FREE FALL JAZZ

call and response's Articles

C’è chi tenta il bluff e chi ha in mano un poker d’assi: qui parliamo del secondo caso.

Gli assi in questione sono Enrico Zanisi, Luca Bulgarelli e Fabrizio Sferra sotto la guida esperta del flautista e sassofonista Paolo Innarella; l’album di recente uscita è ‘Les Jardins Perdue’. (Continua a leggere)

Io: Buonasera gentile pubblico e benvenuti alla sesta puntata di Call and response, la vetrina d’interviste più kùl della città! Qui ai microfoni di Free Fall Jazz è Carlo ad augurarvi il massimo delle fortune e dello suìngh con tanto grùv nel giusto mùd… In regia si spertica di saluti Nico Toscani… Eheheheh… Ciao Nico, ciao ciao!

Dunque iniziamo.

A chi bazzica anche solo da lontano il panorama del Jazz Italiano Contemporaneo (in seguito denominato “JIC”) degli ultimi diciotto anni circa, non sfuggirà di certo il nome di Francesco Cusa (denominato nel prosieguo per brevità “FC”).

Il sopra(c)citato JIC è una bestia strana: ci regala molte pietre preziose, merda fresca e merda fossile, argilla ancora da modellare, noiose perle perfette di rara bellezza e bombe d’incandescente pietra lavica.

A quest’ultima categoria afferisce di certo FC: per l’appartenenza geografica Etnea, per la rovente energia della sua musica e per la vulcanica attività (…è batterista, compositore, editore, fondatore del movimento NON “COLLETTIVO” Improvvisatore Involontario, docente, direttore di sonanti e moventi organici creativi colorati e diversi, critico cinematografico, uomo di penna e di bacchetta).

Accogliamolo dunque con un caloroso applauso… perchè il Sig. FC è QUIIII!

[...APPLAUSI...]

FC: Grazie, grazie…troppo buoni.

Io: Prego si accomodi sulla nostra comoda poltrona borchiata in pelle nera.

FC: Buonasera!

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“Il carbonio è un elemento notevole per vari motivi. Le sue differenti forme includono una delle più morbide (grafite) e una delle più dure (diamanti) sostanze conosciute dall’uomo. Inoltre, ha una grande affinità per i legami chimici con altri atomi leggeri, tra cui il carbonio stesso, e le sue piccole dimensioni lo rendono in grado di formare legami multipli […]. Queste proprietà permettono l’esistenza di 10 milioni di composti del carbonio” (estratto da Wikipedia.org alla voce “Carbonio”). Non credo ci sia metafora migliore per definire il mondo musicale di Mirko Onofrio: musicista, compositore, arrangiatore e gran geniaccio capace di danzare sul filo del rasoio, in bilico tra materiali musicali diversissimi, ma con naturalezza, competenza e grande cuore. Duro come un diamante, sperimentale e violento, ma anche morbido come la grafite, autore e arrangiatore di canzoni. La sua immaginazione vulcanica crea legami chimico/musicali imprevedibili: il nostro eroe è implicato in ogni tipo di collaborazione e si trova a dialogare con musicisti classici, jazzisti, DJ, rockettari, attori, ballerini in calzamaglia, urlatori, autori e cantautori, videomakers, registi.

Da tre anni collabora (come polistrumentista ed arrangiatore) con Dario Brunori, cantautore calabrese che, spiega Mirko, “ha esportato in tutta l’Italia il suo progetto senza mettere per forza avanti argomenti come il peperoncino, la ‘nduja o la ‘ndrangheta e colpendo così dritto al cuore di un pubblico decisamente esteso e trasversale” …E poi? (Continua a leggere)


Spazio Clang! Artisti che cercano (e trovano) spazio per fare, proporre, creare una rete, incontrarsi. Nei fumetti quando il metallo sbatacchia, sferraglia o colpisce fa “Clang!”: loro hanno già colpito e non esiteranno a farlo nuovamente. Rappresentano una minaccia? Chi si nasconde dietro questa sigla? Li abbiamo incontrati e conosciuti: ecco cosa ne è uscito fuori.

Ciao Spazio Clang! Chi sei? Cosa vuoi? Dove sei?
Spazio Clang è un’associazione di promozione sociale, nata circa un anno fa dalla volonta’ di un guppo di amici, colleghi musicisti e perfomer. La nostra esigenza è quella di far succedere qualcosa di nuovo e particolare nella città, Padova, in cui tutti viviamo; una città culturalmente attiva ma in cui sentivamo la mancanza di attività un po’ più di ricerca e di sperimentazione, che potessero mettere in rete sia argomenti che realtà diverse, come anche il poter portare nel nostro territorio modalità di approccio alla tradizione o a tematiche, anche tecniche, un po’ diverse da quelle didatticamente più diffuse. Non abbiamo per il momento una sede vera e propria, ma da novembre possiamo utilizzare nei fine settimana uno spazio concessoci gentilmente dal Consiglio di Quartiere n.5 di Padova. (Continua a leggere)

Se la vostra immagine mentale del percussionista è ferma al capellone afro coi pantaloni a zampa che suona le congas a petto nudo… beh, allora è il caso di aprirsi a nuovi orizzonti! Conoscere Leon Pantarei e la sua musica è un’occasione da non perdere: musicista aperto e colto, accoglie nelle sue corde il dub, l’elettronica, il jazz e tanta musica etnica, da Cuba al Pakistan.

