FREE FALL JAZZ

Quando Al Jarreau sale sul palco zoppicante, aiutato non solo da un bastone ma anche da un paio di assistenti, il primo pensiero è che il tempo non sia stato troppo clemente con lui. Vederlo muoversi con fatica, non sappiamo se come strascico dei problemi di salute di qualche anno fa o per qualche infortunio dell’ultimo minuto, è uno spettacolo ai limiti dello struggente. Per un attimo il pubblico (piuttosto numeroso invero) si chiede se valga la pena insistere così, se a 75 anni e con un fisico piuttosto provato non sia meglio restare a casa e godersi attività meno spossanti di un tour in giro per il mondo (sarà in Europa per tutto Luglio, poi date a intermittenza negli Stati Uniti fissate fino a Novembre. Persino una capatina in Brasile al Rock In Rio!). Il buon Al, coppola alla Brian Johnson in testa e cravatta a fantasia viola al collo, ci mette poco però a zittirci, il tempo di attaccare con la hit di sempre: ‘Mornin”. È chiaro che non sia più lo stesso che nel videoclip di ormai 32 anni fa saltellava e parlava con gli uccellini in un paesaggio a cartoni animati; anche la voce mostra gli inevitabili segni del tempo, ma non lo ha certo abbandonato. Da lì in poi la strada sarà quasi in discesa: tornano i caratteristici vocalizzi istrionici ma anche note particolarmente alte prese con la nonchalance dei professionisti scafati. Chiedere di più, in un contesto simile, sarebbe stato difficile, ma la cosa che fa più piacere è guardarlo e rendersi conto di quanto si stia divertendo: suonerà pure come una frase fatta, ma Al Jarreau ci crede, è palese che il palco sia il suo habitat. La musica è quella di sempre, miscela easy listening di pop, soul e fusion indigesta ai puristi, ma che dal vivo coinvolge e fa battere il piedino, merito anche del supporto di un gruppo solido e coeso in cui spiccano il chitarrista John Calderon e il batterista Chris Walker. Non manca la marchettina per ‘My Old Friend’, disco con cui Jarreau lo scorso anno ha tributato in maniera assai sentita la musica del suo amico di vecchissima data George Duke, ma la scaletta snocciola soprattutto hit dei tempi che furono come ‘Boogie Down’ e infila anche qualche cover, da una divertentissima ‘Banana Boat’ (Harry Belafonte) fino a un’intensa versione di ‘Your Song’ di Elton John, che chiude definitivamente i giochi dopo quasi mezz’ora di bis (per circa 90 minuti totali). Massimo rispetto, cento di questi tour.
(Nico Toscani)

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