FREE FALL JAZZ

Di Tex Allen si era già detto qualche tempo fa, in occasione del recupero di ‘Blue Autumn’ a firma Nat Adderley, album nel quale uno dei pezzi migliori, ‘The Fifth Labor Of Hercules’, portava proprio la firma di questo compositore di Houston dal background poco pubblicizzato ma valoroso: anni di studi, dozzine su dozzine di concerti macinati prima nel suo Texas (quasi sempre alla tromba, pur essendo anche abile pianista), poi nell’adottiva New York City, dove ebbe la prima grande occasione nell’orchestra di Gil Evans (sull’ottimo ‘Svengali’, 1973). La partecipazione prestigiosa non si rivelò il trampolino sperato, complice anche un carattere poco incline a compromessi  (“Non  ho mai sacrificato la mia musica nel nome del business”, diceva) con il quale, sgomitando sgomitando, riuscì tuttavia a ritagliarsi un’onestissima carriera da mediano, sia componendo per altri, che sui palchi della grande mela.

Il debutto in proprio arriva tardi, nel 1993 (pur trattandosi di session risalenti al Luglio di due anni prima), e mantiene quel che promette: un titolo come ‘Late Night’ cela infatti un lotto di canzoni (7, di cui 5 originali) dall’umore notturno e rilassato, che tuttavia (e qui capiamo meglio il senso dei proclami intransigenti) non tradiscono tentazioni smooth di alcun tipo, preferendo un suono mainstream che trova la sua linea genealogica nel Miles Davis anni ’50. Gli indizi sono tanti, a partire dallo standard ‘You Don’t Know What Love Is’, riproposto da Davis nel sottovalutato ‘Walkin’’ e invero un po’ tedioso negli 11 minuti in cui viene qui dilatato da Tex Allen. Proprio quel disco col semaforo in copertina, almeno nei suoi momenti più calmi, resta un punto di riferimento interessante, a cui ‘Late Night’ si accosta anche per l’abbinamento tromba/contralto sulla maggior parte dei brani: ‘Mutti’s Buletten (Mama’s Hamburger)’, oltre ad essere il più interessante e coinvolgente è anche il più esemplificativo in questo senso, col sassofono di un Jesse Davis all’epoca poco più che esordiente ma già sugli scudi.

Il resto si snoda in maniera agevole tra buone inflessioni esotiche con tanto di congas e persino qualche pezzo cantato: proprio la voce di Allen, appena discreta, si rivela l’anello debole dell’intera operazione. Curiosità da segnalare è che uno dei testi, quello per ‘When You Find A Love’, è stato scritto per Allen da sua sorella Phylicia Rashad, attrice nota al grande pubblico nei panni di Clair nella serie ‘I Robinson’.

Dopo ‘Late Night’ il trombettista tornerà al lavoro “oscuro” di cui era stato protagonista fino a quel momento, riemergendo solo verso la fine del millennio con un secondo album di produzione indipendente, ‘The Tex Allen Songbook’, per poi guadagnarsi finalmente i plausi della critica grazie alle musiche composte per ‘La Gatta Sul Tetto Che Scotta’, rappresentazione che l’altra sorella, Debbie Allen, ha diretto in quel di Broadway. Ancora oggi, immarcescibile, il sestetto di Tex Allen gira per i palchi newyorkesi con la stessa energia di sempre: avrebbe meritato qualcosa in più. (Nico Toscani)

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