FREE FALL JAZZ

Il segno lasciato da Jim Hall nella storia del jazz viene ricondotto sistematicamente ai motivi sbagliati: a) il rispetto “per estensione” a causa dei suoi album in duo con Bill Evans (sul cui insopportabile status post mortem ci siamo già leggermente soffermati in precedenza), b) aver ispirato gente di malaffare tipo Al Di Meola o Pat Metheny (ossia la gioia di tutti gli autori di cruciverba: “9 orizzontale: il Metheny chitarrista” sta alle parole crociate come ‘My Funny Valentine’ o ‘Round Midnight’ stanno al jazz). Che poi si tratti anche (soprattutto) di uno dei migliori interpreti della sei corde per molti è quasi secondario, ma fortunatamente restano i dischi a confermarlo.

Per quanto non se ne parli mai in favore di altri titoli, ‘These Rooms’ è di certo tra le migliori prove nel nutrito catalogo di Jim Hall, penalizzato forse solo da una reperibilità non proprio facilissima (nonostante pare sia in giro una ristampa del 2008 su Disconforme) che ne ha limitato la diffusione tra gli appassionati.Le dieci tracce di questa sessione del 1988 si rivelano infatti efficace e prezioso bignami di tutte le maggiori peculiarità del chitarrista, a partire dalla configurazione del gruppo priva di piano, dimensione nella quale ha partorito ottime cose sin dal trio con Jimmy Giuffre, grazie a un approccio allo strumento sobrio ed improntato al less is more, in cui la chitarra spesso assume un ruolo ritmico piuttosto che lasciarsi andare a scorribande, che semmai (come in questo caso specifico) restano prerogativa dei fiati. Ad arricchire il sound del terzetto troviamo infatti il flicorno (che solo sulla title-track viene abbandonato in favore della tromba) dell’ottimo Tom Harrell, assolutamente a suo agio in quest’atmosfera levigata e quasi “in punta di piedi” che nasce dal cool e strizza più di una volta l’occhio al bop. Stupisce poi scoprire dietro le pelli un Joey Baron con ancora tutti i capelli in testa, proprio lui che di solito predilige contesti ritmici assai più vivaci; eppure in questa sede non delude, integrandosi perfettamente col basso di Steve LaSpina e confermandosi musicista dall’ottima versatilità: prima che la sua strada e quella di Hall si incontrino di nuovo su disco però dovranno passare addirittura vent’anni.

Più o meno equamente diviso tra standard e composizioni originali, ‘These Rooms’ rivela un grande pregio nella sua discreta varietà, che regala sfumature assai diverse ad episodi che trovano il proprio filo conduttore in un sound che leggero ed “innocuo” lo è soltanto in superficie. Dai momenti in cui la chitarra si erge a protagonista (sia da sola, come nella ottima ellingtoniana ‘All Too Soon’, sia in gruppo, come quando riesce a rendere non banale l’ennesima versione di ‘My Funny Valentine’), passando per le influenze esotiche di una ‘Bimini’ sporcata di calypso, al finale con ‘From Now On’, in cui spicca il songwriting di Harrell: di sostanza ce n’è tanta. E poi si tratta di uno dei rari album anni ’80 la cui produzione, riascoltata vent’anni dopo, non suona datata e/o azzoppata da tastieracce, sintetizzatori e tricche tracche vari: volete mettere? (Nico Toscani)

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