FREE FALL JAZZ

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Nella seconda metà degli anni ’50 le orchestre jazz sono una specie in via di estinzione, a causa degli alti cosi di mantenimento. Duke Ellington, forse l’unico, riesce a superare la crisi senza dover mai sciogliere la sua big band, mentre gli altri non furono così fortunati. Nemmeno Dizzy Gillespie, uno dei volti più noti e amati del jazz, innovatore tanto del linguaggio trombettistico come di quello orchestrale, e grande comunicatore. In attesa di momenti più propizi, Dizzy pensa ad una formazione estesa e chiama due dei più talentuosi compositori e arrangiatori per piccoli ensemble: Benny Golson e Gigi Gryce. Con altri due fiati (il baritono di Pee Wee Moore e il trombone di Henry Coker), una sezione ritmica swingante e compatta (Ray Bryant al piano, Tommy Bryant al basso e Charlie Persip alla batteria) e un repertorio di brani originali scritti dai due sassofonisti, l’ottetto dà vita ad una nuvola di suono vellutato, non dissimile dai coevi esperimenti di Gryce con Art Farmer e Donald Byrd.  (Continua a leggere)

Di solito, quando metto insieme le parole Blue, Note e Milano nella stessa frase e senza punteggiatura, senza pause, ho un piccolo brivido. Subito mi vengo in mente folle vocianti, sciccoserie inutili, parole come “cool”, “figa oh”, “minkia a me piace il gièzz”, rumorosi tacchi a spillo e profumi da strapponi… Il tutto annaffiato da un listino prezzi che accetta solo organi freschi. Di solito è così. Ma non questa volta.

Questa volta è stato tutto perfetto. Alle 21:00 spaccate sale sul palco il Paolo Fresu Quintet che quest’anno compie 30 anni. Trent’anni. Sono trent’anni che Paolo Fresu (Flicorno e tromba), Tino Tracanna (al Soprano e tenore… quanto mi piace ‘sto cognome… Tracanna…), Attilio Zanchi (contrabbasso), Ettore Fioravanti (batteria) e Roberto Cippelli (Piano) suonano insieme. Forse (così, a naso) uno dei quintetti più longevi della storia. Trent’anni e più di venti dischi. Hanno firmato pubblicazioni con Splash, EMI-Blue Note, RCA-VictorBMG e, l’ultimo, un doppio cd di selezione dei brani che hanno fatto la storia del quintetto, pubblicato dalla Tuk Musik, l’etichetta fondata da Paolo. (Continua a leggere)

Di Tex Allen si era già detto qualche tempo fa, in occasione del recupero di ‘Blue Autumn’ a firma Nat Adderley, album nel quale uno dei pezzi migliori, ‘The Fifth Labor Of Hercules’, portava proprio la firma di questo compositore di Houston dal background poco pubblicizzato ma valoroso: anni di studi, dozzine su dozzine di concerti macinati prima nel suo Texas (quasi sempre alla tromba, pur essendo anche abile pianista), poi nell’adottiva New York City, dove ebbe la prima grande occasione nell’orchestra di Gil Evans (sull’ottimo ‘Svengali’, 1973). La partecipazione prestigiosa non si rivelò il trampolino sperato, complice anche un carattere poco incline a compromessi  (“Non  ho mai sacrificato la mia musica nel nome del business”, diceva) con il quale, sgomitando sgomitando, riuscì tuttavia a ritagliarsi un’onestissima carriera da mediano, sia componendo per altri, che sui palchi della grande mela. (Continua a leggere)

In questo 2012 ormai agli sgoccioli c’è tempo anche per la conferma di Avishai Cohen – il trombettista, non l’omonimo bassista – tra i migliori volti nuovi (si fa per dire, visto che il suo esordio risale ormai a una decina d’anni fa) della musica jazz. ‘Triveni II’, come la prima parte uscita un paio d’anni fa, lo vede alla guida di un trio tanto inusuale quanto solidissimo, completato dalla sezione ritmica di Omer Avital (basso) e Nasheet Waits (batteria): i risultati sono altrettanto entusiasmanti.

Già i due originali di apertura, ‘Safety Land’ e ‘B.R. Story’ (quest’ultima già anticipata dal vivo quando lo abbiamo visto l’anno scorso)  mettono bene in chiaro i territori in cui ci si muoverà: un trascinantissimo post bop con qualche tendenza free; si veda ad esempio il break centrale della già citata ‘Safety…’, in cui prima la batteria e poi il basso si ritrovano a improvvisare da soli al centro della scena. La lista degli artisti omaggiati con riletture poi parla da sé: (Continua a leggere)

Citiamo un vecchio classico dei videogiochi per introdurre il Picture This di oggi, che, come avrete intuito, raccoglie due video del grande Dizzy Gillespie.

Il primo ce lo mostra giovanissimo con orchestra al seguito: è il 1947, e ‘Salt Peanuts’ è destinata a diventare un classico senza tempo. Di sicuro si tratta di una delle testimonianze filmate più antiche in circolazione del trombettista.

Il secondo video ci porta avanti nel tempo di una dozzina d’anni: ‘Manteca’, pur composta alla fine degli anni ’40, è qui proposta in una ripresa del 1959, quando ormai lo stile “latino” del nostro è già ben riconoscibile. Completano il quintetto Leo Wright (sax), Junior Mance (piano), Art Davis (basso) e Teddy Stewart (batteria).

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