FREE FALL JAZZ

Archive for " novembre, 2013 "

Per una volta non parliamo dell’arte che Miles Davis ci ha lasciato in eredità sui suoi dischi, bensì di quella che ha impresso su tela. Forse non sono tantissimi a saperlo, ma lo storico jazzista nell’ultimo ventennio della sua vita si è a lungo cimentato anche con la pittura. Per giunta, stando a quel che si dice, con notevole applicazione: pare fosse capace di dedicare svariate ore al giorno a questa passione. I risultati non erano neanche proprio da principiante: se certi bozzetti dallo stile scarno sono poco più che semplici curiosità, più belli a vedersi sono i numerosi dipinti dal tono astratto e un po’ esotico, roba che non avrebbe sfigurato come artwork dei suoi dischi anni ’70 e che piace a prescindere dalla firma.

Le sue opere con tela e pennelli sono state appena raccolte in un librone a copertina rigida dal titolo ‘Miles Davis: The Collected Artwork‘ (Insight Editions): quale occasione migliore per conoscere l’ennesimo volto di una leggenda dalle mille sfaccettature?

Per chi volesse un assaggio, il sito The Daily Beast offre online una gustosissima anteprima con dodici estratti: è sufficiente cliccare qui.
(Nico Toscani)

L’apologia di Christian Scott prosegue imperterrita sulle nostre webpagine. Del resto su YouTube si trovano sempre più esibizioni di questo straordinario artista, in Italia considerato meno di zero… cosa possiamo fare noi, se non insistere? Questo concerto risale allo scorso 15 ottobre, vede la formazione nuova col sax di Braxton Cook e  pure la partecipazione di Isadora Mendez Scott (moglie di Christian).


Thad Jones e Mel Lewis misero insieme la loro orchestra di star nel 1965, con lo scopo dichiarato di riunire sotto un unico ombrello i linguaggi dello swing e dell’hard bop. Il sound poderoso e la freschezza di questa sottovalutatissima compagine testimoniano la riuscita dell’operazione, durata una buona dozzina d’anni. Oggi vi proponiamo un filmato televisivo del ’66, registrato per la trasmissione Jazz Casual.


Jeff “Tain” Watts è famoso, e giustamente, come uno dei batteristi più importanti e significativi degli ultimi trent’anni. Non tutti però conoscono i frutti della sua carriera da leader, passata mediaticamente in secondo piano rispetto alle ben note collaborazioni coi Marsalis e alle molte session per questo o quel musicista. ‘Family’ è, in ordine di tempo, l’ultimo disco di Tain, registrato in quartetto con Steve Wilson (sax), James Genus (contrabbasso) e David Kikoski (piano), e riflette in qualche modo il bel periodo attraversato dal batterista, fresco di matrimonio e paternità. Si tratta, in parole povere, di un album melodico e orecchiabile, molto più dell’esplosivo ‘Watts’ di due anni prima, ma non per questo meno valido o interessante. (Continua a leggere)

Ovvero, Coleman Hawkins, Roy Eldridge, Cozy Cole, Carol Stevens, Barry Galbraith e altri ancora in un’eccitante jam session – cosa altro aggiungere? Niente. E infatti…


Della sacra trimurti dei sassofonisti pre-bop Ben Webster è stato forse quello meno “in vista” (gli altri due sono, ovviamente, Lester Young e Coleman Hawkins), cionondimeno il suo corposo tenore ha segnato in maniera indelebile il jazz della prima metà del ‘900, inizialmente nell’orchestra di Ellington (sodalizio che, leggenda vuole, finì quando il sassofonista rovinò un vestito del maestro Duke), poi con un pugno di (notevolissimi) dischi su Verve negli anni ’50, che si guadagnarono il plauso delle orecchie più attente. Inevitabile, come per molti colleghi della sua era, il calo di popolarità negli anni ’60: fu una delle ragioni che lo spinsero a stabilirsi in Europa (tra Amsterdam e Copenaghen), dove, riverito e rispettato, continuò a portare in giro per i locali i successi di sempre.

Quegli ultimi spiccioli di carriera sono stati documentati più volte, seppur in maniera frammentaria: qualche incisione buona, molte altre incomplete o amatoriali; qualcuna ristampata in tutte le salse, qualcun’altra persa nell’oblio. Ad aggiungere un tassello importante ci prova la Storyville, che restaura e propone su CD un concerto in terra norvegese (a Trondheim) risalente al 1970, in cui quel sax dall’inconfondibile tono “soffiato” si fa accompagnare da un trio di musicisti locali (piano/basso/batteria). Anche in questo caso la sorgente è un nastro amatoriale, seppur di qualità più che discreta: a uscirne penalizzato è giusto il pianoforte di Tore Sandnaes, “sepolto” dagli altri strumenti, che sembra comunque un buon epigono di Oscar Peterson (il quale proprio con Webster aveva fatto cose egregie). (Continua a leggere)

Il 2013 sembra essere l’anno della consacrazione definitiva di Vijay Iyer, il magnifico pianista newyorkese che su queste web-pagine abbiamo sempre lodato. (Continua a leggere)

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