FREE FALL JAZZ

batterie a 666 volts's Articles

Rudy Royston è uno dei migliori batteristi sulla scena, e non lo scopriamo certo noi. Parlano da sole le numerose collaborazioni per gente come Dave Douglas, Bill Frisell, Tia Fuller, JD Allen, Ben Allison, Jason Moran, Don Byron, Stanley Cowell e altri ancora. Solo oggi però, a quarantatre anni compiuti, Rudy decide di fare il grande passo ed esordire come leader, aiutato in questo dalla Greenleaf di Dave Douglas stesso.  Nella sua band troviamo l’ottimo contralto di Jon Irabagon, la tromba dell’interessante australiana Nadja Noordhuis, la chitarra multicolore di Nir Felder, il piano di Sam Harris e i due contrabbassi (alternati) di Mimi Jones e Yasushi Nakamura; Royston si dimostra sia leader in gamba che ottimo autore, visto nove pezzi su undici sono originali, mentre i restanti due sono ‘High And Dry’ (Radiohead) e ‘Ave Verum Corpus’ (W.A. Mozart).  (Continua a leggere)

Una breve panoramica sulla carriera di Barry Altschul l’abbiamo offerta in un recente articolo su Sam Rivers, ma non è mai troppo tardi per render cronaca del suo recente ritorno da leader, risalente ormai a qualche mese fa, che ci ha regalato una delle uscite migliori dell’anno. A tener compagnia al batterista troviamo due amici dalla presenza fin troppo  ingombrante per limitarsi al ruolo di comprimari: il bassista Joe Fonda, che sia con l’archetto che col pizzicato si cala alla perfezione nei panni di Dave Holland, e il tenorista Jon Irabagon dei divertentissimi Mostly Other People Do The Killing, che in questa sede, oltre a portare in dote il suo tipico approccio senza fronzoli e ricco d’humour, sfoggia una versatilità altrove emersa solo a tratti.

Parlando di questo disco Altschul ha usato l’espressione “from ragtime to no time” (Continua a leggere)

Io: Buonasera gentile pubblico e benvenuti alla sesta puntata di Call and response, la vetrina d’interviste più kùl della città! Qui ai microfoni di Free Fall Jazz è Carlo ad augurarvi il massimo delle fortune e dello suìngh con tanto grùv nel giusto mùd… In regia si spertica di saluti Nico Toscani… Eheheheh… Ciao Nico, ciao ciao!

Dunque iniziamo.

A chi bazzica anche solo da lontano il panorama del Jazz Italiano Contemporaneo (in seguito denominato “JIC”) degli ultimi diciotto anni circa, non sfuggirà di certo il nome di Francesco Cusa (denominato nel prosieguo per brevità “FC”).

Il sopra(c)citato JIC è una bestia strana: ci regala molte pietre preziose, merda fresca e merda fossile, argilla ancora da modellare, noiose perle perfette di rara bellezza e bombe d’incandescente pietra lavica.

A quest’ultima categoria afferisce di certo FC: per l’appartenenza geografica Etnea, per la rovente energia della sua musica e per la vulcanica attività (…è batterista, compositore, editore, fondatore del movimento NON “COLLETTIVO” Improvvisatore Involontario, docente, direttore di sonanti e moventi organici creativi colorati e diversi, critico cinematografico, uomo di penna e di bacchetta).

Accogliamolo dunque con un caloroso applauso… perchè il Sig. FC è QUIIII!

[...APPLAUSI...]

FC: Grazie, grazie…troppo buoni.

Io: Prego si accomodi sulla nostra comoda poltrona borchiata in pelle nera.

FC: Buonasera!

(Continua a leggere)

Sapete cos’è un partenzista? No? Nemmeno noi, fino al momento di leggere titolo e note di questo cd. Sarebbe il contrario dell’arrivista: quest’ultimo vuole arrivare a qualcosa, a qualche risultato, e per questo si mette in moto, mentre il partenzista vuole gustare l’esperienza del viaggio in quanto tale. Chiariremo meglio in seduta d’intervista con Lorenzo Capello, batterista ligure alla sua prima prova discografica come leader dopo molte collaborazioni, anche prestigiose, in ambito jazz, rock e accademico, tanto in Italia quanto all’estero. Una formazione eclettica, insomma, che probabilmente ha fornito a Capello una grande quantità di stimoli per la prima sortita in proprio. Il viaggio del partenzista, affiancato da piano, contrabbasso, sax e trombone, si snoda attraverso svariate sonorità e innumerevoli input, anche se l’ossatura può essere ricondotta a Charles Mingus (quello meno irruento di ‘East Coasting’) e a certi album di Max Roach come ‘Deeds Not Words’ e ‘Percussion Bitter Sweet’. (Continua a leggere)