FREE FALL JAZZ

Potremmo spendere intere pagine provando a spiegare perché solo l’idea di una joint venture Corea/Bollani ci faccia venire i brividi, ma sarebbe un ingeneroso supplizio nei confronti di chi legge. Alla fine il disco arriva ugualmente nei negozi e assieme a lui il puntualissimo e UNANIME consenso della critica: “un’intesa che ha dello straordinario”, “un raffinato jazzista di casa nostra all’altezza di una leggenda del genere”, “soavi melodie, geniali improvvisazioni”. Non cito testualmente, ma ci siamo capiti. Tuttavia è anche ora che qualcuno lo dica: ‘Orvieto’ è una sòla. Fumo negli occhi per presunti intenditori, cultori del bello e pseudo-intellettuali per cui il jazz è una spilletta da ostentare a garanzia della propria credibilità.

Dietro questi 80 (OTTANTA) minuti di plin plin plin (registrati live, senza accompagnamento, ad Umbria Jazz negli ultimi giorni del 2010) c’è davvero ben poco. Che i nostri si cimentino con materiale creato ”a braccio” appositamente per l’occasione o con la rilettura di qualche bossa nova (corrente della quale, a quanto pare, sono entrambi molto ghiotti) non fa differenza: le improvvisazioni suonano caotiche e la tanto sbandierata sintonia tra i due pianisti pare essere piuttosto fantomatica. Lo stesso Bollani tra le note di copertina dice che il disco sembra partorito da “un solo pianista che suona con quattro mani”, ma la realtà è che troppo spesso i due sembrano, se non pestarsi i piedi, quantomeno in lotta per prevalere l’uno sull’altro, gara che termina inevitabilmente senza vincitori e vinti. Per non parlare di tutti quei momenti (e non sono pochi) in cui il fine unico sembra essere “aggiungere una nota in più”, sempre e comunque. Non viene risparmiato neanche il povero Fats Waller, la cui ‘Jitterbug Waltz’ si perde inevitabilmente nel marasma generale. Nulla, a conti fatti, che regga il confronto con altre iniziative di questa risma: piacciano o meno, cose come le Nights di Corea insieme a Hancock almeno erano frutto di una “visione” e pure di una certa alchimia.

I fan della ECM sono avvisati: fate vostro questo disco e amatelo intensamente. Come disse un mio ex compagno di liceo: “La prof di francese ne capisce di musica. Ascolta Cecco Ria”. (Nico Toscani)

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