FREE FALL JAZZ

L’opera del DJ Amir Abdullah è encomiabile: da vero appassionato si è assicurato i diritti sul catalogo della Strata Records, label di culto fondata negli anni ’70 a Detroit da Kenny Cox e durata solo una manciata dischi, riesumando il marchio e ristampandone il materiale. Materiale su cui peraltro si è fantasticato per anni: molti dischi pubblicizzati come “in uscita” sul retro di quelle copertine in realtà poi non hanno fatto in tempo ad arrivare nei negozi, e il bello è che Abdullah, grazie alla disponibilissima vedova di Cox, è in possesso anche dei master inediti, che pure saranno oggetto di riesumazione.

Primo tra di essi è ‘Mirror Mirror’ dell’altosassofonista Sam Sanders, uno che a livello locale era una piccola istituzione, con migliaia di concerti macinati sui palchi della “motor city”, esperienze al fianco di leggende come Sonny Stitt, Rashaan Roland Kirk e Milt Jackson, ma anche session man con Stevie Wonder. Il suo lascito musicale in studio è quasi inesistente, anche perché, come da copione, quando a metà degli anni ’70 completò questo ‘Mirror Mirror’, la Strata chiuse i battenti prima ancora di riuscire a pubblicarlo.

Il recupero di quelle registrazioni è interessante dal punto di vista “filologico” (per una serie di casi fortuiti il produttore era, pensate un po’, un Don Was all’esordio assoluto in cabina di regia), ma musicalmente alla fine offre poco che possa spingere all’acquisto oltre la cerchia dei completisti. Si spazia in piena tradizione Motown tra soul, jazz, funk e pop, con l’ottima ‘Inner City Player’ che apre le danze ricordando i dischi coevi del citato Stevie Wonder. ‘Face At My Window’ aggiunge qualche influenza esotica e una voce femminile a sostituire quella maschile e ancora funziona, ma da lì in poi i pezzi iniziano a perdere mordente e l’attenzione si fa labile. Qualche piccolo sussulto arriva da ‘Love’s Gain’, forse il momento più classicamente jazz dell’album: ballata dai toni distesi che magari non brilla per originalità, ma nella quale Sanders sfoggia un lirismo affascinante.

Lungi da noi sopravvalutare il passato solo in quanto tale: ‘Mirror Mirror’ è piacevole, ma interessa soprattutto perchè rappresentante un sottobosco sterminato di artisti che non ce l’hanno mai davvero fatta pur meritando almeno un posto di rilievo tra le seconde linee. Nulla a che vedere con la Strata, ma a questo punto sarebbe auspicabile anche una ristampa di ‘The Gift Of Love’, dimenticato e valido vinile uscito nel 1983 a nome Sam Sanders & Visions: decisamente più jazz e già pregno di quelle influenze africane che porteranno il sassofonista a vivere gli ultimi anni della sua vita in Senegal, dove morirà all’alba del nuovo millennio. (Nico Toscani)

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