FREE FALL JAZZ

La prima volta che ho ascoltato questo giovane vibrafonista è stato in occasione di ‘Kind Of Brown’ di Christian McBride. Nel maggio di quest’anno ho poi avuto occasione di vedere la band di McBride dal vivo, uno show molto trascinante in cui il contrabbassista ha speso più di un elogio per Warren Wolf, chiamandolo pure “il Mike Tyson del vibrafono” – immagino, oltre che per la grande energia profusa, anche per il collo taurino e le spalle-portaerei che si ritrova. Così, date le premesse, mi sono fiondato fiducioso sull’esordio di Wolf, patrocinato da McBride che produce e suona. Non aspettatevi lo stile puntilistico di un Gary Burton. Wolf, senza rinunciare mai a dinamica e sofisticazione armonica, si richiama idealmente allo stile ricco di swing, percussivo, eccitante di Lionel Hampton, con tutte le inevitabili e obbligatorie differenze generazionali del caso. Il potente post-bop, ricco di fragranze latine e black, del disco è vicino al già citato ‘Kind Of Brown’ di McBride, al miglior Corea (quello di ‘Tones For Jones’ Bones’) e ai dischi di Bobby Hutcherson con Harold Land, come ‘Spiral’. Warren si dimostra compositore ingegnoso e leader sicuro in pezzi complessi e irruenti come ’427 Mass Ave.’, dal bellissimo tema gospel e con un poderoso groove figlio di un’intricata sovrapposizione metrica, ‘Eva’ dal ritmo latino con esaltanti e veloci scambi di frasi fra vibrafono e sax contralto, o nella fluida, ritmicamente spiazzante ‘Sweet Bread’; e allo stesso modo è a suo agio quando il metronomo cala e l’invenzione melodica sale in primo piano. Lo si sente nella bella versione di ‘Señor Mouse’ di Corea, affrontata in solitario alla marimba in un’atmosfera stile ‘impressionismo caraibico’ (…), nella ansiosa meditazione di ‘Katrina’ o in ‘How I Feel At This Given Moment’, rarefatta e suonata in quartetto (assente il sax) secondo la lezione illuminata del Modern Jazz Quartet. Il basso di McBride, sempre caldo e inventivo, non ha certo bisogno di presentazione, mentre val la pena di citare Greg Hutchinson, batterista ipercinetico capace di mille colori differenti, e Tim Green, sassofonista dal suono plastico e bluesy. Il piano di Peter Martin si trova il giusto spazio senza invadere lo spazio del vibrafono, e come suggello finale della riuscita del cd abbiamo la tromba di Jeremy Pelt su un paio di pezzi.

Warren Wolf sembra avere le idee e le capacità per dire la sua, come dimostra il suo primo passo discografico. E visto quanto è massiccio, non andrei a contraddirlo così a cuor leggero…
(Negrodeath)

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