FREE FALL JAZZ

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Arriva dalla lontana Australia, Katia Labozzetta, e non ha paura di girare il mondo: la parola d’ordine é suonare, sempre e comunque. Solo 28 anni, ma alle spalle già tanto sodo lavoro e una gavetta che l’ha portata ad esibirsi ovunque, dai locali dell’Australia meridionale ai saloni di lussuose navi da crociera: lei, la sua voce, il suo pianoforte. Labozzetta peró rifugge a qualunque stereotipo: non é la solita cantautrice che  mette due note di jazz nelle sue canzoni per venderle come musica “da salotto”, anzi. Il suo esordio, ‘A Little Somethin’ Somethin’’ (2010, con un quadrilatero sax/chitarra/sezione ritmica ad accompagnare voce e piano), spicca per varietà e personalità: tra le sue note convivono umori pop e folk, blues e rock, ma, soprattutto, tanto jazz, con riferimenti che vanno da Hancock (sia anni ’60 che ’70) a certo post bop fino a echi di fusion. La scrittura (interamente sulle sue spalle) non è banale: le strutture armoniche sono elaborate, avvincenti come i cambi di tempo o di ritmo che sorprendono spesso “in contropiede”. Insomma, roba dal discreto appeal mainstream e potenzialmente in grado di destare l’interesse anche dei palati più conservatori. (Continua a leggere)

Lo ammetto, sono partito diffidente e anche un po’ prevenuto. Quello del cantautore (magari in calo di popolarità) che decide di “lanciarsi” nel jazz d’altronde è un quadretto inflazionato ultimamente (che poi spesso si traduce solo nei successi di sempre riletti con qualche plin plin plin in sottofondo): per qualche motivo continua ad arrivarmi una mailing list con notizie che mi informano del nuovo progetto jazzistico di Fabio Concato (…); di recente leggevo da qualche parte che pure Eduardo De Crescenzo (… …) è partito con un tour teatrale in cui rivisita il suo repertorio usando quella parolina che sembra tanto utile a riabilitare e a rifarsi una verginità presso gli occhi del pubblico serio. (Continua a leggere)