FREE FALL JAZZ

George Coleman's Articles

George Coleman, per quanto non sia un nome così ricorrente, è uno dei maestri del sax post-bop, la cui lunga ombra è avvertibile in buona parte dei colleghi di strumento più giovani. L’ultima volta che abbiamo sentito parlare di lui è stato in occasione del NEA Jazz Master Award, di cui è stato insignito lo scorso anno. (Continua a leggere)

L’organo hammond nacque negli anni ’30 come sostituto economico dell’organo a canne e si diffuse rapidamente nelle chiese degli Stati Uniti. Da lì passò rapidamente all’arcipelago della musica nera, jazz incluso – pezzi grossi come Fats Waller e Count Basie lo utilizzarono di quando in quando, mentre Wild Bill Davis ne fu il primo specialista col suo trio chitarra-hammond-batteria. Ma se c’è un nome che più di ogni altro ha popolarizzato lo strumento, estendendone tecnica e vocabolario oltre il pensabile, quello è Jimmy Smith. Grazie a lui, l’hammond divenne uno strumento solista alla pari dei fiati, e con un inedito uso dei pedali poteva sostituire il classico walkin’ bass. (Continua a leggere)

In Italia abbiamo due trombettisti che da anni dominano la scena jazzistica nazionale e sono tra i più noti anche all’estero, portati in palmo di mano pressoché da tutti: informazione, critica e gran parte del pubblico, immagine di un sedicente “Made in Italy” jazzistico, sempre più orgogliosamente e autarchicamente esibito. (Continua a leggere)

Max Roach è stato il più grande batterista dell’universo. O, se proprio volessimo essere meno intransigenti, uno dei migliori dieci. In una carriera lunghissima, Max ha suonato con quasi tutti e in tantissime formazioni, guardando sempre avanti. Questo filmato televisivo lo coglie con la formazione di un disco bellissimo, ‘Deeds Not Words’ del 1958: è lecito presupporre che l’esibizione sia dello stesso anno. Sono della partita stelle come Booker Little, George Coleman, Art Davis e Ray Draper, che con la tuba dava un suono tutto particolare a questo gruppo senza piano.