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Christian McBride's Articles

Il buon Christian McBride non è capace di starsene con le mani in mano. Quest’anno uscirà con il nuovo disco della sua orchestra, ma nel frattempo ha girato il mondo in lungo e in largo con un nuovo quartetto, i New Jawn – neologismo che, con ogni probabilità, unisce “Joint” e “Dawn”. Nuovo giorno e nuova roba, nuova cosa, nuova band: e che band, un quartetto pianoless con Nasheet Waits (batteria), Marcus Strickland (sax) e il giovane prospetto Josh Evans (tromba). Eccoveli qui sotto, un concerto dello scorso luglio a North Sea Jazz Festival.


Christian McBride, oltre ad essere uno dei maggiori contrabbassisti viventi, è pure un musicista estremamente versatile, un profondo conoscitore della musica (jazz e non solo) nonché un fermo sostenitore della comunicatività della stessa. La sua più recente formazione, il trio conUlysses Owens e Christian Sands, lo ribadisce, come possiamo sentire in questa travolgente esibizione presso gli studi dell’emittente KPLU.


Il concetto di All-Star Band non è certo una novità. Si tratta, anzi, di una prassi ben consolidata nel mondo del jazz, iniziata con ogni probabilità dalla Verve come riflesso dei tour Jazz At The Philarmonic organizzati da Norman Granz. Altri tempi e altre platee per questa musica, certo, ma il concetto non è necessariamente da buttar via. Non sorprenderà che sia, oggi, proprio la Mack Avenue a rispolverare l’idea, assemblando una Superband con figure chiave del proprio parterre di artisti: l’etichetta di Detroit è portavoce di un jazz mainstream sofisticato e ricco, ma quasi sempre accessibile, proprio come la Verve. La Superband ne diventa il biglietto da visita, rigorosamente dal vivo, sul palco ovviamente ma pure su disco, come testimoniano i live registrati dal 2012 a oggi. (Continua a leggere)

Christian McBride non è solo uno dei più grandi bassisti viventi, o dei più importanti e stimati jazzisti della sua generazione. E’ anche un compositore notevole, oltre che un eccellente divulgatore. ‘The Movement Revisited’ è l’oratorio per orchestra jazz, coro gospel e quattro attori che recitano le parole di altrettante figure cardine nella storia dell’emancipazione afroamericana. In questo documentario per Jazz Night In America vediamo Christian nella sua città, Philadelphia, nonché estratti dalla sua opera. Buona visione!


Il nuovo album della splendida orchestra di Arturo O’Farrill, ‘Cuba: The Conversation Continues’ è uscito da poco e fra poco lo tratteremo (si spera). Intanto il pianista, compositore e leader della Afro Latin Jazz Orchestra lo ha presentato a Christian McBride nel corso della trasmissione Jazz Night In America, con musica ed interviste. Il risultato è tutto da vedere e sentire!


‘The Evolution Of Oneself’ segna, per Orrin Evans, il traguardo dei vent’anni di indefessa attività, nonché un sunto di tutto ciò che ha contribuito alla sua evoluzione di artista e uomo. Oltre alla musica, si parla della famiglia: a partire dalla moglie Dawn, che recita il testo di ‘All The Things You Are’ nella seconda versione del brano (una prima inaugura l’album e una terza, cantata da JD Walter, lo chiude), passando per i figli Miles (cui è dedicata ‘For Miles’) e Matthew, autore dei tre diversi remix hip-hop di ‘Genesis’. Questi suddividono idealmente il disco in tre capitoli, affrontati assieme ai formidabili Christian McBride e Karriem Riggins. (Continua a leggere)

Copertina, retro e titolo di questo album veicolano un messaggio abbastanza chiaro: questa è musica per tutti. In effetti, quando Christian McBride ha messo su gli Inside Straight aveva in mente una cosa, ovvero suonare del jazz che fosse potente, accessibile, e allo stesso tempo sofisticato. Tradizione in movimento, resa sempre attuale. Un credo che alcuni definirebbero “populista”, ma che in realtà non è alieno a gran parte del miglior jazz e che rientra nel concetto più ampio di arte in America, dove l’entertainment non è visto come qualcosa di cui vergognarsi, ma come un valore aggiunto capace di veicolare concetti complessi al pubblico più ampio possibile. Difficile a questo punto non pensare a Cannonball Adderley, che da sempre ha perseguito quest’ottica nell’arco di una carriera interrottasi troppo presto. (Continua a leggere)

Nel recensire questo concerto tengo in sottofondo ‘Now He Sings, Now He Sobs’, disco ormai classico del 1968 con la ritmica di Roy Haynes e Miroslav Vitous, e penso che cosa, potenzialmente, sarebbe potuto uscire fuori dal concerto di venerdì scorso con una sezione ritmica altamente qualificata come quella composta da Christian McBride e Brian Blade. Corea ha battuto tutti i campi della musica jazz, da quello classico a quello elettrico, fino all’avanguardia – i mitici Circle -,  finendo alla fusion, mantenendo però inalterato il tocco pulito del piano, con quelle contaminazioni “spanish”, che da sempre caratterizza la sua musica. Nel concerto di apertura del Bologna Jazz Festival, all’EuropAditorium quasi esaurito, il pianista torna a riproporre il classico trio jazz. (Continua a leggere)

Come molti della mia generazione, ho conosciuto Joe Jackson grazie alla cover di ‘Got The Time’ fatta dagli Anthrax. Da allora ho sempre provato la massima simpatia per Joe, musicista pop inglese difficile da incasellare e da sempre innamorato del jazz (vedasi il suo classico lp  ’Night And Day’). Quest’anno arriva nei negozi ‘The Duke’, un nuovo album interamente dedicato a… riletture ellingtoniane, proprio così. Per l’operazione Jackson non ha badato a spese, assemblando un cast di musicisti molto eterogeneo: da jazzisti di fascia altissima (Regina Carter e Christian McBride) al chitarrista riccardone Steve Vai a ?uestlove dei grandi The Roots per finire con Iggy Pop, ex ragazzaccio terribile riconvertitosi con successo in icona glamour per tutte le stagioni – e qui citiamo giusto i più noti. La cosa non dovrebbe sorprendere, perché più volte il cantante ha parlato di Ellington come del suo compositore preferito assieme a George Gershwin e Cole Porter. (Continua a leggere)

La prima volta che ho ascoltato questo giovane vibrafonista è stato in occasione di ‘Kind Of Brown’ di Christian McBride. Nel maggio di quest’anno ho poi avuto occasione di vedere la band di McBride dal vivo, uno show molto trascinante in cui il contrabbassista ha speso più di un elogio per Warren Wolf, chiamandolo pure “il Mike Tyson del vibrafono” – immagino, oltre che per la grande energia profusa, anche per il collo taurino e le spalle-portaerei che si ritrova. Così, date le premesse, mi sono fiondato fiducioso sull’esordio di Wolf, patrocinato da McBride che produce e suona. Non aspettatevi lo stile puntilistico di un Gary Burton. Wolf, senza rinunciare mai a dinamica e sofisticazione armonica, si richiama idealmente allo stile ricco di swing, percussivo, eccitante di Lionel Hampton, con tutte le inevitabili e obbligatorie differenze generazionali del caso. (Continua a leggere)