Decliniamo al passato: l’etno-dub e i successi con CNI, la tua attività di turnista live e in studio anche in ambito “pop”… Che ricordi hai? Cosa ti è rimasto?
Molto, anzi, direi moltissimo. La storia di Pantarei è stata bellissima e mi ha dato molte soddisfazioni, soprattutto ha sviluppato e perfezionato le mie capacità di autore di musica e testo all’interno di una forma che, pur con tutti i distinguo del mondo “indie”, può essere definita canzone. Poi, di grande importanza e’ il rapporto, che con il progetto Pantarei ho approfondito moltissimo, tra psichedelia del ritmo e concezione psichedelica e mantrica della dance, in un contesto di melting pot percussivo capace di unire il son latino, i ritmi carioca e le pulsazioni orientali, tipo i tala indiani, il konnakhol ed il maquam araboarmeni, il tutto remixato col reggae e il dub, chiaramente. Mi sento una sorta di portabandiera della “contaminazione”: per me, nel terzo millennio, la radicalizzazione della filologia o del monotematismo espressivo suona quasi come una “bestemmia creativa”, come un limite allo sviluppo dei linguaggi. Da sempre sono ossessionato dalla ricerca dell’originalità e, a mio avviso, il massimo dell’originalità non può che scaturire dalla ricombinazione degli elementi o dalla sintesi fra i linguaggi. (Continua a leggere)

Sassofonista iper-post-modale dalla notevole cattiveria, direttore di grandi orchestre con cori annessi, compositore, direttore artistico (ricordiamo tra gli altri i festival Jazz E Altro, Oltre Il Jazz e Paola In Jazz), ex sindacalista tuttora incazzato, coordinatore del Dipartimento di Jazz del Conservatorio di Cosenza, padre affettuoso e marito fedele. Nicola Pisani è certamente un personaggio da intervistare: ecco cosa ne è uscito fuori.

Ho ascoltato con curiosità il disco ‘Sequenze Armoniche – Some Gregorian Reflections’ della Dolmen Orchestra (da te diretta): vuoi parlarci un po’ della sua genesi?
Nasce per caso, come molte cose che rimangono poi nella tua vita. Mi piace comporre per organici grandi, pescare in tutto ciò che mi incuriosisce, interagire con gli altri e soprattutto condividerne i processi creativi. La Dolmen era un laboratorio di improvvisazione e composizione, e tutto nasce dalla curiosità di unire questo con le grandi cattedrali romaniche che abbiamo in Puglia. Mettici il mio passato da corista, la necessità di avere un forte stimolo creativo da qualcosa che avesse a che fare con il mio territorio e la mia storia musicale, risultato in un leit motif o cantus firmus, che dir si voglia: il gregoriano ‘Victimae Paschali Laudes’, bistrattato da un gruppo di jazzaroli ed eseguito in bellissime cattedrali, quelle di Barletta, Bari e Molfetta, il tutto impreziosito da Michel Godard, John Surman e Linda Bsirì. (Continua a leggere)

Qualche domandina per conoscere Note Di Colore, sigla dietro la quale si annida gente che ha l’ardire di proporre eventi jazz al tempo della crisi; e, come se non bastasse, cerca anche di presentare quei musicisti e quei gruppi che qualcuno ancora si ostina a definire volgarmente “emergenti”. Ecco cosa ne è uscito fuori.

Ciao Note di Colore! Chi si “nasconde” lì dietro? Quanti siete? Cosa fate?
Hai detto bene: si “nasconde”. In effetti tendiamo sempre a restare dietro le quinte: è un po’ il nostro stile, come credo dovrebbe fare un organizzatore che voglia essere professionale, lasciando spazio ai veri protagonisti delle iniziative, che sono la musica, l’arte, gli artisti. Dietro a Note si celano due sole persone: io, Manuela Angelini, e Francesco Re, compagni nella vita e nel lavoro. Posso garantire che anche due sole persone riescono a smuovere montagne se credono in qualcosa! Viviamo nelle Marche, nella città di San Benedetto del Tronto (AP), un bel posto di mare che crediamo abbia molte potenzialità da sfruttare per il nostro lavoro. Entrambi proveniamo dall’ambiente giuridico, laureati in legge  – io poi, non paga, ho conseguito una seconda laurea in lettere-discipline della musica e dello spettacolo – abbiamo da sempre coltivato la comune passione per la musica fin dagli anni universitari. Dopo la laurea, alcune esperienze lavorative nel settore hanno fortificato questa passione e ci hanno spinto a fare il passo: creare noi un’organizzazione che si occupasse di eventi musicali, teatrali e artistici. Un po’ di esperienza l’avevamo fatta, la conoscenza delle leggi in questo campo aiuta moltissimo, la passione c’è sempre stata e ci è sembrato che gli ingredienti ci fossero tutti. (Continua a leggere)