996 l’album Chest, registrato tra il 1993 e il 1995, e contenente alcune delle più spaventosamente innovative fusioni tra free jazz e post-rock del decennio (tanto che ancora oggi il disco suona all’avanguardia), con The Inkling nel 2000 ha proseguito da solista quel percorso tentando di spingersi ulteriormente oltre nella dimensione dell’astrattismo, con i The Nels Cline Singers ha sfogato la sua vena più free-form aggiungendo al proprio repertorio almeno un altro classico con l’album Instrumentals (2002), in collaborazione con Thurston Moore dei Sonic Youth e Carla Bozulich ha confezionato più di un album teso ad esplorare il suo lato più vicino al rock alternativo, nel 1999 ha rivisitato Interstellar Space di Coltrane assieme a Gregg Bendian, nel 2006 ha rivisto a modo suo la musica di Andrew Hill con New Monastery: A View Into The Music of Andrew Hill, nel 2007 ha pubblicato Duo Milano assieme a Elliott Sharp, nel 2004 è entrato in pianta stabile nella line-up della band alternative rock Wilco. (Continua a leggere)

Non si faccia l’errore di cassare ‘The Veil’ solo come “l’ennesimo disco in cui sbuca Nels Cline”.  Stare dietro alle sue sterminate attività può diventare frustrante, non v’è dubbio (ne sanno qualcosa quelli del suo sito ufficiale, che hanno smesso di tenere il conto della discografia ormai nel 2005), ma se volete ascoltare solo una delle sue produzioni recenti (possiamo dirvi che l’uomo ha partecipato a circa una decina di titoli di vario genere solo nell’ultimo biennio), fate che sia questa. L’occasione è una manciata di serate, circa giugno 2009, presso The Stone (il locale newyorkese diretto dal buon Zorn), per le quali il chitarrista si circonda di brava gente: nello specifico, Tim Berne al contralto e Jim Black alla batteria. L’intesa e l’interplay lasciano letteralmente senza fiato:  i tre si cercano, si trovano, si punzecchiano e si cedono vicendevolmente la scena con la naturalezza propria dei grandi. Stilisticamente si parte con quel che ci si aspetterebbe: sguazzare liberi (appunto) tra free e avantgarde per circa un’ora di improvvisazione collettiva (seppur divisa in nove temi più o meno ben distinti) certamente figlia del citato Zorn, ma che nei momenti più “classici” rievoca il fantasma di Ayler (e a tratti anche il suo “pargolo degenere” Gayle) e minuto dopo minuto si svela assolutamente prodiga di sfumature e contaminazioni. (Continua a leggere)